A tu per tu con il cantautore romano, per ripercorrere la sua carriera e parlare dei nuovi progetti
Ci sono artisti dotati di grande umanità e sensibilità, tra questi troviamo Mauro Di Maggio, che ricordiamo per aver composto canzoni di successo come “Il tempo va” e “Non ti voglio fermare“, con tre album alle spalle (“Mauro Di Maggio“ del 1997, “inogniForma“ del 2003 e “Amore di ogni mia avventura“ del 2006), numerose e prestigiose collaborazioni, un’intensa attività dal vivo e il recente impegno teatrale come autore delle musiche dello spettacolo “Piccoli Crimini Coniugali” di Michele Placido e, insieme a Luna Vincenti, della commedia “Il Nodo” con Ambra Angiolini e Ludovica Modugno. Dopo averlo visto interpretare di recente un giovane Renato Zero nel video “Zero Il Folle“, lo abbiamo incontrato per ripercorrere insieme le tappe fondamentali della sua carriera e parlare dei suoi nuovi progetti in cantiere.
Ciao Mauro, benvenuto. Comincerei da quel 21 gennaio 1977, chiedendoti: qual è stato il percorso dal tuo primo vagito al primo giro di Do? Come ti sei avvicinato alla musica?
«Il mio primo vagito, come dici tu, è avvenuto all’Ospedale San Giacomo di Roma, che non esiste più, tra l’altro in un punto perfetto perché si trovava in mezzo al mio Conservatorio e alla mia scuola media, pensa un po’. Alla musica mi sono avvicinato sin da subito, già verso i sei anni ho iniziato a studiare chitarra e a cominciare a scrivere canzoni verso gli otto anni».
Finiti gli studi, hai partecipato a Sanremo Giovani, una specie di contest come quello che è tornato in auge da qualche anno a questa parte, in cui 24 giovani si sfidavano per accedere alla categoria Nuove Proposte di Sanremo 97. Che ricordo hai di quell’esperienza?
«La ricordo come un’esperienza molto forte, di una dimensione per me in quel momento imponente, perché avevo poche esperienze dalla mia parte, ma va bene, ci sta, ero giovanissimo. E’ stata un’esperienza dirompente, in tutti i sensi, spesso ho dei ricordi un po’ annebbiati perché li rivivo con emozione e confusione allo stesso tempo. Quell’anno c’era anche Alex Baroni, con lui ho vissuto un bel periodo, perché abbiamo lavorato entrambi ai nostri rispettivi primi album con la stessa produzione, nello stesso studio, quindi ci siamo ritrovati a suonare spesso insieme. Anche se non è scritto nei crediti del mio primo disco, la cosa carina è che lui ha realizzato insieme ad altri i cori del mio primo album, pensa che in alcuni punti riesco perfettamente a riconoscere la sua voce, a ricordarmi esattamente il momento in cui era lì in sala prove. Guarda, mi sembra ieri. Alex è un artista straordinario, qualcosa di incredibile, siamo fortunati ad averlo incontrato, conosciuto e ad avere ancora la sua musica».
A settembre del ’97 esce il tuo primo disco, mentre nel 2001 il singolo “Il tempo va” diventa un tormentone radiofonico pazzesco, ma è con il tuo secondo album “Inogniforma” che qualcosa cambia radicalmente, in particolar modo grazie a “Non ti voglio fermare”, uno dei tuoi brani belli e più rappresentativi. Com’è nato?
«E’ nato di getto, pensando alla storia che in quel momento stavo vivendo, forse anche un po’ platonica. Ho avvertito la necessità di scrivere qualcosa per questa persona, allo stesso tempo avevo il desiderio di rappresentare la volontà di amare in totale libertà, che duri una vita oppure un giorno. Si tratta di un sentimento che mi accompagna da sempre, perché in qualsiasi tipo di rapporto sono così, per me è importante che la persona ti scelga, quotidianamente. Così è nata questa canzone, dalla voglia di raccontare l’amore attraverso la scelta della libertà altrui. Sono convinto che se ci dicessero in maniera conclamata che il rancore provoca del male a noi stessi, credo che nessuno lo utilizzerebbe più. Agli altri potrebbe nemmeno toccare, siamo solo noi le vittime del nostro risentimento».
