sabato 23 Novembre 2024

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Valentina Lupi: “La musica ti restituisce l’amore che le dedichi” – INTERVISTA

A tu per tu con Valentina Lupi, per parlare del disco “Madre non madre”. La nostra intervista alla vincitrice del Premio Bianca d’Aponte

Valentina Lupi è la vincitrice del Premio Bianca d’Aponte, il più prestigioso concorso italiano per cantautrici giunto quest’anno alla sua ventesima edizione. La cantautrice laziale trionfa grazie al brano “Non potevi mancare tu” ricevendo anche il Premio della Critica “Fausto Mesolella” a pari merito con Irene Di Brino e emozionando il pubblico del teatro Cimarosa di Aversa durante le serate finali del 25 e 26 ottobre. Valentina si aggiudica anche il premio dell’etichetta femminile Maieutica Dischi di Veronica Marchi (vincitrice della prima edizione del Premio) per la produzione e pubblicazione di un brano.

“Non potevi mancare tu” è estratto da “Madre non Madre”, progetto uscito il 10 novembre 2023 per Romolo Dischi che ha segnato il ritorno discografico di Valentina Lupi, cantautrice e figura particolarmente apprezzata nella scena underground romana. Ecco cosa ci ha raccontato la diretta interessata.

“Non potevi mancare tu” è un brano molto intimo. Qual è il messaggio principale che desideri trasmettere attraverso questa canzone?

«Più che un messaggio ho voluto raccontare la mia storia, il rapporto di complicità che ho con il mio compagno di vita, mio marito, anche quando tutto non fila liscio e ci si ritrova a dover combattere contro certi disagi e ostacoli. Non esiste nulla che non si possa affrontare con un rapporto d’amore forte e affidabile che fa da paracadute».

Il tuo ultimo album, “Madre non Madre”, esplora il concetto di maternità in modi diversi. Come hai sviluppato questa idea e cosa significa per te?

«Ho sviluppato questa idea durante la pandemia. Chiusa in casa, con un bimbo di due anni , senza poter uscire, ho iniziato ad interessarmi di storie di donne che non stavano vivendo rapporti sani con la maternitá. Volevo raccontare il loro disagio, che in parte stavo sentendo anche io, mi sentivo molto sola. Dopo la gravidanza avevo sofferto di baby- Blues che fortunatamente ero riuscita a superare non senza ferite. Pensavo al rapporto con mia madre stroncato troppo presto a causa della sua scomparsa. Parlavo molto con le mie amiche, alcune delle quali non riuscivano ad avere figli, allora pensai ad un concetto piú ampio di maternità. Le donne non solo possono essere madri biologiche di un figlio ma anche madri dei loro progetti, delle loro carriere, delle loro opere d’arte. Ci sentiamo madri sempre di qualcosa, di qualcuno, come se lo conoscessimo giá».

In che modo la produzione di Adriano Viterbini ha influenzato il suono e l’atmosfera dell’album? Cosa ti ha colpito di più della sua collaborazione?

«Quando ho iniziato a concepire questo progetto nella mia testa, Adriano è stato il mio primo pensiero. Lo conoscevo dai miei esordi nella musica, siamo amici. Lui ha saputo comprendere da subito la psicologia di ogni brano, il mood. Ci siamo fidati entrambi delle nostre scelte ,sentivamo che le canzoni si trasformavano nel modo giusto, e abbiamo tenuto a mente sempre il messaggio che quella musica si portava dietro».

Come descriveresti la tua evoluzione da “Non voglio restare Cappuccetto Rosso” a “Madre non Madre”? Quali cambiamenti hai notato nel tuo stile e nei tuoi temi?

«Sicuramente per la forza creativa che ho sentito dentro, i due album si somigliano. Venti anni fa ero piú acerba, con un bagaglio diverso da adesso, sia umano che musicale, scrivevo comunque di pancia e l’amore che cantavo era spesso combattuto, non realizzato. Oggi credo di avere una scrittura piú consapevole, un suono piú ricercato,piú in armonia con quello che sono diventata e che ho ascoltato negli anni».

Hai ricevuto molti riconoscimenti nel corso della tua carriera, tra cui di recente il Premio Bianca d’Aponte. Cosa significano per te questi successi e come influenzano – se influenzano – il tuo approccio alla musica?

«Avere riconoscimenti per la propria musica è certamente gratificante e stimolante. Io cerco di fare solo buona musica, quella che comprerei se dovessi entrare in un negozio di dischi. La credibilità, la ricerca, sono dei punti saldi nella mia produzione».

Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che senti di aver appreso fino ad oggi dalla musica?

«La musica ti restituisce l’amore che le dedichi. È una compagna fedele soprattutto nei momenti bui, è lì che ti sostiene e ti chiama. Mi ha teso la mano tante volte anche quando la allontanavo da me, mi ha aspettata».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.