venerdì 22 Novembre 2024

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Zaminga: “Pyrex vuole essere una retrospettiva sui tempi che viviamo” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore calabrese Zaminga

Abbiamo raggiunto telefonicamente Samuel Zaminga, in arte semplicemente Zaminga, in occasione dell’uscita del videoclip ufficiale del suo singolo di debutto intitolato “Pyrex“, inserito nella nostra rubrica “Pianeta Indie” qualche settimana fa.

Ciao Samuel, benvenuto su Recensiamo Musica. Partiamo dal tuo singolo di debutto “Pyrex”. Ci racconti del brano e cosa rappresenta per te?

<<Certamente. Ho scritto Pyrex un anno mezzo fa circa, in un momento non proprio radioso, credo che il testo sia abbastanza eloquente a riguardo.  Avevo chiuso da pochi giorni un rapporto importante, non avevo un lavoro e aggiungiamoci l’ansia per l’esame di abilitazione da psicologo, che ho pure cannato, ma dettagli… (piccola curiosità: il “che tempo fa dentro di te?” del ritornello l’ho preso proprio da un manuale di psicoterapia su cui stavo studiando). Le canzoni sono sempre figlie del mood del momento, ma più in generale ‘Pyrex’ vuole essere una retrospettiva sui tempi che viviamo, sul modo con cui ci interfacciamo con la modernità, sulle abitudini malsane (e non) che contraddistinguono, credo, tutti i giovani sulla soglia dei 30 anni, un’età complicata in cui inizi a prendere familiarità coi bilanci>>.

E’ un racconto generazionale, dunque, oltre che personale?

<<‘Pyrex’ penso restituisca uno spaccato di questo disagio generazionale, fatto di inquietudine e di un continuo senso di inadeguatezza rispetto a quello che vivi. E’ la prima vera transizione verso il mondo adulto e tu non sei un adulto fatto e finito, ne ignori i meccanismi, e questo spaventa, ma al tempo stesso, ti incuriosisce ed è sfidante. In studio ha visto la luce in una manciata di pomeriggi sul finire delle scorse vacanze di Natale. L’arrangiamento ce lo avevo in testa subito dopo averla scritta, è nata con una naturalezza disarmante. Io e Lex, il produttore, siamo orgogliosi di questa cosa>>.

Il video ufficiale, ambientato a Torino,  è stato pubblicato su Youtube il 22 marzo. Com’è nata l’idea della sceneggiatura?

<<Al video in realtà c’ho pensato solo dopo la release del brano. E’ nato tutto senza troppi paletti, come il resto del progetto d’altronde. L’immaginario del testo è abbastanza vivido ed ho pensato potesse risultare troppo didascalico e ridondante ripercorrerne le stesse azioni in un videoclip. Mi son detto che era sufficiente un volto, qualcuno che ovviamente avesse cognizione delle suggestioni del brano e i luoghi della città per me più salienti, come i Murazzi  dove sono solito passeggiare, i folkloristici bangla di Vanchiglia e Piazza Santa Giulia (dove si sbocciano i gin tonic del venerdì sera). Pare abbia funzionato, più di 1000 visualizzazioni in appena due giorni! Ho avuto la fortuna e l’onore  di conoscere Arianna, la protagonista del video, presentatami da due amici appena qualche settimana prima delle riprese, che ha saputo restituire con una genuinità assoluta quella che era la mia idea estetica di base insieme a Simone Straq, che ha curato le riprese e il montaggio e Alessio Consoli e i Cineska, un collettivo  di videomaker torinesi d’adozione, come me, che vanta già collaborazioni ben più importanti della mia, alcune di queste con artisti già affermati nell’airplay nazionale>>.

Sei nato e cresciuto a Reggio Calabria ma vivi a Torino da sei anni. Com’è stato il distacco? Cosa ti porti dietro dalla Calabria?