Trovo il tuo modo di scrivere e di interpretare, davvero unico, un qualcosa che oggi manca. In un’epoca così tecnologicamente aperta, trovo inconcepibile che venga dato risalto a livello mainstream esclusivamente ad un paio di generi musicali. Qual è il tuo pensiero sull’attuale scenario discografico?
«Sicuramente stiamo vivendo una fase di transizione, un’evoluzione ancora in atto. Di buono c’è che abbiamo più canali per fruire la musica rispetto ad una volta, la musica ha un valore enorme, anche se alcune canzoni sono diventate di consumo, per cui anche la soglia dell’attenzione dell’ascolto è diminuita, mentre credo che ascoltare un disco debba essere considerato al pari di leggere un buon libro, è necessaria la stessa concentrazione. Quello di cui abbiamo bisogno è di spazi che danno più attenzione e rispetto alla musica d’autore, io stesso avevo creato assieme a dei miei amici uno show dove suonavo assieme ad altri artisti, molti dei quali famosi a livello nazionale, non solo conosciuti nell’underground romano, tra cui Tommaso Paradiso, Diodato e tantissimi altri, potrei nominartene centinaia».
C’è stato un cambiamento epocale, nessuno lo può negare, internet ha stravolto la comunicazione, i rapporti e anche il modo di intendere l’arte e la musica. La carriera di qualsivoglia artista è fatta di alti e di bassi, ma per quanto concerne il tuo percorso nello specifico vorrei fare un’analisi con te, chiedendoti: cosa ti ha portato al successo e cosa te l’ha tolto?
«E’ un’analisi difficile anche per me, credo che mi abbia portato al successo la mia storia, la mia verità e la mia spontanea, saranno questi gli stessi elementi che molto probabilmente me lo riporteranno (sorride, ndr), perché sono gli ingredienti base della carriera di qualsiasi grande artista. D’altro canto, ciò che può aver contribuito a far sì che il successo venisse a scemare, è l’inesperienza e forse un po’ l’arroganza di un ragazzetto che non sapeva come trattare se stesso e gestire tutto il contorno. Ho impiegato del tempo per capire che osservandomi avrei potuto analizzare e capire ciò che sarebbe stato meglio per me, però devo dire che non rimpiango e non rinnego nulla, sono felice del mio percorso e di quello che sono diventato oggi, una persona sicuramente diversa e migliore di prima».
Nel corso della tua carriera hai collaborato con tanti artisti, ti chiedo: quali sono gli incontri che ti hanno segnato in modo particolare?
«Sono veramente tanti, inizierei con il mio primo produttore Giancarlo Lucariello, una persona che stimo davvero tanto, insieme a Roberta Cassani hanno creduto sin da subito in me, grazie a loro tutto è partito. Poi, tantissimi altri, da Fabrizio Giannini a Giorgio Baldi, passando per Francesco De Nittis, posso dirti anche Fiorello che mi ha dato inizialmente una grandissima mano prendendo in radio “Il tempo va” come disco lancio. In ultimo Ambra Angiolini, è appena partito il suo ultimo spettacolo teatrale “Il nodo” con Ludovica Modugno, insieme a Luna Vincenti ho composto le musiche, come avevo fatto precedentemente anche per Michele Placido, che mi ha dato la possibilità di affiancarlo in “Piccoli crimini coniugali”».
Per concludere, so che stai lavorando a diversi progetti, ma in futuro dove e a chi ti piacerebbe arrivare con la tua nuova musica?
«Ultimamente mi sono dedicato con impegno all’attività teatrale, come appena detto, in più è stata molto divertente l’esperienza che mi ha coinvolto in “Zero il folle”, Renato mi ha coinvolto scegliendomi nell’interpretare lui stesso da giovane, truccato da lui con lui allo specchio, è stata davvero una cosa molto emozionante. Ovviamente in questo ultimo periodo ho composto diverse canzoni nuove, che adesso sto proponendo ai vari addetti ai lavori, per far uscire al più presto nuovi lavori. Ho tanto materiale nel cassetto, nel tempo ho scritto parecchio, alcuni pezzi mi è capitato di darli in giro. Ciò che mi preme sottolineare è che, per me, è molto importante trovare le situazioni e le soluzioni giuste per poter far uscire un determinato progetto, ora mi sento di avere tra le mani i brani giusti, quindi mi auguro di trovare al più presto le giuste persone che mi affianchino e che mi aiutino a far uscire questo nuovo lavoro».
Nico Donvito
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