A tu per tu con il cantautore romano, in uscita con il nuovo singolo “Mara” in duetto con i Canova
A pochi mesi di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Marco Santoro, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Mox, in occasione dell’uscita di “Mara”, una nuova versione della canzone rilasciata qualche anno fa, impreziosita per l’occasione dalla presenza dei Canova.
Ciao Marco, benvenuto. Partiamo da “Mara”, una rilettura molto più intima rispetto alla precedente. Com’è nata e com’è stato collaborare con i Canova?
«E’ stato bellissimo collaborare con i Canova, purtroppo è avvenuto a distanza, come si può facilmente intuire dato il periodo. In tal senso, rispetto agli altri featuring mi è mancato qualcosa, ma è stato ampiamente compensato dal risultato finale, dall’interpretazione che Matto ha dato ad un testo molto personale. Stiamo parlando di una delle migliori voci del panorama italiano, in più ci tenevo particolarmente a realizzare a due voci questo pezzo, credo che queste siano le tipologie di canzoni che andrebbero eseguite in coppia, quando un brano parla di una storia così personale, intima e vissuta in prima persona da un artista. Dal mio punto di vista, se questa storia la interpretano due persone, viene resa più comune».
Quali stati d’animo hanno accompagnato la stesura di questo testo al momento della sua composizione?
«Tanti stati d’animo principalmente pessimi, diciamolo. L’ho scritta in un periodo molto molto buio, racconta la sofferta fine di una storia, un po’ come tutto il mio album d’esordio “Figurati l’amore”, che affronta questa tematica sotto molteplici punti di vista. Sono riuscito ad essere molto personale in questa canzone a livello di scrittura, come poche altre volte mi è capitato».
Molto bella anche la cover del singolo, realizzata da Francesco Del Re, trovi che sia riuscito a ricreare iconograficamente le stesse suggestioni delle parole e delle note della tua canzone?
«Da questo di vista Francesco è disarmante, non gli ho dovuto dare nessuna indicazione per nessuna delle cinque cover che mi ha regalato. E’ stato semplicemente fortissimo, ha avuto questa capacità di lettura della canzone trasportandola in illustrazione, cosa assolutamente non scontata e non da tutti. Il risultato è semplicemente perfetto dal mio punto di vista».
Venendo all’attualità, è indubbio che la società pre-Covid stava affrontando un lungo momento di freddezza sociale, di rincorsa alle cose futili. Qual è l’augurio che ti senti di rivolgere alla comunità del futuro? Cosa speri che questa situazione estrema di difficoltà ci abbai insegnato?
«Chiaramente l’augurio è utopico, a me sembra ovvio che tutto questo malessere è dato dalle nostre abitudini pregresse, nel senso che la società era impostata in un certo modo ed è bastato un virus per far saltare ogni nostra certezza. In questo senso mi auguro che si riescano ad apportare quei cambiamenti drastici e fondamentali che ci avvicinino di più al nostro pianeta, alle cose importanti, alla natura, a noi stessi».
Per concludere, a proposito di insegnamenti, qual è la lezione più importante che senti di aver imparato in questi anni di attività?
«Sicuramente mi ha insegnato a portare pazienza, penso sia la mia caratteristica principale, lo può confermare chi mi conosce. La pazienza è tutto».
Nico Donvito
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