sabato 16 Novembre 2024

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Sanremo Giovani 2024, conosciamo meglio Tancredi – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore in gara a Sanremo Giovani 2024 per parlare del brano “Standing ovation”. La nostra intervista a Tancredi

Tra i 24 semifinalisti di Sanremo Giovani 2024, spicca il nome di Tancredi, cantautore milanese classe 2001, in gara con il brano “Standing ovation”.

Il brano, prodotto con Giordano Colombo, è un pezzo dalle venature ironiche che gioca con gli estremi miscelando diversi mondi sonori: un’attitudine rap pur all’interno del pop, un ritornello che vuole replicare attraverso la sua melodia lo stato di confusione di un mondo che sembra andare sempre peggio.

Tancredi ha superato la prima puntata di Sanremo Giovani 2024, trasmessa martedì scorso su Rai2, garantendosi l’accesso alla semifinale del prossimo 10 dicembre. Conosciamolo meglio.

Sanremo Giovani 2024, Tancredi, l’intervista

Che dire, buona la prima. Il primo step è superato, mi riferisco naturalmente alla prima puntata di Saremo Giovanini 2024. Come hai vissuto quel momento?

«È stato molto rapido, perché mi sono esibito quasi subito, ho cantato per secondo. Alla fine la performance è di due minuti e mezzo, quindi è volato, ma sono contento perché quest’anno mi sento molto a fuoco, mi sono preparato bene da ogni punto di vista. Il brano che ho scelto è più di attitude che è di cantato, per questo sto lavorando molto anche sull’aspetto visivo, sullo staging, con il desiderio di realizzare un level up. Dopo essermi rivisto posso dirti che sono in parte soddisfatto, certo c’è sempre da migliorare, ma per il mio accentuato spirito critico è un buon risultato».

“Standing ovation” è il titolo del brano che hai scelto di presentare in concorso. Cosa ti ha spinto a proporlo per Sanremo Giovani?

«Avevamo una rosa di brani, anche di generi abbastanza differenti. Alla fine, abbiamo scelto in team quello che potesse generare un po’ più di discussione, non so come dire, anche solo per il fatto che non è puramente cantato. Secondo me è un pezzo abbastanza imprevedibile, che vedo molto forte in un contesto televisivo come questo. Quindi è stato il sound in generale, l’attitude, perché secondo me questo brano riesce a far fuoriuscire un po’ la mia personalità e tutta la fame da palco che ho».

È un pezzo che considero una specie di “cavallo di Troia” del sistema discografico, perché seppur con ironia non le mandi certo a dire. Chiaro che nel verso “questa notte do fuoco a una major” lo dici per provocazione. Però quando parli della “giostra che più gira più scava la fossa”, stai cantando uno spaccato crudo e reale del mondo agonistico-musicale, no?

«Ti dirò la verità, il primo verso è dedicato a questa cosa dell’emergere un po’ spavalda, un po’ ironica, ma dopo con la metafora della giostra parlavo più in generale del mondo, della vita delle persone, non del mondo musicale. Solo che poi, essendo un concetto dietro l’altro, sembra che si parli dello stesso tema,  quindi per me non ha quella valenza lì, però se gli altri vogliono attribuircela, a me va benissimo. Sai, non ho spirito decisionale per tutti, anzi trovo divertente che ognuno possa vederci ciò che vuole e che ci siano diverse chiavi di lettura. Alla fine, lo trovo stimolante».

Lo scorso anno ti sei presentato a Saremo Giovani con “Perle”, che è un brano altrettanto bello, ma con un attitude, come dici tu, differente. Io mi sono fatto questo film: ho ragionato sul fatto che la gente magari voglia da te il Tancredi di “Las Vegas” e che tu lo abbia fatto a tuo modo, sapendo cosa dire e come volerlo dire…

«Sai, me ne sto rendendo conto adesso, non è stata una cosa voluta. Sto ricevendo veramente un bel riscontro per questo brano e capisco che effettivamente la gente vuole questo da me. Si tratta di un qualcosa che, naturalmente, piace anche tanto a me, solo che sto realizzando che deve essere un po’ il tratto portante del mio percorso, la caratteristica che il pubblico apprezza di più. Per un periodo stavo portando avanti un altro tipo di pezzi, come appunto “Perle”, ma ho capito che questo cose un po’ più nostalgiche devono essere più delle chicche. Con “Standing ovation” ho capito quindi che devo fare il contrario, ma non è stata una cosa ragionata a priori, non mi sono detto: ok diamo un mood tipo “Las Vegas” perché funzionerà di sicuro. In effetti, sto realizzando questa cosa proprio adesso. Sono cresciuto mentalmente da non dover disprezzare un lato di me più simpatico, anche se mi piace scrivere e cantare anche canzoni più tristi, mi rendo conto che la gente vuole da me questo lato un po’ più ironico, divertente, energico e provocatorio».

Per concludere, al di là del passaggio e della possibilità di giocarti la finalissima di Sanremo Giovani a dicembre, cosa speri di ottenere attraverso questa esperienza?

«In generale, vorrei più riconoscimento e cercare quella consacrazione che con tanta passione e tanto sudore desidero poter raggiungere. Sono sempre in studio, lavoro costantemente e spero che sia arrivato il momento giusto per far sì che arrivi il mio impegno e il mio messaggio. Sto lavorando al disco, sta prendendo forma un progetto che definisco anche un po’ audace per via delle scelte che sto prendendo. Non sarà un album troppo scontato, non sarà un disco solo di singoli o di robe che ti martellano la testa, ma un qualcosa di più stilistico. Sento che sia arrivato il momento di fare e non vedo l’ora di farlo sentire alla gente!».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.