Quando un semplice omaggio si ritorce contro e diventa causa di irrispettose critiche gratuite
Tanto si è detto e troppo si è scritto riguardo l’esibizione di Giusy Ferreri sulle note dell’intramontabile “Think” di Aretha Franklin, un omaggio diventato in poche ore un vero e proprio caso mediatico. C’è chi grida allo scempio, chi insulta e chi si indigna, tralasciando il valore di un gesto spontaneo che, oggi come oggi, è sempre più raro trovare in ambito musicale. La caccia alle streghe è aperta, venghino signori venghino.
Diciamolo subito, la Ferreri non è certo Maria Callas, la sua personalità vocale è di gran lunga superiore alle sue doti canore, questo la rende particolare e unica, a dieci anni di distanza dall’incredibile successo di “Non ti scordar mai di me”. Nel corso della sua carriera Giusy è inciampata più volte, soprattutto sul palco dell’Ariston di Sanremo, dove ha partecipato per ben tre volte: nel 2011 con “Il mare immenso”, nel 2014 con “Ti porto a cena con me” e nel 2017 con “Fa talmente male”. Al Festival non ha mai brillato e le sue performance dal vivo sono state spesso criticate e, nel caso della sua ultima partecipazione, hanno contribuito alla sua prematura uscita di scena attraverso lo spietato meccanismo dell’eliminazione dalla gara.
Dopo ogni caduta Giusy Ferreri è, però, riuscita a rialzarsi, a rinascere dalle sue ceneri come un’araba fenice, dimostrando con determinazione tutto il suo valore, supportata dal sostegno del suoi ammiratori e dai numeri. Se un singolo risultava un flop, quello seguente diventava in poco tempo una hit, al punto da trasformarla in un vero e proprio fenomeno, seppur altalenante. Non è facile risollevarsi dopo una batosta discografica, molti artisti hanno cominciato a collezionare una serie infinita di insuccessi, senza più riprendersi. La sua capacità è stata quella di restare fedele a se stessa, senza snaturarsi, dimostrando di meritare a tutti gli effetti un posto nel patinato scenario della musica leggera italiana.
Ma veniamo all’attualità: durante una recente tappa del Deejay On Stage, l’artista ha improvvisato per il pubblico di Riccione un omaggio musicale ad Aretha Franklin, prematuramente scomparsa lo scorso 16 agosto. Insieme ai Boomdabash e agli Street Clerks, hanno dato vita ad un medley con alcune delle canzoni più popolari della regina del soul, tra cui “Think”, il brano incriminato diventato virale a causa della sua non proprio riuscitissima esecuzione.
https://www.facebook.com/DeejayOnStage/videos/2232090290165005/
Noi italiani, si sa, ci sentiamo tutti potenziali giudici di X Factor e non perdiamo occasione per esternare il nostro personale “per me è un no”, anche davanti ad un omaggio sincero ad una grande artista, senza voler scatenare alcun tipo di confronto. A quale cantante non è mai capitato di scivolare vocalmente? Se dovessimo fare un elenco di performance deludenti non basterebbero quindici articoli. Perché dobbiamo sempre perseguitare e non rispettare il prossimo, in questo gioco al massacro dove nessuno di noi non ne uscirebbe pulito?
Come precisato da Rudy Zerbi, conduttore della serata, l’omaggio era totalmente improvvisato e nessuno aveva provato prima, il che giustifica la presenza del foglio con il testo tra le mani della Ferreri. Chi critica il suo inglese, chi le sue imprecisioni, chi si sofferma su qualsiasi cosa tranne che sul gesto spontaneo e per certi versi coraggioso, poiché si è cimentata in brano difficile senza l’ausilio della dovuta preparazione. Professori di canto che si scagliano con offese contro una persona, non sono degni di essere chiamati insegnati, perché l’educazione passa anche attraverso il buon esempio. Sapete fare meglio di lei? Bene, postate un video dove cantate “Think” alla vostra maniera, senza condividere a manetta un’esibizione che, si è capito benissimo, non vi è per niente piaciuta.
Una volta era di moda saltare sul carro dei vincitori, oggi si fa a gara per salire su quello degli sciacalli. Domandiamoci se tutto questo faccia bene alla musica e alla memoria di una grande artista come Aretha Franklin. Riflettiamo, perché le parole fanno più male delle stecche.
Nico Donvito
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