Recensione del nuovo singolo della band cuneese
Quante volte nella nostra vita ci siamo detti “vado a vivere su Marte“? Una soluzione estrema e utopica per fuggire dai più disparati problemi banali e quotidiani, fino a quelli di una gravità alquanto superiore. La minaccia di un disastro naturale come un terremoto o un’inondazione, o quella di una catastrofe causata dall’uomo come l’utilizzo di armi di distruzioni di massa o il riscaldamento globale. I Marlene Kuntz giocano proprio con questa affermazione in “Vita su Marte“, il singolo che anticipa l’imminente uscita del nuovo album “Karma Clima“.
Analisi del testo |
Un progetto che ruota attorno alla lotta al cambiamento climatico e il riferimento è qui subito evidente in quel “mondo malato là sotto” che “è una camera di combustione“. Un mondo visto dall’alto essendo la prima strofa una rappresentazione bramata di un volo che prefigura lo sbarco su Marte per trovare rifugio. Le tinte del sogno assumono quindi le dimensioni di una “distesa di nubi come zucchero filato” e della “gloria del sole” come “una magnifica visione“, finchè ci si rende conto che l’approdo sul Pianeta Rosso può essere ipotizzabile solo dai ricchi: “Sei ricco? Fai un bel sorriso e vagheggia il tuo prossimo villino“.
Il racconto si sposta allora dalla prospettiva del ricco sfondato che vede le sorti di un mondo in cui “l’acqua si esaurisce” e “il ghiaccio si fa mare“, e dice ai propri compagni d’avventura: “E tu guarda e godine, che te ne frega e godine“. Fotografia di una salvezza trovata grazie a un rimedio egoistico che esclude tutto il resto dell’umanità, che non può fare altro se non dirsi “figlio mio, mi dispiace“.
Esclusione da Sanremo |
“Vita su Marte” è un brano dai toni che i Marlene Kuntz hanno reso volutamente caustici, cupi, sinistri. L’incontro tra batterie e sonorità elettroniche scandisce un ritmo serrato che sfocia in un ritornello più scanzonato e orecchiabile degli standard della band cuneese, decisamente funzionale per l’idea che avevano.
Il brano è stato infatti presentato alle selezioni dello scorso Festival di Sanremo. “Volevamo – ha dichiarato il frontman Cristiano Godano sulle pagine di Rolling Stone – andare a Sanremo quest’anno […]. Abbiamo raccontato l’importanza di stare dalla parte giusta della storia, pensando ai nostri figli, alla necessità di non continuare a far finta di nulla, al dovere di suscitare consapevolezze nella gente, perchè è solo tramite il volere della gente che il problema del surriscaldamento potrà essere affrontato con decisione. Avevamo tre pezzi: […] un’altra, caustica, un po’ surreale, divertita, prospettava la vita su Marte, il luogo dove forse i super ricchi stanno pensando di andare a pararsi il c**o. […] Ma nulla. Amadeus non ha voluto cogliere“.
E spiace. Per loro che non hanno ottenuto un’imponente visibilità per una canzone e per l’idea di un progetto che la meritavano. Ma soprattutto per Sanremo che ha perso l’occasione di parlare di un tema di cui si parla ancora poco, e di mostrare la forza del contenuto in una scena musicale che ormai ne è sempre più priva.
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Nick Tara
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