Ho personalmente scoperto Daniele Magro come cantante da appena qualche mese malgrado conoscessi il suo nome per le importanti e prestigiose collaborazioni autorali che negli ultimi mesi ha sviluppato scrivendo alcune della canzoni pop più belle del nostro panorama discografico. L’ho scoperto e l’ho amato alla follia tanto da divenirne ossessionato alla follia e consumare la CPU del mio PC a forza di premere il tasto “rewind” ancor prima che Il senso del mio vivere (la canzone che mi ha portato a sviluppare una sindrome ossessiva paragonabile soltanto a quella che lui stesso prova per Sam Smith) giunga alla sua conclusione. All’uscita del suo nuovo singolo radiofonico, intitolato Cuorearmato, che non ha fatto che peggiorare la mia incurabile ossessione musicale, non ho potuto, dunque, che rispondere affermativamente ad una nuova chiacchierata insieme sulle orme di una musica vera e sincera, realmente pop e soul (ah, che nostalgia di fronte a tutto questo electropop), incurabilmente appassionante. Ecco, allora, ciò che Daniele mi ha raccontato in questa nuova nostra occasione d’incontro:
Allora Daniele, ci ritroviamo dopo un paio di mesi dalla nostra prima intervista (la potete trovare qui), in cui parlammo di un brano un po’ anomalo come “Il senso del mio vivere”, e lo facciamo perché oggi è uscito “Cuorearmato” il tuo vero nuovo singolo radiofonico. Che canzone è per te questa? Che valore ha?
<<Ha un valore molto importante per me ed è, fondamentalmente, questo il motivo per cui ho scelto di tornare a propormi anche come cantante delle mie canzoni proprio con questo brano. Il testo è estremamente personale e biografico: è un testo di un bilancio di quello che è stato il percorso che mi ha portato ad essere l’uomo di quasi 30 anni che sono oggi. Volevo tornare con un brano che non fosse soltanto una bella canzone ma che avesse quel qualcosa in più che potesse raccontare anche che cosa è successo in questi ultimi anni a chi mi segue dai tempi di X-Factor. La canzone parla di un percorso fatto di strade che non ripercorrerei proprio in nome di quella che riconosco essere la mia fragilità e vulnerabilità: è questo ciò che ho imparato in questi anni, mostrarmi per quello che sono senza troppe sovrastrutture. La maturità che mi ha regalato il mio percorso artistico finora è stata proprio la tranquillità nel mostrarmi in tutti i miei aspetti, anche quelli più normali e meno interessanti: tutto ciò ha forgiato il mio cuore e il mio animo facendomi sentire in equilibrio>>.
Come mai il titolo riporta la parola “cuorearmato” scritta tutt’attaccata? C’è un motivo preciso nella scelta di questo neologismo?
<<Certo, c’è assolutamente un motivo. Per mia natura do sempre molta attenzione alle parole, non solo nella musica, e, in particolar modo, ai titoli che, nel caso delle mie canzoni, cerco sempre di rendere interessanti ed esplicativi. La volontà di scrivere la parola tutt’attaccata, in questo caso, è nata spontaneamente per giocare con la parola “carrarmato”, traslitterata in un ambito più intimo, più profondo. “Cuorearmato”, dunque, è un cuore che ha in sé un’armatura, che è diventato più forte grazie a quella maturità personale di cui parlavamo prima>>.
Ti ricordi il momento in cui hai scritto questo brano? Come è nata questa canzone?
<<Mi ricordo benissimo quel momento perché mi trovavo nello studio dove solitamente scrivo i miei brani con in mente da tempo questo titolo. Avevo anche la melodia ma non avevo mai pensato che le due cose potessero convivere insieme. Quel pomeriggio ho capito che era quella la melodia più giusta per raccontare il mio “cuorearmato” per il quale ho scritto di getto il testo in mezz’ora, quarantacinque minuti al massimo. Non avevo assolutamente pensato se tenerla per me oppure affidarla a qualche altro interprete, come faccio sempre d’altronde. Quando ho fatto sentire il brano al mio editore insieme abbiamo capito che si trattasse di un qualcosa di diverso, di troppo personale rispetto a quei brani che ho scritto per altri artisti>>.
Nell’annunciare l’uscita di questo singolo hai scritto sui tuoi social “scusate se ci ho messo un po’ di tempo ma avevo un po’ di vita da fare”. Quanto ti è servito vivere questo tempo per arrivare a scrivere questa canzone? Quanta della tua vita c’è dentro?
<<La mia vita c’è dalla prima all’ultima parola. Ovviamente, prendermi questo tempo mi è servito tanto: quando si vivono le esperienze che la vita ci mette davanti non ci si rende conto di quanto tutto ciò, in realtà, poi è necessario e tornerà utile. Non capivo perché ci stavo mettendo così tanto a focalizzare ciò che volevo essere come artista: finalmente, poi, l’ho capito ma ci è voluto del tempo, un percorso>>.
Hai detto anche che in questi anni ti sei sentito spesso come “milioni di cose di cui non pensavo avrei avuto più bisogno”. Cosa intendi dire? C’è un verso della tua canzone dove dici che “è bello sentirsi a volte come un niente”: ecco, vivi davvero così la tua esistenza? O almeno, l’hai vissuta così fino ad ora?
