Recensione del nuovo estratto radiofonico del cantautore bresciano
Viviamo i giorni della ripartenza e mai come in questo momento arriva forte ed appropriato il senso di Vorrei (la rabbia soffice), il nuovo estratto radiofonico che Matteo Faustini ha lanciato dal suo album di debutto uscito lo scorso febbraio con il titolo ‘ Figli delle favole’ (di cui qui la nostra recensione). E’ il tempo della rinascita, del ricominciare, del ripartire da capo e non da dove si era interrotto perchè ciascuno di noi, in fondo, desidera essere migliore per il proprio domani. Ecco, questa è l’opportunità giusta per provarci.
In una chiave intima e come sempre delicata il giovane cantautore bergamasco racconta il mondo che vorrebbe, lontano da quello che finora ha fatto proprio “il gioco della sedia: ognuno pensa al suo posto e gli altri giù per terra”, ma anche l’io che vorrebbe abitasse “le stanze del cuore” per riprendere un concetto caro alla produzione di Faustini.
Ed allora in un lungo flusso di coscienza il brano traccia i confini di un mondo nuovo, di una società capace di dimostrarsi davvero aperta, comprensiva ed altruista oltre che di un “nuovo me”, in questo caso un nuovo Matteo, che si scopra capace di “imparare a stare un po’ da solo senza poi dimenticare come amare qualcuno” perchè, alla fine dei conti, la sofferenza appartiene alla vita di tutti e ci obbliga al silenzio con noi stessi, a quel prendersi il tempo necessario per pensare e metabolizzare, al voler soltanto dimenticare il dolore. Eppure anche quel dolore diventa dono d’apprezzare perchè in sè cela quell’essere un “acceleratore d’esperienza” che ci permette di crescere, di migliorarci per migliorare.
Matteo lo racconta bene dimostrandosi ancora una volta un poeta della quotidianità e della fragilità dell’uomo che, mai come in questo momento, abbiamo scoperto esistere ed essere invincibile ed innegabile. Un poeta che gioca con le parole con semplicità raccontando di sè e stupendosi ogni volta di quanto, in realtà, quella tristezza che lo porta a scrivere sia condivisa dal pubblico che lo ascolta che non può che ricevere un pugno nello stomaco nel momento in cui sente la propria vita racchiusa in qualche verso.
Si parte da un interlocutore a cui chiede “Ma dove sei? Sono mesi che sto digerendo una lettera che avrei voluto averti letto in tempo e ti chiedo scusa se ti sto cantando e non scrivendo ma la musica è la lingua con cui parlo meglio” e si arriva a rendersi conto che, in realtà, il tutto non può che essere indirizzato a se stessi, al proprio io più autentico ed inaccessibile agli altri. Ed è lì, in quella zona remota dell’anima, che la vita prende il suo senso insieme a quel dolore rendendo anche il silenzio “solo un’omissione di difesa” ed invitando a cambiarsi davvero, a provare ad immaginarsi migliori, a lottare per diventarlo e al puntare ad essere “ascoltato da un cuore sintonizzato, ricordato dal cuore dimenticato”.
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Vorrei (la rabbia soffice) | Audio
Vorrei (la rabbia soffice) | Testo
Sono mesi che sto digerendo una lettera
Che avrei voluto averti letto in tempo
E ti chiedo scusa se ti sto cantando e non scrivendo
Ma la musica è lingua con cui parlo meglio
Vorrei un mondo più sincero e con meno confini
Invece di una società modello, telefono senza fili
E un mondo che funziona come il gioco della sedia
Ognuno pensa al suo posto e gli altri giù per terra
Vorrei che all’università il voto più alto fosse trenta
E la lode per chi supera l’esame di coscienza
Giochiamo a nascondino dietro a una preghiera
Ma il silenzio è solo un’omissione di difesa
Vorrei un carattere flessibile
Vorrei una vita più potabile
Vorrei che la rabbia fosse soffice
Vorrei imparare a stare un po’ da solo
Senza poi dimenticare come amare qualcuno
Vorrei una favola abitabile
Vorrei
Io vorrei
Essere carboidrato di un cuore affamato
Vorrei
Esser l’ago puntato di un cuore disorientato
Perché il dolore è solo un acceleratore di esperienza
Vorrei spiegare che si può lottare insieme
A quei rapporti che si sporcano più in fretta della neve
Vorrei una primavera senza mille allergie
Una prima vera storia senza le bugie
Vorrei tornare indietro e non chiuder quella porta
Perché è un peccato e un’opportunità non colta
Vorrei un carattere flessibile
Vorrei una vita più potabile
Vorrei che la rabbia fosse soffice
Vorrei imparare a stare un po’ da solo
Senza poi dimenticare come amare qualcuno
Vorrei una favola abitabile
Io vorrei
Essere carboidrato di un cuore affamato
Vorrei
Esser l’ago puntato di un cuore disorientato
Come alla Sirenetta a cui mancavano le gambe
Ma quello che io voglio non lo posso avere
Come aprire un regalo che non ti appartiene
Che non ci appartiene
Ricordato dal cuore dimenticato
Io vorrei
Essere adottato da un cuore innamorato
Ilario Luisetto
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