venerdì 22 Novembre 2024

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Timothy Cavicchini: “Sento di dover dare sempre qualcosa al mio pubblico” – INTERVISTA

Ammetto di seguire la musica del giovane Timothy Cavicchini ormai da anni per puro piacere personale: perchè sono uno di quei pochi “ragazzi” della “nuova generazione” che ama e segue ancora il rock, quello vero. Finalmente, dopo anni di corteggiamento alle varie etichette discografiche che, si sa, nemmeno con noi giornalisti sono così tanto gentili sono riuscito a contattarlo e a realizzare insieme una di quelle “chiacchierate musicali”, come piace definirle a me, senza paletti di tempo o argomenti tabù in occasione del suo nuovo singolo “Nudi e perpendicolari” prodotto indipendentemente insieme alla sua band, Ostetrika Gamberini, con cui da qualche tempo infiamma i locali del (anche mio) nord-est e non solo. Potete leggere un estratto delle dichiarazioni di Timothy in questo (lungo) resoconto oppure ascoltare l’intera intervista a questo link.

Beh, direi di partire dalle presentazioni: se qualcuno ti chiedesse, chi è Timothy, come ti racconteresti?

<<Timothy è un sognatore che dopo 15 anni di doppio lavoro ha deciso di investire la sua vita nella realizzazione del suo sogno. Dopo un avvicinamento al mondo musicale che è partito fin da bambino, ma che comunque è sempre stata soltanto passione, ho deciso di ripartire da zero lasciando il lavoro di muratore e bar-man>>.

Da dove nasce la passione per la musica?

<<Come succede per la maggior parte dei casi, la passione è nata dal fatto che ho avuto due genitori molto appassionati di musica e con gusti molto differenti l’uno dall’altra. Se mio padre era un accanito fan della musica italiana più sentimentale (posso citare Mia Martini e Marco Masini, due artisti che amo profondamente anch’io) mia madre, invece, era molto più “rockettara”. In me si è creato, dunque, un mush-up tra le due realtà genitoriali sfociando, poi, in quella che è la mia essenza>>.

L’esperienza musicale vera e propria, invece, da dove parte?

<<Ho iniziato da bambino con il frequentare i classici corsi di paese suonando la tastiera e, poi, dopo il lascito di un pianoforte a coda da parte della mia nonna, decido di iscrivermi al conservatorio di Mantova e d’intraprendere gli studi musicali. Il canto l’ho scoperto soltanto dopo, durante l’adolescenza: io nasco musicista, o meglio, pianista>>.

Ce l’hai ancora quel pianoforte?

<<Il pianoforte è il mio mezzo più comunicativo ma che uso soltanto privatamente, anche perché nella mia band c’è un pianista incredibile. Mi intimorisce anche solo l’idea che lui possa sentire un tasto suonato da me. Però quando devo scrivere due strofe e un ritornello il mio mezzo è sicuramente il pianoforte. Riguardo a quel pianoforte della mia nonna lo vendetti tre o quattro anni fa perché era diventato più un soprammobile che uno strumento: ho pensato che se mia nonna me lo lasciò per imparare a suonare, ora vorrebbe che io continuassi a suonare con un mezzo che me lo permetta. Ho acquistato, invece, un piano elettronico>>.

E’ uscito da qualche settimana il tuo nuovo singolo, realizzato sempre in collaborazione con la tua band, dal titolo “Nudi e perpendicolari”.

<<Esatto, tra le altre cose, abbiamo presentato questa canzone lunedì 10 luglio al Festival Show ed è stata una soddisfazione incredibile perché trovare un calore assurdo a Brescia è stato davvero esaltante. Io sono sempre andato avanti a testa bassa con la coda in mezzo alle gambe perché mi hanno insegnato così: non mi sono mai aspettato nulla da nessuno pensando di dover essere io a dover regalare qualcosa ritenendo di essere molto fortunato. Trovare l’accoglienza che abbiamo avuto a Brescia per me, e per tutta la mia band, è stato un vero piacere tant’è che ad un certo punto il mio chitarrista mi si è avvicinato e mi ha chiesto se andasse tutto bene visto che avevo la pelle d’oca da un’ora. Il fatto che 10.000/15.000 persone in una piazza cantassero il nostro pezzo è stata una doppia vittoria per noi che non abbiamo un’etichetta alle spalle che ci massimizza>>.

