Intervista alla voce che fu dei Matia Bazar e che ora è impegnata in un’estate in tour
Tra un concerto estivo e l’altro e l’organizzazione di una tournee europea siamo tornati ad incontrare Silvia Mezzanotte, storica voce dei Matia Bazar. Con lei c’è stata l’occasione di ricordare i tratti più salienti di una ricca carriera di successi lunga più di trent’anni sia con lo storico gruppo che nacque con la voce di Antonella Ruggiero che con un percorso da solista. Ecco alcuni degli episodi che abbiamo rivissuto insieme:
Silvia, ben-ritrovata. Partiamo dal presente: la tua è un’estate impegnativa con tantissimi concerti e ben 4 spettacoli diversi che porti in giro per l’Italia. Ce li racconti?
«Sono dimensioni differenti che prevedono un grande lavoro di preparazione che ho fatto a monte e continuo a fare nel quotidiano. C’è il mio tour, ‘Silvia Mezzanotte Tour’, l’antologia di tutto quello che ho fatto nella mia carriera di oltre trent’anni. E’ uno spettacolo di grande energia, è quello che mi impegna maggiormente. Poi c’è lo spettacolo che faccio con Carlo Marrale che si chiama ‘La nostra storia’ e lo definirei quasi un recital tant’è che quest’estate lo facciamo quasi sempre in acustico (chitarra e due voci) raccontando la nostra reciproca esperienza nel mondo dei Matia Bazar. E poi c’è lo spettacolo che si chiama ‘Le mie regine’ con tre musicisti in acustico con cui celebro le grandi regine della musica italiana ed internazionale con arrangiamenti fatti in chiave jazzistica. Infine c’è lo spettacolo su Astor Piazzola in lingua argentina con grande pathos».
Questa è l’estate del ritorno dei concerti. Tra le tante cose di attualità si è parlato tanto anche di Rhove, questo giovane rapper che un po’ stizzito si è detto scontento di un pubblico poco partecipativo. Cosa ne pensi in virtù della tua lunga esperienza dal vivo?
«Credo che sia inesperienza- Quando si raggiunge il successo così giovane penso che tutto sembri un po’ scontato e quindi hai rispetto del pubblico che hai di fronte e consideri che debba fare quello che tu vuoi. Ma il pubblico fa quello che vuole: sei tu che devi condurlo a te e non il contrario».
Perchè canti?
«Perché vivo. E’ molto semplice. Avevo 5 anni quando ho deciso che sarei diventata una cantante. Ero una bambina timidissima con una grande paura del giudizio delle persone ed è stata la musica e la voce che mi ha tirato fuori da questo buco nero. Ritengo che la voce è un dono ricevuto. Più cresco e più mi rendo conto che non è solo il cantare a piacermi ma anche l’esplorare diverse possibilità intorno alla mia voce. La considero un dono attraverso il quale raggiungere la gente. Ho un’anima pop, popolare. Tutto quello che ruota intorno alla mia vocalità e intorno alla gente fa parte del dono che ho ricevuto. Perciò io canto per questo».
Il tuo esordio importante nella musica è a Saremo 1990 tra i Giovani con la canzone ‘Sarai grande’. Vince Marco Masini con ‘Disperato’, tra i big i Pooh ma in gara ci sono grandissimi nomi: Minghi e Mietta con il famoso ‘trottolino amoroso’, Anna Oxa, Mia Martini, Mango… Che ricordo hai del del carrozzone sanremese?
«Ero più vecchia di adesso anche fisicamente (ride). Permanente, tailleur rosa, perle… Non avevo nessuna competenza perché non ero preparata per quello ma mi sono vista girare intorno nomi straordinari. Annusi, comprendi e capisci che è lì che vuoi stare ma non sei pronta. Infatti poi l’anno successivo si sono spente le luci e però ricordavo tutto quello che avevo fatto, tutto quello che non ero stata in grado di fare e quindi ho capito che avevo bisogno di preparazione sotto il profilo tecnico ma anche sotto il profilo di esperienza di vita. Quella preparazione che al momento attuale ai giovani non viene concessa perché si tende a prenderli e buttarli nella mischia. Io, a quel tempo, ho potuto crescere insieme a persone che mi hanno incoraggiato per anni».
