Recensione del nuovo album del cantautore
Arriva solo grazie ad Amici di Maria De Filippi, quasi a voler smentire la generalizzazione che vuole i talent show come il male assoluto della musica, il secondo capitolo discografico di Irama, volto già noto al pubblico grazie alla sua partecipazione al Festival di Sanremo nel 2016 con la toccante Cosa resterà e ad un disco che seppe farsi notare contrariamente all’avversa tradizione degli ultimi anni per i partecipanti non vittoriosi delle Nuove Proposte festivaliere. Plume è il secondo capitolo di un ragazzo che, malgrado la giovane età, continua a dimostrare di avere qualcosa da dire, di saper scrivere bene intercettando il gusto contemporaneo del cantato incessante pur mantenendo la radice melodica cella musica italiana più tradizionale.
Sette le tracce che compongono questo EP pubblicato per Warner Music Italia il 1 giugno 2018. Sette tracce che hanno la forza di raccontare il cantautore con verità e completezza viaggiando tra mondi, temi e sfumature particolarmente diverse. Se da una parte c’è l’estiva, trascinante e frivola Nera, che su melodie latineggianti inneggia ai balli in spiaggia e serate “con la luna piena”, dall’altra si contrappone la profonda ed intensa Un giorno in più che ha caratterizzata l’avvio di questa nuova era discografica. Su un classico pianoforte e degli archi contornati dai versi dei gabbiani si apre un brano che esordisce con “quante cose che non sai, quante cose che ti direi” quasi a voler mettere da subito in chiaro che qualcosa di prezioso si sta per schiudere con l’energia ed il pathos creato dalla repentina crescita d’arrangiamento che accompagna l’inciso dove ci si ricorda che “mi hai insegnato a vivere, ora devi farlo anche tu”.
E così tutto il disco volge a compimento lasciando spazi per la leggerezza ed il linguaggio musicale più giovane e adatto al contesto televisivo ma non mettendo mai da parte la comunicazione di un dolore, di una sofferenza interiore, di un vissuto più denso di quello di un comune ventiduenne che si confronta con gioie e dolori della vita. E se Che ne sai apre la strada dell’album proponendo un riflessione sulle esperienze della vita che non si possono mai raggiungere con pienezza, Un respiro chiude con una profondità anche melodica il percorso lasciando in evidenza la dedica dell’intero progetto e del suo racconto intenso concentrandosi sullo scorrere di un pianoforte che dona maggior potenza alle sentite parole. L’affetto e l’amore si devono arrendere di fronte allo scorrere del destino non sopportando il fatto che “un ricordo banale è tutto ciò che resterà di te” prima di rendersi conto che “so che non tornerai” in un’ultima strofa totalmente libera nell’espressione del sentimento.
A metà strada tra i due mondi si collocano Che vuoi che sia, dedica d’amore struggente che su una chitarra acustica e dei leggeri archi si apre verso un racconto per immagini che ha come slogan finale un dolce e sussurrato “mi prenderò io cura di te”, Voglio solo te, ballata d’amore più contemporanea e contaminata pur mantenendo nel ritornello ultra-melodico la propria chiave di volta, e Per sempre, che unisce delle strofe lente ad un inciso più up-tempo e incalzante.
In definitiva questo ritorno tanto sperato e atteso di Irama si rivela esattamente per quello che ci si aspettava: un disco completo, organico ed eterogeneo capace di mettere sempre in evidenza l’ottima capacità autorale del suo propositore dotato del rarissimo dono di essere capace di unire con maestria la tanto cara melodia italiana, data ormai per dispersa tra le minacciose ombre della trap, e un linguaggio fresco e contemporaneo ricco di suggestive immagini e di una capacità narrativa invidiabile. Dietro ai brani di Irama c’è un racconto, un senso che va ben oltre l’orecchiabilità o le comuni rime-fatte. Un disco, questo Plume, che convince in tutte le sue parti, soprattutto in quelle più intense e vere, quelle che più mostrano il cuore di Irama e di nessun altro. Bentornato!
MIGLIORI TRACCE: Un giorno in più – Un respiro
VOTO COMPLESSIVO: 7.9/10
Ilario Luisetto
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