Che brano è per te questo? Ha un significato particolare?

<<In realtà, dopo l’uscita di “Senza se”, avevo bisogno di creare un brano spensierato cercando di parlare dell’amore, la cosa che in Italia colpisce forse di più, ma facendolo in modo divertente. Abbiamo pensato che il sesso è la colonna portante dell’amore: quando una donna ti piace fremi dal desiderio di farci l’amore. Abbiamo pensato di dedicare questo brano all’intreccio dei corpi che risolve, spesso, molti rapporti>>.

Qual era, invece, il peso specifico di “Senza se” a cui accennavi?

<<”Senza se”, il nostro singolo uscito a gennaio 2017, era un brano impegnatissimo. Anche durante i live, a volte, è difficoltoso spiegare il significato di questo brano che custodisce il racconto di un uomo che perde la vita durante un incidente stradale e che, in qualche modo, porta con sé anche la propria compagna. La mia canzone voleva essere un lascito per quelle donne che perdono il proprio compagno in un evento simile e che poi vengono esiliate, o si esiliano, dalla vita. Il messaggio era proprio un invito ad andare avanti sottolineando come, poi, ogni uomo sicuramente continuasse a vegliare sulla propria donna. “Senza se” sono le ultime parole che riesce a dire questo uomo prima di raggiungere l’altro mondo>>.

Dal punto di vista della scrittura, come sei solito lavorare?

<<Non sono una persona musicalmente chiusa: mi piace scrivere ma non lo rendo esclusivo a me cioè, non rendo il mio percorso esclusivamente legato alla mia scrittura perché la ritengo una cosa assolutamente sbagliata. E’ anche vero che essere cantautorali contribuisce a creare un proprio stile ma, secondo me, nel tempo limita l’espressione artistica: faccio un esempio, ascoltando un brano di Ligabue è palese che sia stato scritto da lui anche senza ascoltare la sua voce. Quello di Ligabue è uno stile ma siamo sicuri che Ligabue possa fare solo quello? Probabilmente no, ci mancherebbe, però a me è sempre piaciuta l’idea di cantare la mia penna ma anche quella di altri autori. E’ per questo motivo che da tantissimi anni collaboro con due amici autori che affiancano il mio percorso di vita.

E’ naturale che poi, quando si è in un’etichetta grande come la Universal, abbia fatto un tipo di musica che, in qualche modo, ti viene imposto di fare e che arriva da determinati autori. Non sto dicendo nulla di nuovo, è così. Tra le altre cose nel mio percorso post-talent ho avuto la fortuna di avere dei grandissimi writers al mio fianco: Saverio Grandi e Livio Magnini (Bluvertigo) tra gli altri. La loro collaborazione è stata sicuramente un valore aggiunto al mio lavoro anche se poi, ripartendo da zero dopo la collaborazione con Baraonda e RTL, ho ripreso in mano le palle e ho scelto di seguire un filone logico facendo della coerenza la mia regola>>.

Riguardo al tuo rapporto con l’etichetta discografica di Lorenzo Suraci, la Baraonda (collegata anche al colosso radiofonico di RTL 102.5), quanto è stato difficile abbandonarla dopo aver archiviato anche l’esperienza Universal?

<<Quando mi proposero di sostituire Alessio Bernabei che aveva lasciato i Dear Jack io non ci pensai e rifiutai subito. Ammetto che questa scelta mi chiuse definitivamente le porte in quell’etichetta discografica. L’importante è che comunque scelsi di fare quel passo con coerenza: io ho bisogno di tornare semmai a fare il muratore domani ma con il sorriso sulla bocca, senza rimpianti. E quindi siamo ripartiti con la nostra musica>>.

DOMANDA FAN: Come è nata “Nudi e perpendicolari”? Qual è la sua genesi produttiva?