<<Beh, inizialmente è stata dura come lo è un po’ per tutti, suppongo. Quello di Reggio è un contesto abbastanza lontano da quello sabaudo e delle grandi città più in generale. La provincia ha questa cosa di farti sentire in qualche modo sempre parte attiva di un ingranaggio. Io sono cresciuto in un quartiere popolare, tutti quanti sanno tutto di tutti. Questo non è sempre un bene ovviamente, ma a me ha dato sempre molta sicurezza e un senso di appartenenza che qui è arrivato solo dopo qualche anno e con non pochi sacrifici. Ma ora posso dire che Torino è casa mia, esattamente come Reggio. Della mia terra mi porto dietro l’eterna nostalgia del mare, forse banale come cosa ma dannatamente reale, la sacralità dell’ospitalità che per me è proprio legge di natura perché a chi viene a trovarti non devi solamente garantire vitto e alloggio ma regalare un’ esperienza, e l’importanza della condivisione: i calabresi sono maestri in questo: sicuramente il popolo più empatico e solidale che conosco>>.

Quali sono state le influenze musicali che più hanno contribuito alla tua formazione?

<<Troppo facile. I Beatles su tutti. Sono una specie di maniaco, sai? Credo che la musica pop oggi non esisterebbe per come la conosciamo senza i Fab Four. In anticipo su ogni tendenza, musicale ed estetica. Nessuno ha mai fatto e farà di meglio. Scontato ma vale sempre la pena ribadirlo. Nel mio Olimpo ci sono poi i Radiohead, che suonano come forse i Beatles avrebbero fatto oggi. Gli Oasis sono poi il simbolo della mia infanzia/adolescenza.

Rispetto a questo progetto mi sento abbastanza in linea al trend cantautoriale del momento, quello che chiamano Indie o It pop per intenderci.  In realtà son partito dall’old school degli autori come Rino Gaetano e Fabrizio De Andrè. Poi è arrivato l’impatto con il Battisti di fine anni ’70: adoro “Anima Latina”, un disco che è un po’ diventato un cult per tutta la scena in realtà.

Dell’ultima decade ho apprezzato molto i Thegiornalisti di “Fuori Campo”, anche quello un disco di culto che precede il successo mainstream, così come Canova e Gazzelle. Mi affascinano poi le produzioni più marcatamente lo-fi, su tutti i Coma_Cose, che sono un po’ dei numi tutelari per me e credo rappresentino una boccata d’aria per la musica italiana, per lo meno, dell’ultimo decennio. Ultimamente sto divorando i dischi di Colombre, anche lui top player>>.

Stiamo attraversando un periodo particolarmente difficile a causa della diffusione del Covid-19. Come stai vivendo questo momento?

<<Userei l’espressione resa virale da Lodo Guenzi mi pare: “Tengo botta”. Resto a casa, alterno insofferenza e indolenza alla consapevolezza di star facendo la mia parte. E’ un evento senza precedenti di cui si intravedono i confini storici. Come tutti mi sento abbastanza spaesato e a volte spaventato (sono abbastanza ipocondriaco e lo sto scoprendo proprio in questi giorni). Ho fatto una diretta qualche settimana fa per intrattenere i miei follower spoilerando un potenziale prossimo singolo e rivisitando qualche altro brano più datato. Per il resto ho avuto la fortuna/sfortuna di fare uscire un singolo in questo momento storico, la promozione mi ha tenuto molto impegnato nelle ultime due settimane. Sto scrivendo anche roba nuova e mi intrattengo con qualche vecchio film o cucinando (e ahimè ingrassando!)>>.

Per concludere, quali sono i tuoi progetti per il futuro?

<<Tolto quello di poter uscire finalmente di casa e ringraziare a dovere tutti coloro che mi hanno supportato in questa prima uscita (compresi i miei familiari che non vedo da quasi tre mesi), l’idea è quella di chiudermi in studio e lavorare a nuovo materiale. Conto di fare uscire un nuovo singolo per la fine dell’estate e altri durante il 2021. Credo fermamente in questa cosa dei singoli: catalizzano l’attenzione molto più di un disco che per me rappresenta un punto d’arrivo, sia sul fronte pubblico che su quello degli addetti ai lavori. Di carne al fuoco ce n’è, capiamoci, ma non credo di avere ancora la maturità tale per confezionare un portafoto di 8-9 istantanee che girino intorno a un concept preciso. Per me un disco è esattamente questo. Oltre ai singoli spero di poter tornare a fare live, inizialmente qui a Torino e dintorni, poi a Reggio, poi chi lo sa…>>.

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Donato Cappiello

Economista di professione, dedico il tempo libero alle mie due grandi passioni: i concerti e i viaggi. Qualcuno ha detto che la musica allunga la vita ed è per questo che i live sono diventati la mia seconda casa.