venerdì 22 Novembre 2024

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Tormentoni tormentati: Giuni Russo, un gabbiano in gabbia

Il ricordo di una grande artista e delle sue intramontabili canzoni dell’estate

Non tutti i grandi artisti ricevono il plauso che meritano. E non tutti quelli che vengono tributati di consensi unanimi sono grandi artisti. Per affermarsi nel campo della musica sono decisivi il talento, l’originalità, il carattere e la capacità di farsi portavoce del proprio tempo, quando non anticiparlo e dunque influenzare il futuro. E’ tuttavia fondamentale ricevere anche un adeguato supporto da parte del sistema discografico.

Parlando di Giuni Russo non possiamo certo discutere del suo intenso timbro vocale, capace di virtuosismi propri di dive dell’opera o del teatro cinese, né dell’estensione vocale con pochi eguali nel mondo, o ancora della sua personalità controcorrente, mai sazia di oltrepassare nuove frontiere musicali. A penalizzare costantemente la vita artistica della più duttile voce italiana è stato un ambiente musicale ostile che preferiva optare per scelte immediate, quelle apparentemente più remunerative. La storia che vi raccontiamo oggi è un inno alla ricerca della libertà, è la vita di Giusy che divenne Giuni e infine voce tra le sfere, anche oltre i tormentoni.

Un percorso unico

Nella numerosa famiglia di Giusy Romeo la musica è di casa, in particolare l’opera e la canzone tradizionale napoletana. Non stupisce, dunque, la precoce attitudine canora dell’artista siciliana, né la sua altrettanto precoce affermazione. A soli sedici anni vince il Festival di Castrocaro assieme a Elio Gandolfi, sbaragliando la concorrenza di oltre mille concorrenti. Decisive sono le sue interpretazioni di ‘Nel sole’ di Al Bano e ‘A chi’ di Fausto Leali, cover di Hurts, brano inciso originariamente dall’italo-americana Timi Yuro. A condurre il concorso per voci nuove c’è un giovane presentatore di sicuro avvenire, Pippo Baudo.

Un anno dopo, proprio grazie alla vittoria nella manifestazione, la giovanissima interprete siciliana è tra i concorrenti di Sanremo 1968. In riviera troverà nuovamente Baudo, al suo primo Festival, e sfiderà in gara proprio Al Bano, Fausto Leali e Timi Yuro, oltre al già citato Gandolfi (alle prese con ‘La vita’, cantata in abbinamento alla superstar Shirley Bassey). Giusy Romeo è affiancata al francese Sacha Distel, ma laloro “No amore” non arriva in finale. La futura stella della canzone si consolerà conoscendo Louis Armstrong, che nei giorni della sua iconica partecipazione sanremese soggiorna nel suo stesso albergo. Colpito dai virtuosismi vocali della Romeo, Satchmo le regalò un pezzo della sua tromba, un dono che la cantautrice custodirà gelosamente per tutta la vita.

Dopo Sanremo incide con la EMI una serie di 45 giri dal modesto successo. Spicca il suo debutto al Festivalbar con L’onda, scritto da Vito Pallavicini su musica di Al Bano. Per la prima volta la cantante è abbinata ad un tema estivo, circostanza che tornerà più volte nella sua carriera, con esiti imprevedibili. Nei primi anni ’70 è corista negli album de Il balletto di bronzo e di Adriano Celentano, ma è protagonista anche della prima svolta discografica. La sua nuova etichetta, la BAFS, crede nel potenziale internazionale di Giusy Romeo. Con l’intenzione di lanciarla sul mercato estero conia per lei il nome d’arte Junie Russo, che presto diventerà Giuni. In questo periodo l’artista da alle stampe un album interamente in inglese, collaborando con il grande trombettista Enrico Rava.

Il salto nell’Olimpo della canzone, tuttavia, non arriva, e nella seconda metà del decennio Giuni Russo inizia a scrivere musica per altri artisti, spesso assieme alla sua storica produttrice Maria Antonietta Sisini e al conterraneo Cristiano Malgioglio. Beneficiano del trio, tra gli altri, alcune dive della musica leggera come Iva Zanicchi, Rita Pavone e Amanda Lear. Il repertorio solista di Giuni conta già alcune perle come Soli noi e Unica, recentemente ristampate in un LP che è entrato nella classifica dei vinili più venduti.