<<Nasce proprio dalla collaborazione con questi due amici: Davide di Maggio (colui che ha scritto “Cleptomania”, il grande successo di debutto degli Sugarfree), una grandissima penna, e Michele Castellana, un bravissimo bassista che collabora con Brando e Nesli attualmente. La cosa incredibile è che ciò che mi propongono mi appare sempre come un qualcosa che avrei potuto scrivere io da quanto mi appartiene. Sia “Senza se” che “Nudi e perpendicolari” sono stati scritti insieme ed io e la band abbiamo curato tutta la parte degli arrangiamenti, modificando magari qualche parola per adattare il testo. L’idea di quest’ultimo brano era proprio quella di creare un pezzo easy-summer adatto alla stagione anche senza usare la parola “estate”>>.

DOMANDA FAN: visto che curi tu anche i videoclip, da dove nasce l’idea di quest’ultima clip?

<<Tutti mi dicono “cazzo, che figo che sei ti fai anche il video”. In realtà è per contenere il costo. Giusto perché non mi piace nascondermi dietro ad un dito: non abbiamo produttori e quindi tanto vale provare a portare a casa la propria idea. La prima volta è avvenuto in “Senza se” dove, comunque, dietro la camera c’era un professionista, mentre per “Nudi e perpendicolari”, convinti del potere radiofonico del brano, abbiamo scelto di azzardare a fare il videoclip da soli. Il video, quindi, è fatto proprio da me e dal nostro collaboratore grafico, Daniele Gaspari. Non è perfetto ma è comunque una soddisfazione che comprende anche il fatto di aver inserito come comparse tutte persone che appartengono in qualche modo alla mia vita. Faremo uscire anche un video backstage perché le comparse sono state molte di più: l’idea originaria voleva la presenza di coppie giovani, intermedie e un po’ più avanti con l’età per riuscire a far capire che il tema sessuale è legata a chiunque. Poi, per incapacità ad inserire tutto nel video, alcune comparse sono state tagliate catalizzando l’attenzione sulle coppie giovani cercando di attirare l’attenzione di quel pubblico che, per quanto ci riguarda, non ci appartiene moltissimo>>.

State già lavorando a qualcosa di nuovo per il futuro?

<<Si, il video del prossimo singolo è già pronto da febbraio. La canzone sarà la colonna sonora di un film che uscirà in tutto il mondo di un grande regista italiano, Steven Renso, che aveva bisogno di un brano provocatore fatto da italiani. Entusiasti del suo interessamento abbiamo preparato questo nuovo brano, scritto da Michele Castellana, e che ha per titolo “Cattivo”, il cui videoclip è girato del regista comprendendo le scene di quello che sarà il film>>.

Ormai 4 anni fa è avvenuta la tua partecipazione a The Voice of Italy dove sei arrivato al secondo posto nel team di Piero Pelù. Non sei comunque uno di quei ragazzi ex-talent che deve la propria carriera alla TV, anzi, come accennavi tu prima hai alle spalle una gavetta decennale nei locali. A posteriori, che cosa mancava a The Voice per funzionare davvero e per creare dei talenti convincenti anche a livello discografico e mediatico?

<<La figata assurda della mia edizione di The Voice è stata che, essendo la prima, non era ancora così rigidamente organizzata: c’erano dei buchi incredibili nella produzione che, però, ne facevano una cosa del tutto naturale e veritiera. L’altra cosa fantastica è stata riuscire a stringere dei rapporti, anche importanti, in un contesto televisivo. Ciò che mancava a The Voice, secondo me, in realtà è mancato dalla seconda edizione in poi quando si sapeva già come sarebbe già andata a finire. Quello che è mancato a The Voice, secondo me, è stato, innanzitutto, la mancanza di volontà, da parte della produzione, di creare un talento e di questo la dimostrazione è assolutamente palese visto che non c’è un nome che abbia davvero sfondato dopo The Voice. L’unica volontà, che è persistita per 4 edizioni, era quella di cercare di portarsi a casa il 20% di share. The Voice è un programma che, nelle ultime due edizioni soprattutto, è servito di più ai coach per lanciare i propri album che per scoprire qualche novità discografica>>.

