mercoledì 11 Dicembre 2024

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Alfa: “Il romanticismo mette da parte l’ego e ascolta il prossimo” – INTERVISTA

A tu per tu con Alfa, in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “Il filo rosso”. La nostra intervista alla vigilia della pubblicazione di questo suo nuovo tassello discografico

Un 2024 da incorniciare per Alfa, che in questa nostra intervista si racconta a cuore libero, con la spontaneità che lo ha sempre caratterizzato. “Il filo rosso” è il titolo del tuo nuovo singolo, fuori per Artist First da venerdì 18 ottobre, un brano personale quanto collettivo, che esprime l’universalità dell’amore anche attraverso la sua originale composizione durante una diretta Instagram.

Il cantautore genovese prosegue il suo viaggio nei sentimenti con questo azzeccatissimo inedito. In fondo è vero che l’amore ci fa dormire male per cinque ore e pensarci per tutte le altre diciannove. Ed è un brano talmente vero che coglie sia i lati oscuri dei sentimenti, ma anche tutta la bellezza che ne viene esaltata.

Alfa, la nostra intervista

Ci racconti del processo creativo originale che ha portato alla nascita di questa canzone?

«Sì, è un brano molto collettivo, nasce da una mia diretta su Instagram, perché diciamo che dopo Sanremo vedevo che le cose stavano diventando troppo strutturate per il mio gusto e quindi volevo tornare a essere un po’ più spontaneo. Stavo scrivendo questo pezzo che mi stava piacendo molto, ho fatto questa diretta, il brano è piaciuto al punto che è entrato immediatamente nei ricordi e nelle vite di un sacco di persone, questo grazie al web. All’inizio il pezzo aveva un titolo diverso: “Tutto da rifare”, grazie a quelle interlocuzioni è diventato “Il filo rosso”. Quindi credo che si tratti di uno dei primi casi di co-working musicale. Ringrazio il mio pubblico che è super creativo».

In questa canzone racconti le varie fasi dell’amore: da sconosciuti ad innamorati fino a innamorati e sconosciuti. È una canzone che si rivolge potenzialmente a tutti?

«Beh, diciamo che io volevo fare un inno collettivo. Nasce da un’immagine che mi capita sempre di vedere quando vado in tour, quando torno a Genova, io prendo il treno e ogni volta a Milano Centrale vedo le coppie e le famiglie che si salutano. Il saluto in stazione, anche se tu non conosci le persone coinvolte, emoziona immediatamente. E mi piaceva l’idea di dedicare una canzone a quel momento lì, perché nella mia testa io non conoscevo canzoni che sono dedicate particolarmente ai rapporti a distanza, che sono quelli che hanno il filo rosso più lungo, se ci pensi».

A proposito di amore, qual è la tua definizione di “romanticismo” e come pensi si sia evoluto questo termine oggi?

«Oggi è un termine in via distinzione probabilmente. È un’attitudine curiosa che mette da parte l’ego e ascolta il prossimo. Secondo me, i veri romantici sono quelli che hanno la pazienza di aspettare e di ascoltare. Nell’epoca attuale, tendiamo tutti a essere tremendamente egocentrici, proprio per questo lo considero un termine in via distinzione».

Quanto reputi importante che il pubblico si senta coinvolto nelle storie che racconti?

«Molto, diciamo che io sono passato da una scrittura molto tipografica a una scrittura più impact, soprattutto dopo aver conosciuto il mondo dei live ho capito che premiano le canzoni più corali, più collettive e quindi il mio songwriting è cambiato negli anni. Cerco sempre di non nascondere le mie esperienze personali, perché poi alla fine parto da quello che mi capita per poi cercare sempre di estendere il concetto, affinché più persone possibili possano condividerne la visione, ed è bello così».

Stai per ripartire in tour nei palazzetti: Roma, Bari, Napoli e Milano, ma prima l’8 novembre, ti esibirai per la prima volta a Londra, la tua prima tappa europea. Come stai vivendo l’idea e come te lo immagini quel momento?

«Per me è molto strano, sono sempre stato a Londra come turista, mai per esibirmi, mai come cantautore. È un tipo di esperienza nuova e spero che sia l’inizio di un piccolo percorso europeo, perché poi alla fine le comunità italiane sono da ogni parte del mondo, mi piacerebbe poter fare quelle quattro-cinque date europee, anche per conoscere un altro tipo di approccio a live, conoscere artisti lì. Un primo passo l’ho fatto con Rosa Linn e Mr Gabriel, con le nostre collaborazioni. Quel mondo mi affascina molto, non tanto per un successo internazionale, non conto di cantare in inglese, ma mi piacerebbe poter lavorare con artisti che stimo, a prescindere dalla loro nazionalità».

Questo 2024 è per te un anno da incorniciare, il debutto a Sanremo, la collaborazione con Vecchioni, poi l’uscita del disco “Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato” e l’uscita estiva di “Vabbè ciao”. Come gestisci la pressione e come vivi le aspettative che rappresentano due conseguenze del successo e della popolarità?

«È una bella domanda, perché comunque non ho ancora imparato a trovare un equilibrio che mi faccia stare effettivamente bene e sono ancora comunque giovane per risolvermi emotivamente. Dopo Sanremo non è stato un periodo facile, nonostante fosse andato bene, tutto è stato molto intenso a livello di lavoro e intenso a livello emotivo. La mia quotidianità è cambiata, prima mi fermavano a fare selfie con i ragazzi, con i miei coetanei, mentre adesso mi fermano nonne, genitori, adulti, quindi sento che la mia libertà è un po’ cambiata e quella cosa per me è stata un po’ strana, perché poi quando il successo arriva, inevitabilmente un po’ ti intossica. Grazie a Dio ho un’ottima etichetta discografica che mi sta dietro, ho degli ottimi amici, ho una famiglia solida e tutti loro, quando sento che sto andando un po’ sulle nuvole, mi riportano giù a terra».

Per concludere, la tua discografia si arricchisce sempre più di nuovi tasselli. Se dovessi consigliare una delle tue canzoni a qualcuno che non ti conosce, quale sceglieresti in questo momento della tua carriera?

«Potrebbe sembrare una risposta semplice ma “Bellissimissima” credo che sia a oggi il mio esperimento di leggerezza, semplicità e, in qualche modo, iconicità, più riuscito e ne vado molto fiero. Al pari delle barre di “Sogna ragazzo sogna”. Io credo soltanto che se oggi la mia musica esiste e viene ascoltata, vuol dire che c’è un tipo di esigenza di alternativa e, molto umilmente, mi sento di essere l’alternativa a un determinato tipo di approccio comportamento che rappresenta una buona parte della mia generazione disillusa. Mi piace pensare che fuori ci siano ancora un po’ di romantici ed è a loro che mi rivolgo».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.