Nel 1999 arriva la telefonata per entrare nei Matia Bazar subentrando in qualche modo a Laura Valente, che a sua volta aveva rimpiazzato direi la mitica Antonella Ruggiero…
«Concordo!».
Non hai mai avuto dubbi a proposito dell’ingresso nei Matia Bazar? Non hai temuto il confronto con le tue due precedenti colleghe?
«No. Quando io ho conosciuto Giancarlo Golzi gli ho cantato canzoni dei Matia Bazar di cui lui stesso non ricordava nemmeno il testo. Questo per dire quale fosse l’amore che provavo nei confronti del gruppo e di Antonella Ruggiero. Non ho mai avuto dubbi perché avevo già fatto tanta gavetta e ho capito che quella era l’occasione che aspettavo. E’ stato un comprendere che potevo prendere per mano il pubblico storico dei Matia Bazar e condurlo verso una nuova direzione che era quella degli anni 2000 rimanendo nell’alveo della classicità e dell’eleganza».
Antonella Ruggiero è sicuramente una voce che ha fatto grande la storia dei Matia Bazar come l’hai fatta grande tu negli anni in cui ci sei stata. Qual è secondo te la caratteristica principale che vi ha distinte?
«La voce. E’ chiaro che quando fatto le audizioni per poter entrare nel mondo Matia ho dovuto dimostrare di avere una certa estensione reggere alcune canzoni di quel repertorio come ‘Cavallo bianco’ o ‘Tutto il mondo intorno’. La mia caratteristica vocale, però, lavora di più sulle medio basse sotto il profilo proprio tecnico rispetto ad Antonella che, invece, si contraddistingue per le tonalità più alte. Dal punto di vista caratteriale, per quel che ne so perché io purtroppo non la conosco personalmente, lei è uno uno strumento naturale, un uccellino: lei stessa si considera così. Lei canta in modo assolutamente naturale, per me invece c’è anche della fatica dietro. Lei ha una sua forma assolutamente leggiadra mentre nel mio caso ci sono anche sangue e sudore e si sentono».
L’anno chiave poi è il 2000: il primo Festival di Sanremo che affronti con i Matia Bazar. A condurre c’è Fabio Fazio, è l’anno del Giubileo ma anche l’anno del cinquantennale del Festival di Sanremo. Vincono un po’ sorpresa gli Avion Travel davanti ad una Irene Grandi molto rock firmata da Vasco. Voi proponete ‘Brivido caldo’ che arriva all’ottavo posto. Come ricordi questa ripartenza?
«Ricordo esattamente l’ultimo pensiero prima di scendere le scale: la paura fottuta. E poi, però, anche il ricordo di dove fossi l’anno precedente: un brutto locale della provincia modenese in cui facevo piano bar mentre il proprietario teneva la televisione accesa sul Festival di Sanremo con un volume più alto di quello che pretendeva che tenessi io. Ero umiliata e infelice. Mi sono detta ‘questa è la tua occasione’ e così è stato».
A Sanremo ci ritornate anche l’anno successivo. E’ il 2001, a condurre cioè la grandissima Raffaella Carrà e la canzone è ‘Questa nostra grande storia d’amore’. Per voi c’è un terzo posto dietro due miti della musica italiana di questi anni con due canzoni intramontabili: Giorgia con ‘Di sole e d’azzurro’ ed Elisa con ‘Luce’. E’ un netto miglioramento se guardiamo la classifica rispetto all’anno precedente però, correggimi se sbaglio, quella che è la mia impressione è che la canzone sia forse la meno amata di quelle che avete proposto in quel quel trittico di edizioni
«Ogni tanto succede al Festival: l’anno successivo ti viene restituito quello che non ti hanno dato l’anno precedente. Arisa, per esempio, quando andò al Festival con ‘La notte’ secondo me doveva vincere. Vinse, però, la volta successiva con un brano di qualità ma che non era all’altezza del precedente. Secondo me con noi è successo proprio questo: è stata una restituzione perché ‘Brivido caldo’ l’anno precedente ebbe un successo clamoroso. E’ ancora oggi la più suonata e la più cantata».
Quali erano i feedback che arrivavano in quel periodo?
«Ero molto protetta. Nella nostra formazione io e Fabio avevamo accanto Giancarlo Golzi e Piero Cassano e soprattutto Giancarlo era la mia anima guida, seguiva tutto quello che dovevo fare».