Il tuo rapporto con la Tv, dopo questa esperienza, come lo consideri?

<<Dopo The Voice ho deciso di allontanarmi dalla televisione. Quando andai a “Quelli che il calcio” come ospite fisso arrivai, mi sembra, alla quarta puntata della stagione e dissi a Nicola (Savino n.d.r.) che avrei continuato a partecipare solo se mi avessero fatto cantare: avevo bisogno di catalizzare quell’impegno verso un qualcosa che m’interessasse davvero. Quando mi risposero che in quel contesto non mi avrebbero mai dato lo spazio per cantare io ho smesso di partecipare a quel programma. Fare televisione, ora come ora, non mi interessa a meno che non sia finalizzata ad una promozione musicale>>.

In quell’esperienza, poi, ritrovasti anche Piero Pelù…

<<Si, nell’ultima puntata in cui partecipai a “Quelli che il calcio” Piero era ospite per pubblicizzare l’ennesima edizione di The Voice e, in quell’occasione, mi proposero di cantare un pezzo di qualcun altro “sfidando” Piero a capire se fosse l’artista originale a cantare o se fosse una reinterpretazione. In quel momento avevo il singolo in lancio e quindi accettai a patto che venisse appunto ricordato che il mio percorso stava continuando. Andò tutto perfettamente e Piero, tra l’altro, mi riconobbe subito visto che tutto posso avere tranne che una voce simile a quella di Sangiorgi di cui cantai un brano. Fu un bellissimo momento ma nessuno (non me lo aspettavo da Piero, me lo aspettavo, invece, dalla produzione di “Quelli che il calcio”) ricordò a Nicola di parlare dell’uscita del mio singolo. Me ne andai, poi, anche in malo modo>>.

Dopo il talent tu stesso hai dichiarato che la discografia ti aveva in qualche modo abbandonato a te stesso, motivo per cui hai scelto di lasciare Universal e di intraprendere un percorso diverso.

<<Non è stato un vero e proprio abbandono in realtà visto che l’EP effettivamente l’abbiamo realizzato con Universal. Il problema è che non ha senso realizzare un progetto senza un ufficio stampa che se ne occupa o se non c’è un fondo destinato alla promozione. Dopo quel progetto riprovai ancora con Universal andando al Coca Cola Summer Festival (presentando “Fondamentalmente”) per dare (e darmi) una nuova possibilità. Sappiamo benissimo che in questo ambiente volere è potere, per cui se la persona che ha creato Caparezza non spinge sul tuo singolo bisogna guardarsi negli occhi e capire che cosa c’è che non va. Avevo 30 anni non potevo restarmene lì buono buono ad aspettare. Non è stato assolutamente facile, tra l’altro, abbandonare una major come Universal che, rispetto a The Voice, non aveva alcun interesse reale>>.

Qual è, a tuo modo di vedere, il grande male del nostro mondo discografico? Non sei il primo, né sarai sicuramente nemmeno l’ultimo, che “accusa” le etichette discografiche di scarsa attenzione verso le più giovani realtà: qual è il peccato più grande della discografia made in Italy?

<<In verità non accuso nemmeno. Mi piacerebbe l’idea di poter accusare un qualcuno di cui conosco il nome ma oramai la discografia è quasi diventata politica. La musica è un po’ come la politica di adesso: si parla e basta. Studiando la storia del rock ho imparato come un talent scout che voleva accaparrarsi una band si dovesse presentare direttamente con la valigetta del denaro: gli Aerosmith non avrebbero mai fatto il primo album se non si fossero presentati con 25.000 $. Ora, non mancano solo i soldi da investire ma manca soprattutto il coraggio di proporre un qualcosa che non è moda: se si vuole rendere oggi bisogna seguire il filone modaiolo che viene imposto dalle radio. Quelle stesse radio che un tempo scoprivano i talenti mentre oggi, detenendo i diritti d’autore delle canzoni, stabiliscono a monte cosa passare e cosa no. E’ impossibile andare contro questo sistema se si esclude un’eccezione>>.

