Il secondo atto della carriera di una delle dive della canzone italiana più amate del nostro Paese
Ci sono opere e canzoni che sono destinate a durare nel tempo senza veder scalfita la propria forza originaria, ci sono artisti così avanti per la propria epoca da non riuscire a trovare una giusta collocazione, gemme rare che attraversano il tempo senza invecchiare mai, in una parola: immortali. Ci sono dive della voce, del look, della canzone che rimarranno per sempre tali. Caterina Caselli, nota anche come il “casco d’oro” della canzone italiana, è indubbiamente una di queste. Donna che negli anni ha conquistato il successo numerosissime volte grazie al suo talento artistico prima, e al suo intuito da talent scout poi. Un’artista che ha incarnato un’epoca, ne è risultata la più piena espressione musicale per poi ritirarsi dalle scene quando, saggiamente, ha capito che quegli anni stavano per finire.
Dopo averne ripercorso gli esordi ed il primo vero successo sulle note della hit ‘Nessuno mi può giudicare’ (qui) ci troviamo ora nel 1966, anno che per il nostro ‘casco d’oro‘ della canzone italiana si rivela particolarmente fortunato. Dopo l’ottima figura al Festival di Sanremo, dove però non aveva conquistato la vittoria, la Caselli ottiene la sua consacrazione al Festivalbar trionfando, nella terza edizione di quella che sarà una delle più storiche kermesse musicali del nostro Paese, con il brano Perdono.
La ragazza di appena 20 anni che pochi mesi prima aveva incarnato il senso di ribellione degli anni ’60 si trova ora a chiedere perdono al proprio innamorato pur conservando quelle tinte musicali orecchiabili e martellanti. La “colpa” è grave visto che, come racconta il testo, “diceva le cose che dici tu, aveva gli stessi occhi che hai tu: mi avevi abbandonato ed io mi son trovata a un tratto già abbracciata a lui”.
Dopo un anno di successi il 1967 riparte con il Festival di Sanremo che, però, pare poter deludere le aspettative. Il brano Il cammino di ogni speranza non riesce a centrare l’accesso alla finale che sarà vinta dalla più classica coppia formata da Claudio Villa e Iva Zanicchi. Il successo discografico post-sanremese, però, arriva ugualmente e la Caselli si conferma regina delle classifiche soprattutto grazie a Sono bugiarda, brano riadattato per lei da Mogol prendendo come riferimento I’m a believer, inciso dai Monkees nel ’66.
Si rivede la ragazza sbarazzina, se vogliamo anche provinciale e acqua e sapone che, però, ha la forza ed il coraggio di mettersi contro al classico “buon senso”. Con il solito appiglio up-tempo la Caselli rifiuta la fede nel sentimento dell’amore che “non esiste più”.
Il triennio di successi si conclude nel 1968 quando sceglie non partecipare nuovamente al Festival di Sanremo ma riesce comunque a farsi apprezzare dal pubblico con un successo dopo l’altro a partire da Il volto della vita, brano che la vede nuovamente interpretare una cover (il brano originale era Days of pearly spencer di David McWilliams) che le consegna anche la vittoria del Cantagiro.
Ilario Luisetto
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