L’artista partenopeo si prepara al proprio debutto sul palco dell’Ariston, presentando alla stampa la sua “Tuo padre, mia madre, Lucia“
Tra i protagonisti di Sanremo 2022 spicca il nome di Giovanni Truppi, al suo esordio in gara al Festival con “Tuo padre, mia madre, Lucia”, canzone composta a dieci mani insieme ai fidati autori Marco Buccelli e Giovanni Pallotti, oltre a Pacifico e Niccolò Contessa, due firme d’eccezione della canzone italiana. A dirigere l’orchestra sul palco dell’Ariston sarà il Maestro Stefano Nanni. «Per la prima volta, forse anche per la solitudine che abbiamo tutti provato, ho sentito l’esigenza di confrontarmi – spiega Truppi – da sempre collaboro con Marco Buccelli che ha prodotto e firmato le canzoni di tutti i miei dischi. Questa volta ho sentito l’esigenza di confrontarmi con altri autori puri, la scelta è andata su Gino Pacifico e Niccolò Contessa, due artisti che ammiro molto».
Il risultato è una canzone in completa continuità con “Conoscersi in una situazione di difficoltà“, uno dei suoi pezzi più conosciuti e apprezzati: «Quello è un brano che raccontava la fase di passaggio dall’innamoramento all’inizio di un vero rapporto. In questo caso, lo stadio del sentimento che abbiamo cercato di raccontare è quello successivo, quando la coppia si è formata e vive l’esperienza quotidiana della costruzione dell’amore, confrontandosi anche con il mondo esterno e qui arriviamo ai personaggi chiamati in causa: un suocero, una madre e Lucia, ovvero il nome di mia figlia. Questa canzone descrive il sentimento d’amore verso una persona speciale, la volontà e l’ineluttabilità del percepirsi insieme nel proprio futuro».
«Vivo con grande imbarazzo il fatto che ci sia una parte della mia vita privata nella storia e nel titolo di questa canzone. Però, mi piace chiarire che questi personaggi fanno da sfondo alla narrazione e non sono i protagonisti, almeno in questo racconto. “Tuo padre, mia madre, Lucia” è nata passeggiando per le strade di Bologna, la città che mi ha adottato da qualche tempo. Tra la fine della scorsa estate e settembre, ho iniziato a confrontarmi con altri autori, realizzando sessioni separate con Gino e Niccolò. Questa canzone è poi passata nelle mani di Giovanni Pallotti e di Taketo Gohara, produttore che ha realizzato cose bellissime in questi ultimi anni. Poi è arrivata la fantastica orchestra di Sanremo e la nuova partitura composta per l’occasione dal bravissimo Stefano Nanni».
Una riflessione sulla scelta della cover, ricaduta su “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De Andrè, che interpreterà venerdì 4 febbraio insieme a Vinicio Capossela: «Ho cercato con il più grande rispetto possibile di offrire il mio punto di vista di questa canzone, non mi interessava proporre qualcosa di simile all’originale, pur amandola da sempre. Vicinio Capossela è uno degli artisti che più mi ha guidato in questo percorso, con il suo rigore e il suo atteggiamento. La scelta è ricaduta su di lui esclusivamente per l’interpretazione e la resa finale. Mi spaventa proporla ad un pubblico così ampio, il fatto di avere Vinicio al mio fianco mi tranquillizza e mi inorgoglisce».
Riguardo la pressione e l’ansia pre-sanremese, precisa: «Cerco in realtà di non pensarci più di tanto, per non sentirmi troppo sotto pressione nel momento in cui dovrò cantare. Questa è la cosa decisamente più importante. Della primissima infanzia non ho tantissimi ricordi di Sanremo, non credo che i miei genitori lo seguissero. Negli anni mi sono avvicinato con interesse e con una forte componente di goliardia, ritrovandomi a guardalo in compagnia, insieme ad amici. Se devo citare un ricordo, sono legato a “Perdere l’amore” di Massimo Ranieri, che spero di poter conoscere presto, ma ho molto apprezzato anche il passaggio dei Quintorigo con “Rospo”».
In concomitanza con la sua partecipazione al Festival, il prossimo 4 febbraio uscirà “Tutto l’universo”, antologia che raccoglie i suoi primi dieci anni di carriera: «E’ stato difficile tenere da parte diverse canzoni che amo molto, però dovevamo in qualche modo raccontare questi dieci anni e i miei precedenti quattro dischi. Quando lavoro sento di non avere molte alternative, seguo quello che mi va di fare nel tentativo di proporre cose interessanti. Penso sia necessario scavare nel profondo per andare in una determinata direzione, quella che reputo più vicina al mio essere».
© foto di Mattia Zoppellaro
Nico Donvito
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