L’ultimo atto della carriera di una delle dive della canzone italiana più amate del nostro Paese
Ci sono opere e canzoni che sono destinate a durare nel tempo senza veder scalfita la propria forza originaria, ci sono artisti così avanti per la propria epoca da non riuscire a trovare una giusta collocazione, gemme rare che attraversano il tempo senza invecchiare mai, in una parola: immortali. Ci sono dive della voce, del look, della canzone che rimarranno per sempre tali.
E’ il 1989 e Mia Martini è tornata definitivamente a cantare riprendendosi quel posto che meritava di avere nella scena musicale italiana grazie ad un’ottima figura al Festival di Sanremo con il brano Almeno tu nell’universo (qui la terza parte della sua storia). Da allora la scalata al successo e alla popolarità può finalmente ripartire: è una scalata lenta e dolorosa, non depurata mai totalmente da quelle chiacchiere che tanto avevano fatto soffrire Mimì. E’ una scalata con il sorriso di chi ha riconquistato il proprio sogno, certo, ma gli occhi bassi, a volte malinconici e delusi dal mondo, rimangono e contraddistinguono non solo la persona di Mia Martini ma anche e soprattutto la sua musica che si fa intensa, impegnata, graffiata come la voce della sua interprete.
Nel 1989 presenta Donna al Festivalbar inaugurando un periodo di collaborazione con Enzo Gragnaniello che le fa cantare la solitudine, la violenza fisica e psicologica verso le donne di tutti i giorni. Vince la Targa Tenco come miglior interprete femminile dell’anno e conquista nuovamente il pubblico con un disco, Martini Mia, che supera le 100.000 copie vendute testimoniando l’affetto della gente verso quell’interprete dei sentimenti:
Donna fatti saltare addosso: in quella strada nessuno passa
Donna fatti legare al palo e le tue mani ti fanno male
Donna che non sente dolore quando il freddo gli arriva al cuore
quello ormai non ha più tempo e se ne è andato seguendo il vento
Gli anni ’90 cominciano sotto il segno del palco dell’Ariston che ormai Mimì non sa più respingere come tante volte aveva fatto in passato. Nel 1990 ci torna con La nevicata del ’56 che le scrive appositamente Franco Califano che torna da Mimì dopo il successo clamoroso di ‘Minutetto’. Arriva sesta ma conquista nuovamente il Premio della Critica: è il terzo in tre partecipazioni.
Nel 1991 conquista il successo grazie a Cu’mme, brano in napoletano che nasce sempre dalla penna di Enzo Gragnaniello ed in duetto con Roberto Murolo.
La grande occasione arriva nel 1992 quando Pippo Baudo la vuole nuovamente al Festival con la stupenda Gli uomini non cambiano, canzone con la quale torna a cantare anche del padre ma, soprattutto, di un amore che, dalla parte maschile, non è mai alto quanto quello provato dalle donne. Mimì è finalmente la grande favorita per la vittoria della kermesse eppure arriva soltanto al secondo posto (ed il sospetto che qualcosa non sia andato come doveva fin da subito viene insinuato) conquistando, comunque, un grandissimo successo e l’ennesimo Premio della Critica che la porta a rappresentare l’Italia anche all’Eurovision Song Contest con il brano ‘Rapsodia’ che si classifica al 4° posto finale (Mia Martini aveva partecipato all’Eurofestival anche nel 1977 con ‘Libera’ che aveva ottenuto il 13° posto).
In questo periodo torna a riabbracciare i rapporti interrotti con la propria famiglia a partire dalla sorella Loredana Bertè che non vive i propri anni più felici dal punto di vista artistico e professionale. Insieme scelgono di presentarsi al Festival di Sanremo con il brano Stiamo come stiamo nel 1993 ma non ottengono il riconoscimento sperato classificandosi soltanto 14°.
Prima della morte Mimì saluta il suo pubblico con un disco di cover (proprio come aveva fatto prima del ritiro) intitolato La musica che mi gira intorno e contente brani di Ivano Fossati, Vasco Rossi, Francesco De Gregori, Zucchero, Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, Edoardo Bennato ed un inedito di Mimmo Cavallo, ‘Viva l’amore’, che rappresentò il suo ultimo successo.
Ilario Luisetto
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