Qualche giorno fa ho avuto la possibilità di realizzare una bellissima chiacchierata con Tony Maiello, giovane cantautore nostrano che il pubblico ha potuto conoscere nella prima edizione di X-Factor (quella che ha dato il la a Giusy Ferreri, Antonio Maggio, Ilaria Porceddu, Silvia Aprile e Emanuele Dabbono tra gli altri) e poi nel Festival di Sanremo del 2010 dove ottenne la vittoria tra le Nuove Proposte con il brano Il linguaggio della resa prima che i riflettori si spegnessero per riaccendersi solo recentemente quando è riemerso prepotentemente (e meritatamente) in veste di autore per i brani di Laura Pausini, Giorgia, Francesco Renga ma anche Lorenzo Fragola, Raige, Lele e Simonetta Spiri. Da qualche settimana è finalmente tornato in prima persona in radio con In alto, il suo nuovo singolo che apre un percorso importante che lo riporterà su di un palco e al nuovo album d’inediti.
Nella nostra chiacchierata, partita su toni istituzionali ma poi subito sviata verso un’immediatezza ed una spontaneità tipiche della “napolanità” di Tony, abbiamo parlato della sua musica, di cadute e ripartenze, della sua esperienza autorale ma anche di tendenze musicali traendone interessanti riflessioni come se fossimo due amici davanti ad un caffè conoscendoci da tempo. Un ragazzo semplice, capace di riconoscere i propri passi falsi ma anche di non arrendersi e ripartire ogni volta più forte e determinato perché la musica è il suo obiettivo nonché la sua necessità vitale.
Vi lascio dunque a questa piacevolissima intervista (in realtà adotterei più volentieri il termine “chiacchierata” perché di questo ho avuto la sensazione che si trattasse) invitandovi ad annotare in agenda un importante appuntamento che sono riuscito a strappare a Tony: una straordinaria live session digitale condita da altrettanti spunti, curiosità e chiacchiere che realizzeremo per l’uscita del prossimo singolo inedito atteso per quest’estate. Nel frattempo, buona lettura!
Allora Tony partiamo dal presente. Intanto come stai? Che periodo è per te quello che stai vivendo?
<<Bene bene, sto molto bene. Questo è un periodo positivo con tanta bella musica per quanto riguarda l’aspetto lavorativo. Nell’ambiente personale tutto sereno, ogni tanto si fa nuvoloso ma ci sta perché serve per scrivere poi (ride)>>.
Da qualche giorno è uscito il tuo nuovo singolo dopo tanta attesa. “In alto” racchiude un significato particolare per te? Che canzone è per te e per il tuo percorso artistico?
<<Assolutamente si, è una canzone con un significato molto importante. E’ una canzone che in un primo momento era nata senza musica, una cosa che io faccio a livello terapeutico: spesso scrivo, a volte nemmeno in rima, senza pensare alla forma canzone che arriva magari soltanto dopo. “In alto” è nata come un inno, un mantra per farmi forza nei momenti in cui i pensieri hanno un peso importante. E’ un brano che nasce da un bisogno personale in un primo momento che poi si è esteso all’invito a guardare la vita da un’altra prospettiva, appunto dall’alto da dove magari è più facile intuire la strada da intraprendere per evitare la via sbagliata>>.
Questo ritorno sulle scene arriva dopo un periodo difficile del tuo percorso arrivato dopo la vittoria del Festival di Sanremo tra le Nuove Proposte nel 2010 quando il decollo tra i big non è avvenuto.
<<E’ stata una falsa partenza su cui ha pesato molto insieme al fatto di essere diventato quasi una meteora. Mi sono totalmente distaccato dalla musica per un periodo malgrado continuassi a scrivere per esorcizzare quei mostri di cui accennavamo prima: ho fatto dal broker assicurativo al grafico web per rimettere in ordine i pezzi del puzzle. Da questo periodo di ricerca è arrivata la volontà di ripartire da una realtà alternativa che è stata quella dell’autore che mi ha riportato a voler tornare su un palco in prima persona con questo progetto che è partito da “In alto” e proseguirà con altri singoli e poi l’album>>.
Quanto è stato importante per te non demordere, continuare a lavorare e a scrivere?
<<Assolutamente si, è stato un gancio che mi ha tenuto attaccato alla speranza anche perché è stato un periodo abbastanza difficile anche a livello psico-fisico. L’importante è proprio trovare questo gancio che sia la famiglia piuttosto che gli amici o la musica che per me è stata la medicina importante che mi ha aiutato a tenere accesa la spia che mi ha permesso di tenere con me tutte le emozioni, anche difficili, da mettere insieme nel mio percorso>>.
Negli ultimi due anni come accennavi poco fa sei stato riconosciuto da molti come una delle realtà più interessanti tra i giovani autori pop della nostra scena musicale. In breve tempo i tuoi pezzi sono comparsi nei dischi di grandi artisti come Laura Pausini, Francesco Renga e Giorgia. Come ti trovi nella veste di autore per altri?
