A tu per tu con con il cantautore abruzzese, disponibile dal 25 ottobre negli store digitali e nei negozi tradizionali con il suo nuovo disco “Bouganville“
A poche settimane dalla nostra precedente chiacchierata, ci ritroviamo in compagnia di Luca Dirisio per parlare di “Bouganville”, il suo quinto album che arriva a otto anni di distanza dal precedente lavoro in studio. Disponibile da venerdì 25 ottobre per Music Ahead, il disco è impreziosito dalla reunion artistica con Giuliano Boursier, (qui la nostra recente videointervista) suo producer sin dagli esordi, con cui ha realizzato i suoi primi tre progetti musicali. Dieci inediti in scaletta, a cominciare dai singoli apripista “La mia gente“ e “Come il mare a settembre“, passando per “Carta da stracciare”, “Occhi negli occhi”, “Il tuo cuore non esiste”, “Roma”, “Orsa maggiore”, “Stare bene”, “Whisky” e “Niente”, tracce che evidenziano la sua capacità di scrittura, sempre attenta e scrupolosa ad ogni minimo dettaglio.
Ciao Luca, bentrovato. Ti trovo piacevolmente emozionato, per questo ritorno ci sono voluti otto anni, lasso di tempo in cui ti sei dedicato ad un progetto altrettanto importante: la tua vita. Hai vissuto, ti sei preso il tuo tempo per osservare, ti sei seduto su una panchina e cosa hai visto?
«Ho visto un mondo che è cambiato un po’ in peggio, questo mi ha stimolato a scrivere. Credo che questo tempo mi sia servito per concentrarmi su quello che mi piace fare, che non è solo scrivere e lavorare, ma soprattutto vivere. Le persone, secondo me, hanno perso il piacere di fare ciò che gli piace, troppo dal produrre, dal sovraprodurre, dal guadagnare anche più del necessario, per poi arrivare ad una certa età e rendersi conto di non aver vissuto come volevano. Per quanto mi riguarda, penso che la vita sia una e vada vissuta fino in fondo. Bisogna lavorare per poter vivere in maniera decorosa, non occorre avere quattro Lamborghini e dodici Rolex, si vive bene senza averne neanche uno, sono degli orpelli che a lungo andare mi hanno iniziato ad annoiare. Tutto questo l’ho voluto inserire in questo disco, senza pensare alla notorietà, ai like o ai follower sui social network, sono aspetti che se arrivano bene, ma non occorre ricercarli, altrimenti diventa una popolarità fine a se stessa, un’esigenza che sinceramente non ho mai avuto e credo non avrò mai».
“Bouganville” è il curioso titolo di questo progetto, suggerito da un racconto di Raymond Carver, ci spieghi il significato e in che modo si lega a questo lavoro e alla tua storia?
«In questo racconto Carver parla di questa pianta che, per i meno esperti di giardinaggio, trovarsela in un prato d’inverno può sembrare un ramo moribondo pieno di spine. In realtà Bounganville è un una pianta che con l’arrivo della primavera e dell’estate rinasce pronta ad esplodere di vita e colore. In questo periodo storico, sui social network ci sono persone che perdono il loro tempo a scrivere stupidaggini, alcuni di loro si sono permessi a provare ad infastidirmi, non riuscendoci tra l’altro, dicendo cose tipo “ma non era morto?”, allora… per usare una metafora pacificsta, ho utilizzato questo fiore per spiegare che ogni persona ha i suoi tempi, i miei sono stati un po’ lunghi, ma se alla fine hanno portato in conclusione ad un progetto come questo vuol dire che sono stati ben spesi».
Un ritorno alle origini anche per quanto riguarda il sodalizio con Giuliano Boursier, a livello di produzione quali sono le caratteristiche e le peculiarità che riscontri nei suoi lavori?
