Ritrovamenti: spazio a “Salutandotiaffogo” di Tiziano Ferro

Le canzoni che sono rimaste nel tempo nonostante non siano state estratte come singoli dai rispettivi album di provenienza. A cura di Giovanni Saracino
Bentrovati a “Ritrovamenti”, la rubrica dedicata alle canzoni che, pur non essendo state al centro della promozione di un progetto discografico, hanno continuato a risuonare nel cuore degli ascoltatori. Ogni settimana, Giovanni Saracino ci accompagnerà in un viaggio tra melodie e parole che meritano di essere riscoperte. Oggi parliamo de “Salutandotiaffogo” di Tiziano Ferro.
Queste gemme musicali raccontano spesso storie intime e universali, che svelano sfumature meno note degli artisti a cui appartengono e, forse, anche per questo si sono conquistate una propria dimensione nel tempo. In ogni puntata, andremo a scoprire un pezzo di passato che, in qualche modo, continua a trovare spazio anche nel presente.
Ritrovamenti: spazio a “Salutandotiaffogo” di Tiziano Ferro
All’interno di “Nessuno è solo” (2006), terzo album di Tiziano Ferro e vera pietra miliare della sua evoluzione artistica ed emotiva, si trova una traccia che merita di essere riscoperta: “Salutandotiaffogo”. È la sesta canzone del disco, un brano che, pur non avendo avuto la fortuna dei singoli più celebri, racchiude una delle pagine più intime e struggenti della produzione del cantautore di Latina.
L’album, infatti, ospita alcune delle hit più amate della carriera di Ferro: da “Ti scatterò una foto” a “Ed ero contentissimo”, da “Stop! Dimentica” a “E fuori è buio” fino all’irriverente “E Raffaella è mia”, resa memorabile anche dall’apparizione di Raffaella Carrà nel videoclip ufficiale. Brani potenti, immediatamente riconoscibili, che hanno dominato radio e classifiche, relegando inevitabilmente canzoni più introspettive come “Salutandotiaffogo” a un ruolo secondario, quasi nascosto.
I dati lo confermano: secondo Kworb, il brano si colloca soltanto al 73° posto dell’intera discografia di Ferro, con circa 2,7 milioni di streaming e poco meno di 500 ascolti giornalieri. Numeri modesti, soprattutto se paragonati ai colossi della sua produzione. Eppure, a discapito di questa scarsa popolarità, “Salutandotiaffogo” custodisce un testo poetico e doloroso, che rappresenta appieno la capacità di Ferro di trasformare la fragilità in materia musicale.
Il ritornello ne è infatti la sintesi perfetta: “Stringi le mie mani come per l’ultima volta e dopo Guardami negli occhi come fosse un anno fa, ma domani so che sarò troppo solo, ma dillo adesso cosa pensi, salutandoti affogo”.
Una preghiera disperata, che parla di un amore ormai perduto e della sensazione di sprofondare in un abisso senza via d’uscita. Il titolo stesso, nato dalla crasi tra le parole “salutandoti” e “affogo”, contiene tutta la disperazione che attraversa la lirica: un addio che non lascia respiro, che soffoca. Tipico di quello sconforto devastante di un amore definitivamente perduto.
Non sorprende quindi che “Salutandotiaffogo” sia stata raramente inserita nelle scalette dei concerti: il peso dei grandi successi radiofonici e il ritmo più lento e intimo del brano l’hanno spesso tenuta lontana dai palchi. Eppure proprio queste caratteristiche la rendono speciale: una “canzone minore” solo per il pubblico mainstream, ma in realtà una gemma per chi sa leggere oltre le classifiche e lasciarsi toccare dal lato più vulnerabile e autentico dell’artista, che probabilmente in esso è riuscito a racchiudersi pienamente.
In questo senso, “Salutandotiaffogo” non è un semplice episodio dimenticato della discografia di Tiziano Ferro: è il simbolo di quella parte della sua musica che vive nelle pieghe, in quegli angoli meno illuminati dove l’artista mette a nudo le ferite più profonde. Canzoni che non cercano il consenso immediato, ma che, ascolto dopo ascolto, restano incise dentro chi riesce a sentirle davvero, e restano nel tempo sempre valide per chiunque si rispecchi in una storia conclusa e che, nei giorni, settimane e mesi successivi non fa scrutare altro che l’abisso più profondo.