A tu per tu con la band romana, in uscita con il loro album d’esordio intitolato “Discolo“
Ciao ragazzi, benvenuti. Partiamo da “Discolo”, da quali idee siete partiti e come si è svolto l’intero processo creativo?
«Benvenuti a voi. Le canzoni di “Discolo” hanno iniziato a prendere forma subito dopo l’uscita del nostro primo EP, volevamo immediatamente fare qualcosa di nuovo. Ascoltando i provini ci siamo resi conto che strizzavano troppo l’occhio, almeno a livello sonoro, ai pezzi appena pubblicati e questo non ci faceva dormire tranquilli sopratutto dopo aver letto recensioni dove ci accostavano ad artisti del panorama che non abbiamo mai ascoltato e a cui non tenevamo particolarmente ad assomigliare. Quindi un po’ per indole e un po’ per divertimento abbiamo deciso di cambiare quasi completamente strumentazione, stravolgere il nostro metodo di lavoro, acquistare un registratore a cassetta e affittare una casa in campagna dove abbiamo registrato il 99% del materiale di “Discolo”».
Quali riflessioni e quali stati d’animo vi hanno accompagnato durante la fase di creazione delle nove tracce?
«Sicuramente la non programmazione e il non voler arrivare precisamente da nessuna parte, ma anzi assecondare costantemente la nostra bipolarità e cambiare le cose di giorno in giorno, sono le principali cause che hanno fatto uscire le tracce così come sono».
A colpire sin dal primo ascolto è sicuramente il sound, come siete arrivati a questo risultato sonoro?
«Abbiamo utilizzato solo strumenti analogici, sintetizzatori, drum machines, tastiere giocattolo, nessuno strumento a corda o a percussione, un microfono, un amplificatore a basso costo e un registratore a cassetta».
In scaletta è presente un featuring con Alberto Camerini, come vi siete trovati a lavorare con lui?
«Benissimo, Alberto è una persona meravigliosa e una continua scoperta, ha accolto questa collaborazione con un entusiasmo inimmaginabile. Ha gusti e pensieri affini ai nostri ed è nato un bel rapporto di amicizia, cosa ancora più importante del semplice rapporto lavorativo. Non potevamo trovare compagno migliore».
Facendo un breve salto indietro nel tempo, in che modo vi siete conosciuti e quando avete deciso di mettere in piedi questo vostro progetto musicale?
«Superfluuuo non credeva di essere un progetto fin quando non lo è diventato. Edoardo si era appena trasferito a Milano e non aveva amici, ha conosciuto Giovanni e nei lunghi pomeriggi nebbiosi hanno buttato giù delle idee senza troppe pretese. Le idee sono diventate canzoni e li è subentrato Teodoro, amico di Edoardo da sempre, che da sempre appunto aveva il desiderio di provare la sua voce su qualcosa e quel qualcosa è stato Superfluuuo».
Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato i vostri rispettivi percorsi?
«Ognuno di noi ha naturalmente il proprio bagaglio di ascolti che mette a disposizione degli altri senza neanche rivelarlo. Una delle cose che ci accomuna è sicuramente la curiosità per le cose meno ovvie, la ricerca di artisti mai sbocciati o dimenticati nel tempo e la passione per le sigle dei cartoni animati anni ’80».
Tornando al presente, cosa vi rende più orgogliosi di “Discolo”?
«Quello che ci rende più orgogliosi è aver fatto un discolo e non un disco».
Per concludere, a chi si rivolge la vostra musica e a chi vi piacerebbe arrivare in futuro?
«Nessuno in particolare, siamo consapevoli e felici che non è un tipo di musica che arriva a tutti o che va per la maggiore. Speriamo che tra 20/30 anni un ragazzo troverà in un mercatino dell’usato la nostra cassetta a 50 centesimi, la comprerà e diventeremo la sua band preferita».
Nico Donvito
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