«Giuliano da buon “suddista” qual è, e quale sono anch’io, porta il sole dentro di sé, anche se vive a Varese che di sole d’inverno ce n’è poco. E’ abile nell’esprimersi con i sentimenti e con la sua musica, due caratteristiche che vanno di pari passo, ha parecchio intuito nell’interpretare i miei lavori, una dote che non ho ritrovato lavorando con altri produttori. Quando ho avuto tra le mani un po’ di materiale da sottoporgli, non vedevo l’ora di farglielo ascoltare per vedere la sua reazione che, fortunatamente, è stata positiva. E’ stato difficile selezionare i brani, alla fine ne abbiamo scelti dieci che spero riescano a soddisfare la voglia che avevano i miei fan di avere un disco tra le mani».
Tra le tracce mi ha molto colpito “Niente”, in questo brano canti: “non chiedo niente a nessuno, voglio stare da solo lontano dal mondo perché è più sicuro”, quali sono gli aspetti che più ti infastidiscono dell’attuale società e di ciò che ci circonda oggi?
«Prima di tutto il materialismo, che è arrivato a un livello estremo, si è innescato un processo di autodistruzione, questa cosa mi intristisce fortemente, perché non mi piace l’idea di non riuscire a lasciare ai ragazzi del futuro un mondo migliore di come l’ho trovato. In questi otto anni ho capito che isolarsi è la cosa migliore, sto meglio quando sto lontano dagli uomini, l’uomo per quanto intelligente possa essere. rimane comunque l’animale più cattivo, non si fa scrupoli soprattutto di fronte al guadagno, pensa solo a se stesso. Le persone hanno perso il gusto del silenzio, in giro c’è troppo rumore, la musica stessa è ascoltata a tutto volume».
A proposito di ringraziamenti, a parte la commuovente dedica che hai rivolto al tuo amico Massi, a chi ti senti di dedicare questo lavoro?
«Lo dedico a tutte quelle persone che hanno aspettato tanto tempo, pensando che io mi fossi dimenticato di loro, quando invece mi ero dimenticato un attimino di me. I miei fan non mi hanno mai abbandonato, anche quando non davo loro risposte, sono rimasti lì imperterriti ad aspettarmi, quindi lo meritano con tutto il cuore questo disco. Ti dirò di più, lo dedico anche agli haters, a quelli che in questo periodo mi buttavano merda addosso, divertendosi come dei macachi, perché comunque sia, mi hanno dimostrato che anche loro non mi avevano dimenticato, continuavano a dire “era morto, era morto” ma alla fine erano sempre lì a scrivere di me, ad aspettare che scrivessi o postassi qualcosa».
Per concludere, c’è chi si chiede se ci sia o meno vita nello spazio, io ti chiedo: c’è vita nella musica italiana?
«Prima di tutto c’è vita nello spazio, l’ho sempre sostenuto, non vedo l’ora che ci sia questo primo contatto, sono proprio curioso di vedere se sono buoni o cattivi, più avanti o più indietro di noi, se ci hanno osservato da parecchio tempo, cosa pensano di noi. Forse non ci arriveremo noi, ma quelli dopo di noi sì, anche perché qualcuno ha visto, la Nasa sa qualcosa, non specula perché probabilmente non hanno ancora in mano nulla di consistente, ma secondo me c’è vita nell’universo, se esistiamo noi esisterà pure qualche altra cosa.
Per quanto riguarda la vita della musica. invece, spero che l’intero sistema si riprenda un pochino, quella che sta girando adesso è una tendenza e tutte le mode, come accade da sempre, hanno un inizio e una fine. Io mi sforzo di fare ciò che mi viene, sperando di realizzarlo al meglio possibile e che possa continuare a convincere, naturalmente non si può piacere a tutti. Mi piacerebbe che quello che faccio possa rimanere in futuro, che possa servire da monito a chi vuole fare della musica la sua più grande passione, un incoraggiamento a non mollare mai e credere nei propri sogni. Non potrei concepire una musica fatta da persone che vogliono fare esclusivamente business, ma molte cose che ascoltiamo oggi rappresentano un insulto all’intelligenza umana e alla cultura italiana, che purtroppo viene un po’ troppo spesso calpestata e sottovalutata, ma sono sicuro che tenendo duro potrà rifiorire… proprio come Bouganville».
Nico Donvito
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