<<Mi sento a mio agio anche perché è un’emozione grande sentire le proprie parole cantate da altre voci e quindi in qualche modo da un altro cuore. E’ stato un po’ “forzato” perché mi ci sono ritrovato quasi casualmente: da qualche periodo andavo in giro per proporre il mio progetto alle case discografiche, sono stato anche preso di peso e buttato fuori da una multinazionale perché volevo a tutti i costi far ascoltare quello che scrivevo. Vincere un Sanremo e partecipare ad un talent per qualcuno era sinonimo di non riuscire più a cambiare a livello discografico: io all’epoca avevo 19/21 anni e avevo tutta la vita davanti per crescere e io volevo dimostrare appunto che Tony aveva continuato a scrivere e ad evolversi. Sono riuscito la persona che senza impegno mi ha ascoltato e mi ha consigliato di ripartire da autore per farsi ri-conoscere nuovamente dagli “addetti” per riproporre poi personalmente la mia musica. Ci vuole anche un po’ di culo, diciamocelo.
Il primo brano da autore è stato quello per Laura Pausini (“200 note”) che era un brano che io avevo nel cassetto da 5 anni: era un pezzo che dopo aver vinto Sanremo io avevo proposto per il Festival successivo e che forse non era stato nemmeno ascoltato. La soddisfazione più grande è stata sentirla cantare da Laura che l’ha resa una canzone ancora più bella divenuta anche singolo radiofonico recentemente>>.
Come decidi che un tuo pezzo è destinato a qualcun altro? Nasce con quell’intenzione oppure la consapevolezza arriva soltanto in un secondo momento?
<<Arriva dopo: ho sempre evitato la “catena di montaggio” che ti porta a “pensare… scrivere per…”. Il segreto, forse, che mi ha fatto apprezzare da artisti molto diversi tra di loro, considerando che ho scritto un pezzo per Raige che è un rapper, è stato quello che sono un po’ un camaleonte: a secondo del mio stato d’animo scrivo e può uscire un pezzo ballabile ma anche una ballatona romantica. E’ stato questo che mi ha permesso di avere più brani da inviare ad artisti diversi, non ho mai pensato di scrivere in “funzione di…”: è una cosa che forse non sarei nemmeno capace di fare perché mi creerebbe troppi paletti>>.
C’è un brano che hai scritto per un altro artista a cui sei particolarmente legato o che ti ha emozionato particolarmente scrivere o sentire inciso da qualcuno che non eri tu?
<<C’è un brano in particolare che ha segnato questa mia nuova vita che è “200 note”, un brano al quale sono legatissimo perché mi ricorda un periodo del mio percorso di vita privata. Alla fine, però, dico sempre che tutti i brani sono figli miei quindi sono legato a tutti; se proprio me ne chiedi uno direi “200 note” soprattutto per quello che ha permesso dando il via a questa mia nuova strada>>.
Dopo “In alto” so che arriveranno altri singoli prima della pubblicazione del nuovo album d’inediti atteso in autunno a meno che non ci sia qualche variante…
<<Sicuramente per l’estate vorrei lanciare un altro brano soprattutto perché vorrei raccontare il prossimo album passo dopo passo poi, i tempi di pubblicazione del disco ovviamente dipendono da tanti fattori>>.
Che cosa ci aspetterà dai prossimi brani e dal disco? Dobbiamo aspettarci un Tony totalmente nuovo oppure ci saranno dei rimandi al Tony di qualche anno fa?
<<E’ quasi tutto nuovo anche se nel disco ci saranno alcune ballad che riporteranno al Tony dell’inizio ma che saranno comunque rinnovate. Mi fa piacere che si noti questo cambio radicale che è partito da me stesso>>.
Parlando proprio di cambiamenti: rispetto a “Il linguaggio della resa”, che è il brano con cui hai vinto il Festival, c’è stato anche un cambiamento nell’approccio alla scrittura negli ultimi anni?
<<Certo, assolutamente si. “Il linguaggio della resa” era quel lampo di genio che è capitato in quel periodo e, infatti, mi sono reso conto poi che non era contornato da un album di cui io fossi davvero sicuro come è quello a cui sto lavorando dove c’è una ricerca. In quell’album era stato tutto più veloce: avevamo ripreso alcune tracce passate, altre erano state scritte in tutte velocità nel momento finale e “Il linguaggio della resa” era l’unico brano maturo di quel progetto.
Sicuramente è cambiato il modo di scrivere anche perché quando si riesce a mettere le mani dentro ad un periodo che è passato si hanno molte più cose da dire; a 19 anni ero un ragazzo tranquillo con i sogni ancora da far partire e senza alcun “problema”>>.
