Il secondo atto della carriera di uno dei più amati cantautori del nostro Paese
Entriamo nel vivo della produzione artistica di Rino Gaetano, dopo il debutto con il primo album Ingresso libero e il successo del singolo Ma il cielo è sempre più blu (qui la prima puntata), per quello che verrà poi considerato un vero e proprio periodo d’oro per l’artista, con due album (Mio fratello è figlio unico e Aida) destinati ad entrare nel mito, prima della partecipazione a Sanremo nel 1978 che di fatto consacrerà del tutto il cantautore spingendolo al successo nazionale.
In quelli che sono anni tormentati per la storia del nostro Paese, Rino prosegue dritto per dritto per la sua strada continuando a descrivere il mondo con gli occhi di chi vive osservando, per poi sputare su un foglio un incredibile numero di immagini quotidiane e sulla carta semplici, ma allo stesso tempo dense di metafore, con la solita e unica, ma incisiva, poetica. Con il risultato, non scontato, di apparire sempre più “accessibile” per tutti, grazie ai numerosi livelli di lettura dei nuovi brani.
Mio fratello è figlio unico è probabilmente uno dei punti artistici più alti toccati dall’artista calabrese, uscito nel 1976 sempre sotto l’etichetta It. In questo nuovo lavoro Gaetano alza l’asticella proponendo al pubblico, già colpito con il singolo Ma il cielo è sempre più blu, arrangiamenti più ricercati e maturi, mischiati come sempre con le taglienti liriche, stavolta dedicate in maniera abbondante a tutti quei “figli unici” di un’Italia sempre più divisa e industriale, emarginati e lascia soli nella loro dura e drammatica esistenza.
Mio fratello è figlio unico
Perché è convinto che Chinaglia
Non può passare al Frosinone
Perché è convinto che nell’amaro benedettino
Non sta il segreto della felicità
Perché è convinto che anche chi non legge Freud
Può vivere cent’anni
Non è certo una novità parlare di certi temi, lo è però trattarli con lo stile unico ed ironico del cantante, che a suo modo scava nell’animo dei sentimenti umani proponendo una descrizione drammatica e incredibilmente realistica di tutte le persone sofferenti e sole. Le title track è ovviamente il culmine di questa carica drammatica, con quel fratello “sfruttato, represso, calpestato e odiato” da un mondo sempre più in contraddizione, dove a pagare alla fine è sempre l’ultima ruota del carro.
L’album, ovviamente, non è incentrato solo su un tema ma, come sempre nella carriera dell’artista, si sposta ad intermittenza su più livelli tematici, come nel caso dello storico brano Sfiorivano le viole che, oltre a narrare il sentimento con quei “nuovi amori da piazzare sotto il sole”, conclude citando i personaggi storici di tre nazioni (Francia, Germani e Italia con La Fayette, Otto von Bismarck-Schönhausen, Mameli e Novaro) e ribaltando di fatto così la canzone, inserendo quel tocco di critica sociale tipico anche di quei brani all’apparenza politicamente “vuoti”.
Politica, storia, Italia e persone, Rino sguazza tra questi temi giostrando e cesellando alla perfezione parole che creano immagini indelebili e dense di significato, come nei casi di Rosita, Al compleanno della zia Rosina o La zappa il tridente il rastrello, veri e propri racconti pieni di rimandi e significati nascosti. Interessante in questo senso è anche l’analisi del pezzo Berta filava, in cui ricorrendo alla figura di Bertrada di Laon (moglie di Pipino il Breve), il cantante sembra voler descrivere il delicato mondo della politica italiana negli anni del cosiddetto “compromesso storico”, in cui la figura di Berta sembrerebbe a tutti gli effetti coincidere con quella del democristiano Aldo Moro.
Un anno dopo è il tempo di Aida, nuovo album in cui il cantautore prosegue sulla fortuna strada del precedente continuando ad addentrarsi nella storia italiana, descritta anche qui con grande lungimiranza e accuratezza nel pezzo che dà il titolo al progetto e che rappresenta senza dubbio ancora oggi uno dei brani più riusciti sulla storia del nostro paese. Il tutto senza dimenticare la quotidianità, con il mondo che cambia e risulta sempre più veloce e frenetico tra Rare tracce e Spendi spandi effendi, e la solitudine descritta magistralmente nel pezzo Escluso il cane, vero e proprio inno drammatico e struggente incentrato sui sentimenti umani, in cui spicca e colpisce soprattutto l’inciso urlato e sofferente che recita semplicemente “e tu non torni qui da me / Perché non torni più da me?”.
All’interno del disco troviamo anche Sei ottavi, uno dei brani diventato nel tempo simbolo della discografia di Gaetano, inciso per l’occasione con Marina Arcangeli, in cui ad essere descritta con eleganza e sensibilità sulla semplice ed essenziale base di chitarra, è la femminilità legata al tema del sesso, autentico tabù per l’epoca.
Giuseppe Currado
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