A tu per tu con il giovane cantautore torinese, vincitore della 64esima edizione del Festival di Castrocaro
A poche ore dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Simo Veludo, all’indomani della vittoria del Festival di Castrocaro. Sul palco della storica manifestazione rivolta alle voci nuove, il cantautore torinese ha presentato l’inedito “Mutande”, portando in scena anche due cover, vale a dire “In alto mare“ di Loredana Bertè e la sigla di “Willy, il principe di Bel–Air” realizzata con la loop station. Performance dopo performance, l’artista classe ’95 si è aggiudicato il titolo della manifestazione e, di conseguenza, la possibilità di accedere di diritto alle selezioni di Sanremo Giovani. Lo abbiamo incontrato per commentare a caldo la serata.
Ciao Simone, bentrovato. Non so se ti hanno informato, ma sei il 64esimo vincitore del Festival di Castrocaro. Quali sono stati i primi pensieri e le prime reazioni?
«La prima reazione è stata una sorta di incredulità generale, questo per me è un piccolo ma grande traguardo, perchè parliamo di una manifestazione che è nata molto prima di me. Sono contento e fiero del percorso che mi ha portato qui».
A chi senti di dedicare questa vittoria?
«Alla mia ragazza Federica, che mi supporta in ogni cosa che faccio, al mio produttore Giacomo e alla mia famiglia. Non vedevo l’ora di renderli fieri e spero con tutto il cuore di esserci riuscito. ».
La serata di ieri è stata lunga e faticosa, il livello delle proposte era davvero alto. Sei soddisfatto delle tue performance?
«Sì, ovviamente potevo dare ancora di più, ma sono soddisfatto di quello che ho cantato e di come l’ho cantato. Durante l’esecuzione dell’inedito mi sono emozionato, ho provato una strana sensazione che mi ha estraniato per qualche minuto dalla situazione e dal contesto in cui mi trovato. E’ stato bello».
Sul tuo inedito “Mutande“, diciamo che i giudici hanno voluto trovare un po’ il pelo nell’uovo, nel senso che hanno manifestato il loro pensiero sull’eccessiva crudezza di una parte del testo. Non vorrei che il tuo messaggio venisse spacciato per sessista, per questo ti chiedo di spiegare una volta per tutte il senso della tua canzone…
«Assolutamente sì (sorride, ndr). Mi è stato contestato il fatto che fosse fraintendibile la frase che apre il ritornello. Sicuramente è cruda e molto diretta, ma anche abbastanza chiara. E’ una storia autobiografica, parla di una ragazza forte e indipendente, ma allo stesso tempo fragile, piena di punti deboli ben nascosti, che spesso si lascia usare dagli altri a casa di queste sue debolezze. Per questo non riesce a creare legami forti e sostituisce persone continuamente per la paura di aprirsi fino in fondo. Quello che esprimo nella canzone è il mio desiderio di andare oltre, rispetto a ciò che potessero aspettarsi altri da lei, perchè ero preso e affascinato da tutto ciò che c’era dietro, dai suoi drammi e dai suoi mostri. Il senso della canzone è semplicemente questo».
Grazie a questa vittoria ti sei aggiudicato un biglietto sola andata per le audizioni dal vivo di Sanremo Giovani, dandoti la possibilità di accedere al Festival 2022. Pensi di avere già tra le mani il pezzo giusto?
«Ho tra le mani diversi brani. In realtà, non so se esista il pezzo giusto per Sanremo, devo un attimo valutare se è il caso di provare a scrivere qualcosa di nuovo, parlare di temi che non ho ancora affrontato, o se scegliere tra le cose che ho già nel cassetto».
Per concludere, mi piacerebbe chiederti un commento sui tuoi compagni di viaggio, nessuno escluso, perchè vi ho visti molto affiatati in questi giorni. Cosa ti ha lasciato ciascuno di loro?
«Sintesi mi ha lasciato la delicatezza e la fragilità, per una settimana mi sono sentito il suo fratello maggiore. Bandito è una persona pura, non si può non volergli bene. Leo Meconi è giovanissimo, ma allo stesso tempo quasi un uomo, abbiamo parlato di un sacco di cose, ho scoperto in lui una grande fame di scoprire il mondo. I Vite Parallele mi hanno lasciato il loro modo di vivere la vita e questo tipo di esperienze, in modo istintivo, quasi selvaggio, pensando solo al “qui e ora”. Mirall mi ha lasciato la maturità, la determinazione e la serietà di chi fa questo lavoro già da tempo. Federica Marinari mi ha lasciato tantissima energia, lei è una leonessa affamata di musica. Namida è un tornado, una matta, ammiro e invidio la sua voglia di fare qualsiasi cosa senza porsi limiti».
Nico Donvito
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