Molti dei brani che hai scritto negli ultimi tempi, come d’altronde anche “In alto”, propongono un arrangiamento electropop che incontra il gusto più diffuso di quest’ultimo periodo. Quando scrivi te li immagini esattamente così oppure ti è capitato di immaginarli diversamente da come sono stati poi prodotti?
<<Mi è capitato solo con un brano, “Scriverò il tuo nome” di Francesco Renga, che avevo scritto come una ballad molto più lenta ed il fatto di trasformare il mood della canzone è stata una decisione di Michele Canova, il produttore di Francesco, che è un grandissimo della produzione dei nostri giorni. E’ stato l’unico coso in cui l’arrangiamento è cambiato rispetto a come l’avevo pensato ed è cambiato in meglio devo dire sorprendendomi anche inizialmente. In realtà io scrivo quasi sempre molto con una direzione ben precisa tant’è che, per esempio, il prossimo singolo sarà un pezzo funky che è nato così e non lo si può cambiare>>.
Ti ritrovi dentro questo grande contenitore dell’electropop più contemporaneo che tanto sta spopolando?
<<Sono molto attento a quello che c’è in giro, sono davvero un curioso e mi ritrovo dentro questo contenitore stilistico che in qualche modo avevo già tentato quattro anni fa con “Chi ha inventato i sentimenti” che allora, forse, era troppo azzardato mentre oggi ci ritroviamo con quegli stessi ingredienti definiti “moderni”>>.
Proviamo a guardare avanti ancora una volta allora: c’è qualche collega giornalista che sostiene come questo electropop, in realtà, abbia già stancato e sia acqua passata. Quali sono secondo te le nuove frontiere? Tra qualche anno cosa suoneranno le radio?
<<E’ vero, le cose stanno già cambiando. Nessuno, ad esempio, avrebbe mai immaginato che un gruppo come Lo Stato Sociale avrebbe riempito il Mediolanum Forum e che l’indie si avvicinasse così tanto alle radio (o viceversa). La musica si sta un po’ intellettualizzando, il che non guasta, ed è per questo che io mi aspetto tra qualche anno un ritorno al cantautorato come si faceva un tempo e cioè che ognuno se la fa e se la suona come si dice. Il fenomeno di Ermal Meta non è un caso per dire: dal fare l’autore ha preso il volo come artista vero e proprio seguito da tante persone che lo sostengono in prima persona. Io credo che l’interprete, se non quello davvero big, stia andando in contro ad un suicidio preannunciato perché finchè si ha a disposizione il proprio autorino che scrive le canzoni allora ben venga, ma nel momento in cui l’autorino inizia a cantarsele le proprie canzoni allora ci sono un bel po’ di teste che traballano. Penso che stiamo andando verso quella direzione lì>>.
Mi trovo personalmente molto d’accordo con quanto dici e i numeri parlano chiaro: c’è un folto gruppo di giovani ragazzi che dalla dimensione di autori stanno emergendo come artisti a tutto tondo da Ermal Meta fino a Francesco Gabbani piuttosto che Federica Abbate o tu stesso.
<<Non è una polemica anche perché ce ne sono di interpreti bravissimi in circolazione ma sinceramente penso che torneremo ad avere molti meno interpreti e molti più cantautori>>.
Penso che anche nello stesso mondo dei talent qualcosa si stia muovendo in questo senso: pensiamo a qualche anno fa spesso gli inediti che i ragazzi proponevano non erano quasi mai firmati da loro stessi ma arrivavano da autori esterni (Federica Camba e Daniele Coro piuttosto che lo stesso Ermal Meta o Roberto Casalino) mentre, invece, negli ultimi tempi sempre più gli inediti sono scritti dagli stessi ragazzi (a volte anche con risultati discutibili ma nell’edizione di Amici attuale, ad esempio, su 7 cantanti 4 hanno un inedito che porta la loro firma).
<<E’ vero ma c’è comunque ancora qualcosa da cambiare perché se dopo 1 o 2 anni dal talent si arriva ad annullare i concerti c’è qualcosa che non funziona>>.
Ti lascio con le nostre ultime rituali domande che facciamo in chiusura di ogni intervista. Se dovessi scegliere una tua canzone che consiglieresti ad una persona che non ha mai ascoltato nulla della tua musica per quale pezzo opteresti?
<<Mi vedi costretto a dire “Il linguaggio della resa” che è quella più romantica mentre, invece, se ha bisogno di sentirsi forte e ricco di energia gli farei ascoltare “In alto”>>.
Tra quelle, invece, che hai scritto per altri artisti?
<<Beh sicuramente “200 note” ad oggi>>.
E se, infine, potessi scegliere una canzone da rubare alla storia della musica italiana per vantarti di averla cantata o scritta tu quale sceglieresti?
<<Ce ne sono un bel po’ ma sceglierei “Mi sono innamorato di te” di Tenco>>.
Ilario Luisetto
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