venerdì 22 Novembre 2024

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Ilaria Porceddu e la sua classe in un coraggioso album “Di questo parlo io” – RECENSIONE

A distanza di 4 anni dal suo ultimo lavoro discografico Ilaria Porceddu è tornata a proporre un nuovo progetto discografico sotto la direzione artistica di Francesco Gazzè, Clemente Ferrari e Francesco De Benedittis per l’etichetta Linea due – Pirames International. Una delle artiste più interessanti mai uscite dai talent-show italiani (X Factor) e che ha saputo con il suo talento imporsi al pubblico come una delle voci più sinuose, eleganti e delicate del panorama femminile italiano interpretando brani ricercati, raffinati e adatte al suo profondo senso della misura mai eccessiva nell’espressione artistica e vocale.

La cristallina voce di Ilaria ci avvolge in tutta la sua bellezza e intensità nel brano che apre l’album “Sas Arvures”, interpretato nella sua lingua madre: il sardo, per l’appunto. Scritto con l’autore Alessandro Carta per la colonna sonora del cortometraggio “Per Anna” compreso nella cinquina dei David di Donatello 2015, il brano mostra il legame dell’artista con la sua terra, ri-sottolineato nel pezzo che chiude l’album, “Lu Curaggiu” e che in, qualche modo, chiude il cerchio magico del racconto che allo stesso modo si aperto.

ll lato pop della Porceddu è ben rappresentato da due brani radiofonici scritti ad hoc per lei dal prestigioso team di autori che ha collaborato al disco e che ha scritto in passato per Max Gazzè, Nek, Carmen Consoli, Marco Mengoni:  “Sette cose”, singolo che ha anticipato una settimana prima l’uscita dell’album, e “Eva si fa fare”, dalle strofe che ricordano il mondo autorale di De Andrè – di cui Ilaria è una delle più delicate testimoni – e con ritornelli dall’aria internazionale firmati Francesco De Benedditis, Antonio Toni e Francesco Gazzè.

I brani, 9 in totale, si rincorrono rivelandoci le diverse sfaccettature della nuova Ilaria che ha scritto quasi tutte le musiche dell’album: più matura nel brano che porta il titolo dell’album “Di questo parlo io”, firmato in collaborazione con l’attore ed ex fiamma Attilio Fontana, o allegramente spensierata in “Cest l’amour”, un valzer a metà tra suoni elettronici, fisarmonica ed un arrangiamento che strizza l’occhio alle ariose orchestrazioni degli anni ’50 e ’60.

Le tracce sonore si alternano in ambienti sonori e letterari diversi, sempre di grande livello e originali: raccontano storie, come in “Lisa”, un lieve quadretto dedicato alla nonna – figura chiave della vita di Ilaria – o si aprono a importanti momenti radiofonici come avviene nel duetto con Max Gazzè in “Tu non hai capito” in cui si districa un rimando tra innamorati scandito dall’inconfondibile linea stilistica di basso di Max che sa rendere orecchiabile e trascinante qualsiasi cosa tocchi.

L’apice è raggiunto con il miglior brano in assoluto di questo nuovo lavoro discografico: “Tabula Rasa”,  scritto da Ilaria con Francesco Gazzè e Gae Capitano (che avevano già collaborato nel “Il Dio delle Piccole Cose” inserito nel pluripremiato album “Il padrone della festa”di Fabi Silvestri Gazzè) in cui un delicato arrangiamento di archi e pianoforte sostiene intensamente una linea melodica ricercata su cui scorre un bellissimo testo moderno e raffinato, che fonde immagini di grande scrittura ed elegante poesia con flash cinematografici senza sottointesi (il brano è infatti segnalato come “esplicito” dalle varie piattaforme) e che riesce finalmente a vestire e mostrarci in tutta la sua bellezza e assoluta verità questa artista talentuosa e fuori dagli schemi. Un racconto crudo, immediato e sincero trova il suo miglior alleato in una melodia fantasticamente fiabesca che rimanda alle grandi canzoni che oggi giorno sempre meno, purtroppo, ascoltiamo. Ilaria interpreta delicatamente raccontando in un sussurro la pochezza di una vita vuota esprimendo rabbia e dolore contemporaneamente senza mai forzare o risultare eccessiva nella difficile arte di espressione vocale che, come questo brano dimostra, non necessita obbligatoriamente di strilla ed urla per risultare convincente e profonda.

Un album coraggioso visto che ha saputo unire raffinatezza e talento in un modo nuovo senza ricorrere a scorciatoie sonore, oggi fin troppo abusate, o testuali utilizzando un linguaggio che, pur nella sua semplicità, ha saputo sfuggire alla banalità proponendo testi interessanti e cuciti appositamente su misura di una voce che merita attenzione.

MIGLIOR TRACCIA: Tabula rasa

VOTO COMPLESSIVO: 8.5/10

TRACKLIST [autori]:

  1. Sas arvures [Alessandro Carta – Ilaria Porceddu]
  2. Eva si fa fare [Francesco Gazzè, Ilaria Porceddu, Francesco De Benedittis]
  3. Di questo parlo io [Francesco Gazzè, Attilio Fontana, Ilaria Porceddu]
  4. Tu non hai capito (feat. Max Gazzè) [Francesco Gazzè, Francesco De Benedittis, Alessandro Ciuffetti]
  5. Tabula rasa [Francesco Gazzè, Gaetano Capitano, Ilaria Porceddu]
  6. Sette cose [Francesco De Benedittis, Antonio Toni]
  7. Lisa [Ilaria Porceddu, Attilio Fontana]
  8. C’est l’amour [Francesco Gazzè, Stefano Galafate Orlandi]
  9. Lu cor’aggiu [Alessandro Carta]
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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.