<<L’ho vissuta assolutamente così e credo sia croce e delizia del mio carattere nel senso che, per mia natura, tendo ad essere una persona molto nostalgica e che rimane fortemente attaccata ai ricordi a cui sono più legato. Nel momento in cui ci si rende conto che quelle cose a cui si teneva così tanto non ci sono più si realizza un distacco che causa sofferenza ma che, contemporaneamente, serve a far spazio a nuove cose che arriveranno e che, per chi scrive canzoni, sono essenziali per raccontarsi continuamente attraverso i propri brani>>.
Possiamo dire che questa canzone guarda contemporaneamente indietro ma anche avanti dicendo nel ritornello “per quanta strada ho fatto e che non rifarei, per quanta vita che ho sprecato e rivorrei” ma anche subito dopo “combatterò se sarai qui al mio fianco”? Quali sono le cose che vorresti cancellare del tuo percorso e quali invece quelle che vorresti raggiungere nel tuo futuro?
<<Non c’è, in me, una vera e propria volontà di cancellare il passato ma, piuttosto, una fermezza per evitare di farsi coinvolgere nuovamente dagli errori che hanno fatto parte del mio percorso fin qui, da quelle sensazioni di sentirsi sbagliato e inadatto. Il presente, dove comunque posso continuare a vivere queste sensazioni, lo affronto, però, con un’ottica completamente diversa e nuova>>.
C’è stato un vero momento di svolta tra questi due differenti modi di affrontare la vita oppure è stato un evolversi progressivo e lento?
<<Ci sono stati più momenti di svolta anche se il mio è stato, e continua ad essere, sicuramente un percorso graduale. Ho ottenuto sicuramente grandi soddisfazioni ma, per mia natura, continuo a guardare sempre avanti. Certo, ci sono degli episodi che mi piace ricordare in modo particolare: i brani che ho scritto per Emma e che hanno dato inizio al mio percorso di autore, oppure, andando a ritroso, l’esperienza ad X-Factor quando avevo appena 19 anni>>.
Guardando per un momento all’aspetto sonoro di questo brano porta avanti quel filone musicale che abitualmente ascoltiamo nelle tue creazioni e che, ultimamente, avevamo avuto modo di apprezzare anche in “Il senso del mio vivere”: delle ballate pop che vanno a ripescare degli elementi di musica soul, black e che introducono anche la novità di arrangiamenti sporcati di suoni urban con l’apporto di una ritmica così presente. Ti riconosci in questa dimensione musicale?
<<Perfettamente e credo che dal punto di vista sonoro e della produzione siamo riusciti ad inglobare quelli che sono i miei ascolti ed il mio background musicale strizzando l’occhio anche alla modernità musicale anche se non con un intento ruffiano, quanto piuttosto con la volontà di dare freschezza ad un racconto che testualmente potrebbe apparire, forse, pesante e scuro>>.
Radici, le tue, che ultimamente si stanno concentrando ultimamente in una forma quasi ossessiva verso la musica di Sam Smith…
<<Si, è una vera e propria ossessione (ride). Credo che Sam Smith ed Adele rappresentino le punte di diamante del cosiddetto soul bianco o new soul ed è per questo che li apprezzo così tanto essendo io un appassionato del genere>>.
È da citare anche la nuova esperienza che hai intrapreso da qualche settimana entrando nel cast di “Amici di Maria de Filippi” in veste di autore, un ruolo inedito nel format. Hai già avuto modo di iniziare a lavorare con i ragazzi? Come sta andando?
<<È un’esperienza davvero molto bella che ho accettato di buon grado anche perché, quando posso, mi piace conoscere direttamente l’artista per il quale poi mi propongo di scrivere dei brani: “Amici” quest’anno permette anche a noi autori di assistere alla nascita di nuovi artisti con i quali, poi, potremmo instaurare una qualche collaborazione. Credo che per me sarà particolarmente utile quest’avventura perché mi sta consentendo di incontrare e conoscere dei ragazzi senza i filtri che magari possono esserci quando si tenta di fare lo stesso con un artista già affermato>>.
Mi sembra di ricordare che hai origini di Agrigento, ecco, qualche giorno fa ho fatto una bella chiacchierata come questa con Giuseppe Anastasi (che potete rileggere qui), un tuo collega che con te condivide quest’esperienza ad “Amici” oltre alle radici sicule: a lui ho chiesto se ritrova nella sua musica degli elementi derivanti dalla propria terra d’origine. Vorrei fare la stessa domanda anche a te…
<<Il mio rapporto con la mia terra d’origine, malgrado io ora viva a Roma, è sempre fortissimo e quando posso ci torno sempre molto felicemente. Musicalmente credo che ci sia molto della Sicilia in me malgrado, come dicevamo prima, io sia amante di un genere che ha le proprie radici nelle terre d’oltralpe: nella melodia trovo molto della mia Sicilia. E poi, personalmente, amo moltissimo Rosa Balistieri, cantautrice nata a Licata dalla storia personale molto travagliata, che porto puntualmente anche nei miei ascolti e che, per esempio, ho cercato di inserire come riferimento in un brano come “1,2,3” data ad Emma>>.
Ilario Luisetto
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