Omaggio all’indimenticato cantautore, ugola sopraffina e autorevole esempio per le nuove generazioni
Il 13 aprile è un giorno triste per il mondo della musica leggera italiana, una data che ricorda la prematura scomparsa di una delle sue voci più pure. A vent’anni dalla perdita di Alex Baroni, il suo ricordo rimane nitido in tutti coloro che lo hanno conosciuto, amato e ascoltato, seppur i media fatichino a celebrarlo, a rendere omaggio alla sua grandezza, a ricordarlo come uno degli artisti con maggior talento di sempre.
Nato a Milano il 22 dicembre del 1966, Alessandro Guido Baroni mostra sin da giovanissimo un’innata predisposizione per la musica. Dopo la laurea in chimica comincia ad esibirsi in numerosi locali della sua città, diventando ben presto corista di diversi artisti, quali Rossana Casale, Francesco Baccini, Ivana Spagna ed Eros Ramazzotti, quest’ultimo diventa determinante per la sua carriera, producendogli il suo album d’esordio “Fuorimetrica” del 1994, realizzato con il duo dei Metrica composto da lui e da Andrea Zuppini.
Nonostante si possa riconoscere già una certa unicità e un’incredibile estensione, il successo tarda di tre anni e arriva grazie al debutto sul palco dell’Ariston a Sanremo ’97 con la splendida “Cambiare”, canzone che gli permette di dare sfoggio delle sue immense abilità vocali dinnanzi al grande pubblico. Non vince ma si afferma tra le proposte della categoria “Giovani” di maggior qualità, aggiudicandosi il premio “miglior voce del Festival” e il “Premio Volare”, intitolato a Domenico Modugno.
La popolarità lo porta ad incidere il suo primo omonimo disco da solista, contenente pezzi come “Ce la farò“, “La voce della luna”, “Scrivi qualcosa per me”, “Male che fa male”, “Bersaglio mobile” e la cover di “In my life” dei Beatles. Nello stesso anno partecipa alla colonna sonora del film d’animazione Disney “Hercules”, incidendo il brano “Posso farcela”. Torna a Sanremo nel 1998, questa volta tra i big, con il brano “Sei tu o lei (quello che voglio)“, piazzandosi all’undicesimo posto.
Pubblica il suo secondo lavoro in studio “Quello che voglio”, dal quale vengono estratti i fortunati singoli “Dimmi che ci sei“ e “Onde“, ancora oggi considerato uno dei pezzi più conosciuti del suo repertorio, riuscito a varcare i confini e ad imporsi anche all’estero dando il titolo al suo album internazionale, rilasciato nello stesso periodo, che raccoglie dei suoi precedenti due progetti.
Nel 1999 tenta di calcare il palco dell’Ariston per la terza volta consecutiva, ma la sua “Ultimamente“ non viene selezionata dalla commissione, ma verrà inclusa nel disco postumo “C’è di più”. Nonostante la bocciatura al Festival, esce il suo terzo album, intitolato come la canzone esclusa, traghettato dai singoli “Pavimento liquido“ e “Fuori di qua“, che riscuotono un buon successo radiofonico, oltre ad alcune intense ballad come “Voci di notte”, “Solo per te”, “Viaggio” e la toccante “E il cielo mi prese con sé“ firmata con Renato Zero.
Negli anni successivi si concentra sull’attività live, fino a quel tragico e malaugurato 19 marzo del 2002, quando è vittima di un incidente stradale in moto. Dopo venticinque giorni di coma, ci lascia prematuramente la mattina del 13 aprile all’età di trentacinque anni. Di lui rimarranno le canzoni che ci ha lasciato, purtroppo poche ma altamente rappresentative del suo animo sensibile e della sua spiazzante vocalità, al punto da poterlo definire come uno dei cantanti italiani di maggior talento di sempre, spesso soprannominato lo Stevie Wonder della nostra Penisola.
Ancora oggi Alex Baroni manca incredibilmente al nostro panorama musicale italiano, ma resta d’esempio per le nuove generazioni, perché saper cantare e riuscire ad emozionare le persone sono i requisiti fondamentali per chi vuole intraprendere realmente questo mestiere. Nella sua sciagurata e breve esistenza è riuscito a lasciarci questo prezioso insegnamento: fatto di sacrifici, di preparazione, di qualità, di poesia, di note, di parole e di onde che arrivano e non tornano mai.
Nico Donvito
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