Quale?

<<Il fenomeno “youtuber” che, però, ha creato il nulla musicalmente parlando. E’ vero che ci sono dei grandissimi talenti in giro ma in Italia non ne è emerso nemmeno uno da quel mondo. E’ comunque assurdo che si possa emergere esclusivamente grazie al numero di follower senza avere una storia o una gavetta alle spalle. Il vero arista si vede nei live e in Italia non c’è più nessuno capace di sostenere un vero live se togliamo le icone: Vasco, Ligabue e Zucchero. Anche Tiziano Ferro, che ha alle spalle una grandissima gavetta, ha bisogno di scenografie incredibili (nell’ultimo tour una cascata d’acqua sul palco) per riempire il concerto. Concerti fenomenali di nuove leve non ce ne sono essenzialmente perché non c’è il coraggio di uscire dal raggio della moda del momento come si fece, invece, quando le icone attuali della nostra musica emersero. E’ per questo che riusciamo a sostituire le nostre icone con quei fenomeni che vanno forte ma di cui, poi, la gente non conosce nemmeno una canzone. Siamo nell’era della fenomenologia: eleviamo il fenomeno che mi da tutto e subito senza bisogno di dover costruire nulla. Tutto ciò però porterà ad avere sempre meno artisti e sempre più rabbia artistica tra chi davvero ha la forza di fare questo mestiere>>.

E tu da che parte stai in questo mondo?

<<Io ho scelto di ripartire da zero, dalle sagre di paese piuttosto che dai piccoli locali dove la gente è seduta ad un metro da te e tante volte sorride ironicamente pensando “ma questo non s’è ancora stufato?!”. E’ un percorso arduo ed infimo ma voglio continuarlo fino ad esaurire tutte le possibilità che riesco ad elaborare. Poi posso tornare tranquillamente e felicemente a fare il muratore>>.

Facciamo ancora un passo indietro: nel 2016 hai provato anche le selezioni al Festival di Sanremo nelle Nuove Proposte con “All’infinito” ma, pur entrando nei 60 finalisti, non sei riuscito ad accedervi

<<Si, anche qui c’è un racconto abbastanza particolare in realtà. Parto dal presupposto che la canzone inizialmente s’intitolava “All’unisono” ed era un brano al quale avevo lavorato con Diego Calvetti e Pio Stefanini subito dopo il successo di “Ti rubo gli occhi”. Dopo i buonissimi risultati del singolo estivo (“Ti rubo gli occhi” per l’appunto, il primo singolo prodotto dall’etichetta discografica “Baraonda”) Lorenzo Suraci (patron di RTL 102.5 e dell’etichetta) e Gianmarco Mazzi, il mio manager dell’epoca, volevano propormi direttamente nei big di Sanremo da quanto erano entusiasti. Ho spinto io per partire con umiltà da Sanremo Giovani. Poi, però, sono successe delle cose un po’ strane anche se, personalmente, le ho collegate alla mia scelta di non entrare nei Dear Jack: dopo che avevo rifiutato di sostituire Bernabei mi si dice che la parola “unisono” era troppo poco popolare e conosciuta e che conveniva sostituirla con una parola più accessibile optando per “infinito”, una parola secondo me abbastanza banale. Non mi son messo comunque a discutere con Suraci e Mazzi e ho accettato, in qualche modo, il compromesso. Poi, improvvisamente, è cambiata la partecipazione al progetto: sono passato dall’essere uno dei superfavoriti per l’ingresso a non essere più nemmeno considerato. Non mi sono fatto molte domande al proposito ma probabilmente l’attenzione era calata anche da parte dell’etichetta e di Mazzi anche se sono convinto tuttora che Gianmarco abbia fatto davvero tutto ciò che potesse per riuscire a convogliare il progetto nella giusta direzione. Dopo non essere entrati negli 8 finalisti il contratto è cessato, visto che era relativo al singolo brano, e ho dovuto ripartire nuovamente>>.

E il presente, invece, come ti vede impegnato?

