Recensione dell’ultimo album del “ragazzo d’oro” del rap italiano
Cosimo Fimi, aka Guè Pequeno, ha un curriculum abbastanza lungo e vario: dai primi anni 2000, quando insieme a Jake La Furia e il produttore Don Joe (nei Club Dogo), contribuiva all’allargamento del bacino di utenza del rap italiano, ai dischi da solista, sempre in vetta alle classifiche. Nel 2011 ha fondato la sua etichetta Tanta Roba Label, che ha prodotto negli anni dischi di Salmo, Fedez, Gemitaiz, Madman e Ghali dando un contributo fondamentale al movimento rap in Italia. Oggi, a 37 anni, ha appena firmato con l’etichetta BHMG (ne abbiamo già parlato qui) e pubblicato Sinatra, nuovo disco d’inediti uscito lo scorso 14 settembre che ha debuttato al primo posto della classifica FIMI.
Guè nella sua lunga carriera ha sempre mostrato la capacità di rinnovarsi senza apparire schiavo della moda del momento, ha saputo cavalcare le tendenze senza finirci fagocitato dentro, dal 2005 ad oggi (considerando anche i dischi usciti con i Club Dogo e con Marracash) ha pubblicato un disco all’anno, collaborando con vecchi e nuovi volti della scena rap italiana: solo nel 2018 è comparso, finora, in 10 dischi italiani, tanto per far capire il peso che il rapper milanese ha all’interno di questo “rap game”.
Se la musica oggi dura sempre meno e un disco dopo qualche settimana viene considerato superato, Guè Pequeno rappresenta al 100% la conseguenza di questa considerazione: Sinatra arriva sugli scaffali a poco più di un anno di distanza dall’ultimo (fortunato) Gentleman, 12 tracce per un disco che suona moderno e che incarna perfettamente le caratteristiche di ciò che più di tutto vola in classifica in questo preciso momento. Un disco tutto sommato corto per gli standard di Guè e del rap italiano in generale, tra le 12 poche superano i 3 minuti e mezzo e anche questo fattore può essere ricondotto al modo in cui lo spettatore medio ascolta i dischi nel 2018, poca attenzione e pochissimo tempo concesso al brano.
Come dichiarato dallo stesso artista, non c’è un filo conduttore all’interno del disco, le tracce sono state prodotte per “colpire” e Guè per farlo utilizza le sue armi migliori: incastri e flow che, come sempre, sono di altissimo livello. Impressionante è la capacità di esprimersi al meglio su ogni tipo di beat esistente, da quelli più trappeggianti (e sono molti all’interno dell’album) a quelli più vicini al rap classico. Altra nota importante è l’alto numero di featuring presenti: se prevedibili appaiono quelli con gli amici Marracash e Luchè e con i compagni di etichetta Sfera Ebbasta e DrefGold nel brano Borsello, che potrebbe diventare la hit del disco, con i latini Micha e Cosculluela e tutto sommato anche con Tony Effe e Pyrex della Dark Polo Gang, meno scontate sono invece le incursioni di Noyz Narcos, Elodie e Frah Quintale, specialmente gli ultimi due appartenenti a mondi apparentemente lontani all’arte di Guè.
Proprio per l’assenza di un filo conduttore e la diversità sonora all’interno del disco non ci sono brani che spiccano più di altri, i testi e le tematiche non sono differenti a quelle portate del rapper in passato e ciò che si denota è la cura dal punto di vista musicale. Forse come nessun altro disco di Guè, Sinatra appare curato nelle produzioni ai minimi dettagli e non è un caso che per la realizzazione il rapper milanese abbia voluto accanto a sè i migliori producer del momento: oltre al socio di etichetta Charlie Charles sono presenti infatti le produzioni di D-Ross, 2nd Roof, Sixpm, Big Fish, Rhade, Don Alfonso, Jordon Tower, Shablo e Mace.
Se Borsello, insieme al singolo di apertura del progetto Trap Phone, si candida ad essere la hit del disco, anche grazie al contributo dei giovani Sfera Ebbasta e DrefGold, citazione positiva meritano le tracce 2% (insieme a Frah Quintale) e Bastardi senza gloria, che vede la partecipazione di Noyz Narcos. L’album non abbassa quasi mai il ritmo, le tracce sono tutte “potenti”, se paragoniamo l’ascolto del disco ad un viaggio in auto, potremmo dire di aver viaggiato in sesta per 37 minuti, senza soste o momenti più soft.
Il rischio più grosso dell’intero progetto Sinatra era sicuramente quello di risultare fuori luogo o comunque di trovarsi con un prodotto troppo legato a certi suoni del momento, perdendo quindi di credibilità, Guè riesce (quasi del tutto) ad annullare questo spettro grazie soprattutto alla sua capacità di adattarsi senza risultare la copia di qualcosa che esiste già. Sostanzialmente Sinatra, pur essendo un prodotto confezionato, impacchettato e realizzato alla perfezione non rappresenta nulla di nuovo, nè verrà ricordato come un disco pilastro del rap italiano ma è probabile che riuscirà a far parlare di sè ancora per parecchio tempo, portando ottimi risultati anche sul piano commerciale. Quindi, molto probabilmente, Guè Pequeno sarà ancora una volta vincitore.
MIGLIORI TRACCE: 2%, Bastardi senza gloria
VOTO COMPLESSIVO: 7/10
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