Riflessione sulla differenza tra cantare ed interpretare
Interpretare significa tradurre, rendere palese un qualcosa che, forse, ai più potrebbe risultare oscuro ed inaccessibile altrimenti. La musica ed il canto sono due strumenti ideali per questa operazione perchè permettono di farsi portavoce dell’essenza più prossima e reale di un testo, di un sentimento tradotto e scritto su carta e parole eppure per interpretare occorre una capacità sopra la media di trasmettere, comunicare e rendere esplicito ciò che non per forza lo è.
Saper cantare spesso è un dono ma è anche un’abilità che si sviluppa nel tempo e nell’esperienza dedicandosi con pazienza, determinazione e anche studio. Interpretare, però, è un qualcosa che va oltre, un qualcosa che non si studia nei libri e che, a volte, va anche in controtendenza rispetto al perfezionismo tecnico proprio perchè, come spesso sentiamo dire in diversi contesti, tecnica ed emozione corrono su due binari più paralleli di quello che si possa immaginare.
Requisito fondamentale per interpretare davvero è vivere perchè la vita forma un uomo, lo identifica e lo marchia con le sue esperienze che, poi, si traducono in voce, in comunicatività, in trasporto su alcune parole piuttosto che su altre. Ecco che allora anche le esperienze più negative, e forse soprattutto quelle, aiutano un uomo, o per rientrare nel nostro ambito un artista, a capitalizzare quel dolore e quella sofferenza in vita autentica da tradurre in emozione e trasporto. E su questo fanno la differenza i pochissimi artisti (ed è bene sottolineare il significato valoriale delle parole “pochissimi” ed “artisti”) che, ad oggi, riescono a trasmettere l’immensa verità delle parole che cantano con più o meno tecnica, a prescindere di esserne autori o no, ma con un’emotività sincera unica e difficilmente non avvertibile da qualunque ascoltatore che non si ponga nella condizione di voler davvero recepire il messaggio.
Per cantare non occorre vivere, “basta” aver ricevuto un talento ed averlo coltivato con sacrificio e determinazione. Interpretare, però, è un’altra cosa e forse proprio oggi dove tutti guardano al motivetto radiofonico o, dall’altro punto di vista, alle capacità tecniche delle grandi voci da etichettare come alternative rispetto alla massa della proposta, occorre ricordarci che la musica è anche e soprattutto veicolo di messaggi ed emozioni e, dunque, oggi più che mai abbiamo bisogno di grandi interpreti con vita vera nelle ugole più che bravi cantanti.
Ilario Luisetto
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