<<L’anno scorso abbiamo lanciato indipendentemente “Fidati di me” rilanciando un’usanza anni ’90 realizzando la versione cd del singolo. Quest’anno sono arrivati “Senza se” e “Nudi e perpendicolari” continuando a basare la nostra attività sui live che continuano, tuttora, a mantenere ben 5 famiglie. Sono comunque assolutamente convinto che prima o poi dovrà arrivare il momento del cambio che sia la consacrazione o il lascito. Due anni fa, poi, ho deciso di fare il coach per delle piccole band a cui non insegno a cantare, perché sono convinto che quella sia una cosa che ciascuno deve avere, ma a stare sul palco. Un ragazzo di quelli che ho iniziato a seguire, un polistrumentista di nome Filippo, mi ha detto di non essersi mai esibito davanti ad un pubblico per paura di essere giudicato. Per aiutarlo ho messo su un progetto acustico in una settimana costruendo uno spettacolo incentrato sulla storia del rock suonandola, ovviamente, in modo diverso da come facevo già con la band. E’ nata come un’esperienza a cui non davo peso ma che ora mi rendo conto essere una cosa molto più alla portata anche del pubblico per la sua dimensione intima>>.

DOMANDA FAN: Quanto importante è per te l’aspetto fisico visto che ci dedichi molta attenzione?

<<Una persona mi disse “sei uno dei più bravi cantanti che io abbia sentito in Italia, hai un difetto solo: sei bello”. In realtà sono da sempre uno sportivo anche per eredità di famiglia. Per me lo sport fa parte del lavoro: quando vado in palestra ci vado perché sono riconoscente al mio corpo. Quando vado a fare i live mi sento di dover qualcosa al mio pubblico e penso che questo qualcosa non può essere solo una voce ma deve coinvolgere anche una dimensione fisica>>.

Come ultima chicca ho pensato ad una sorta di domanda botta e risposta, stile “Le Iene”, passando da domande abbastanza generali e stupide a cose un po’ più “hot” sull’onda dell’ultimo singolo “Nudi e perpendicolari”

<<Che figata! Mi metti alla prova di brutto visto il mio essere logorroico (ride)…

– nome: Timothy

– soprannome: Timothy, non ho un soprannome

– età: 32

– primo album acquistato: “MTV unplugged in New York”, Nirvana

– se fossi un animale sarei: Panda

– se non fossi un cantante sarei: Un muratore, felice

– la persona che amo di più: La mia compagna e mio figlio

– il collega che stimo maggiormente: La mia band, vale per uno

– da piccolo ero un bambino: vivace

– tra 20 anni mi vedo: coi capelli bianchi

– mare o montagna: mare, tutta la vita

– carne o pesce: carne

– bianco o nero: nero

– rock o pop: è una domanda scontata, rockissimo

– Italia o estero: Italia, sarei già andato via altrimenti

– Nirvana o Red Hot Chili Peppers: Nirvana

– Estate o inverno: estate

– Squat o panca piana: Squat

– In “Ti rubo gli occhi” canti “questi son tempi duri”. Che tempi sono per te questi? Sempre duri, da 5 anni a questa parte sono sempre duri

– La canzone del cuore di quando eri un bambino: “Almeno tu nell’universo”, Mia Martini

– Il primo concerto: Lenny Kravitz, Arena di Verona (1999). Mi ha cambiato un po’ la vita eh…

– In “All’infinito” canti “vorrei sapere da te cos’è l’amore”. Se dovessi rispondere tu diresti: Una parola devo dirti? Posso dire che l’amore matura, cambia la sua percezione nel tempo

– Sesso o amore?: sesso

– Faresti mai un calendario? Assolutamente si

– Il primo bacio: 12 anni, ops

– Romantico o focoso: Uhm… Facantico

– Mai ricevuto una proposta indecente? Tutti i giorni

– Hai mai tradito? Uh, hai voglia

– Luce accesa o spenta? Luce accesa, però è cambiato: una volta era spenta, avevo paura (ride)

 

POTETE ASCOLTARE L’INTERA INTERVISTA CLICCANDO QUI

Nudi e perpendicolari, videoclip:

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.