Il 2002 è il vostro anno. ‘Messaggio d’amore’ vince il Festival. Che ti ricordi di quell’edizione?
«Ricordo la baraonda. La classifica venne data fin dalla prima serata ed eravamo primi subito. Questo complicò notevolmente gli impegni. E poi ricordo la proclamazione e la mia paura di cedere all’emozione che forse mi ha fatto anche passare in quel momento per fredda. Non ero fredda, ero attenta a quello che doveva succedere. Siamo crollati alle 5 del mattino quando finalmente abbiamo terminato tutti gli impegni: ci siamo trovati a mangiare a cena, ci siamo abbracciati e abbiamo pianto».
Nel 2004 arriva la decisione di lasciare i Matia Bazar. Perchè hai lasciato?
«C’erano delle incompatibilità caratteriali e c’era la mia volontà di cominciare a sperimentare sulla mia vocalità e quindi è arrivata quella decisione. E’ stato un periodo bello di grande sperimentazione. Sono rimasta sempre in contatto con Giancarlo con il quale ho sempre avuto un’amicizia fraterna».
A proposito di sperimentazione nel mezzo c’è stata anche l’esperienza di Music Farm. Com’è andata quell’esperienza?
«Quell’esperienza non mi ha lasciato bei segni ma anche perché fuori avevo una situazione familiare particolare e dall’interno non riuscivo ad avere le informazioni quindi sono stata proprio male da questo punto di vista. Nello stesso tempo non potevo mostrarla questa fragilità perché sapevo che da casa mi stavano guardando. Avevo trovato un punto nel terrazzo in cui la telecamera girando si fermava vicino ad un ad un vaso e quindi in quel punto sapevo che non mi vedevano. Lì mi permettevo di piangere».
Nel 2012 sei tornata nei Matia Bazar per tornare nuovamente a Sanremo con ‘Sei tu’. Come hai vissuto quell’edizione che non andò benissimo?
«Fummo eliminati prima della finale. Noi ci credevamo la canzone. Mi batterò per sempre anche nel ribadire la nostra convinzione a riguardo dell’esibizione con Platinette che è stata una cosa di grande poesia. Probabilmente, però, non è arrivata al pubblico e bisogna accettare questa cosa. Non è stato facile: non avevo voglia di uscire dopo l’eliminazione per andare a raccontare di come mi sentissi ma l’ho fatto lo stesso perché fa parte del mio lavoro».
Abbiamo citato un po’ di volte Giancarlo Golzi, una figura probabilmente importante per te che, da lì a pochi anni, ci lasciò
«E’ stato il mio fratello grande. Mi ha guidata, condotta, aiutata, sgridata, criticata e… portata per mano. Mi ha fatto crescere tantissimo sotto il profilo artistico ed umano. Quando se n’è andato noi avevamo ancora molti progetti da fare assieme e questa cosa ha segnato la mia vita perché ho avuto un momento difficile di depressione».
Gli ultimi anni sono stati i ricchissimi perché hai fatto tantissime: da ‘Tale e quale show’ a ‘All togheter now’ ed il tuo ultimo album uscito nel 2019, ‘Aspetta un attimo’. Tra le varie pagine si è parlato tantissimo di fantomatico duetto con Dionne Warwick che secondo i bene informati avreste proposto tantissime volte al Festival di Sanremo
«No, tantissime no».
Quali sono i progetti futuri riguardo a questo brano ma anche rispetto a tutto il resto?
«Con Dionne consideriamo di uscire tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Lo abbiamo inciso in italiano ed inglese oltre che in una versione internazionale totalmente in inglese. Poi ci sono altre progettualità che sono state fermate dal Covid ma che adesso riprendono. Una è una top secret e vedrà la luce il prossimo anno mentre, invece, già da settembre con Carlo Marrale partiremo per il tour all’estero dei Matia Bazar. Nel 2019 la società che detiene il marchio internazionale del gruppo ha chiamato me e Carlo per il tour all’estero e noi abbiamo accettato avendone i titoli. Abbiamo pensato fosse interessante poter coinvolgere in questa operazione anche Fabio Perversi che era il licenziatario del marchio italiano. Fabio ha, però, preferito portare avanti il suo percorso per cui partiremo io e Carlo da settembre».
Silvia Mezzanotte | Intervista
Ilario Luisetto
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