La sua carriera sembra prendere finalmente il volo grazie ad Alberto Radius, che la mette in contatto prima con Alberto Cerruti, direttore della CGD, poi con Franco Battiato, che è folgorato dal talento della conterranea. I due artisti diventeranno amici e lavoreranno assieme ad alcuni brani che segneranno l’immaginario dei primi anni ’80. Alcuni di questi convincono la casa discografica di Cerruti e di Caterina Caselli, che svolge l’attività di talent-scout presso l’etichetta. Il contratto siglato appare piuttosto singolare: in cinque anni Giuni Russo avrebbe dovuto pubblicare cinque album. Spesso la quantità va a discapito della qualità, ma il primo degli LP, ‘Energie’, è un gioiello. ‘L’addio’ e ‘Lettera al governatore della Libia’ verranno successivamente riprese da Battiato, mentre ‘Una vipera sarò’ diventa il manifesto canoro dell’artista siciliana, un vademecum di virtuosismi vocali che ha come unico precedente (mondiale?) ‘Brava’, autentica patente del genio di Mina.

Un anno dopo, viene sottoposto all’attenzione di Giuni un brano destinato a un successo clamoroso: Un’estate al mare. L’artista la apprezza, nonostante un ritornello semplice e ripetitivo secondo i canoni dei brani di stagione, forse scorgendo tra le righe anche il valore avanguardistico del pezzo e la sua vena canzonatoria verso i cliché balneari. Un’estate al mare avrebbe dovuto essere solamente una parentesi commerciale ma l’insperato e clamoroso successo del brano imprigiona la voce di Giuni in una ragnatela di canzoni da spiaggia e ritornelli immediati, sotto la pressante richiesta degli editori.

Nonostante i tempi strettissimi, i successivi album ‘Vox’ e ‘Mediterranea’ mantengono alti gli standard qualitativi. Brani come ‘Good-goodbye’, ‘Sere d’agosto’, ‘Le contrade di Madrid’ o ‘Mediterranea’ sembrano essere il giusto compromesso tra la ricerca artistica della cantautrice e del suo gruppo di lavoro, e le aspettative del pubblico. Quest’ultima canzone è scelta dall’artista per lanciare l’omonimo album, ma la Caselli imporrà come singolo promozionale la più leggera ‘Limonata cha cha cha’.

Il cambio di rotta

Le tensioni accumulate tra la voce di gabbiano e la sua etichetta iniziano ad accumulare strascichi. Le nuove pubblicazioni di Giuni Russo vengono programmate in periodi poco proficui per un’adeguata sponsorizzazione, inoltre, a causa di uno spareggio interno all’etichetta con Patty Pravo perde l’appuntamento col Festival di Sanremo, nonostante un seguito e una notorietà che avrebbero potuto riscattare il deludente esordio del ’68. L’artista siciliana sente che la CGD sta ostacolando la sua evoluzione artistica: chiede una liberatoria per porre fine al contratto. La major acconsente allo svincolamento dell’interprete in cambio della sua rinuncia alla carriera di cantante. Successivamente, per evitare grane legali, si limiteranno a indicarla come un’artista ingestibile, in modo da scoraggiare altre etichette a promuoverne i nuovi progetti discografici e limitarne di conseguenza la carriera.

Quella che sembra la fine si rivela una grande opportunità. Pur di fronte a nuove difficoltà, Giuni Russo è finalmente libera dai dogmi della discografia. Può ora muoversi nel panorama musicale da artista indipendente: inizia ad alternare brani leggeri che si rivelano nuovi successi commerciali, come ‘Alghero’ e ‘Mango, papaia’, a lavori per palati fini come ‘A casa di Ida Rubistein’, raffinata raccolta di arie di Bellini, Verdi e Donizetti.

I successivi lavori degli anni ’90 sono influenzati da nuove influenze letterarie e spirituali come Santa Teresa d’Avila e Giovanni della Croce. Nascono brani dal pathos mistico ed emotivo che arricchiscono il repertorio dell’artista di profondità e poesia (spicca in tal senso l’intero album ‘Se fossi più simpatica sarei meno antipatica’). Purtroppo anche la libertà ha un prezzo per Giuni, e senza l’appoggio di un’etichetta forte viene esclusa per due volte da Sanremo, pur presentando alcuni dei suoi brani migliori: ‘La Sua figura’, scritta con Maria Antonietta Sisini e uscita nel ’94, e ‘Il carmelo di Echt’, quest’ultima mai incisa dall’artista ma fortunatamente pervenutaci in un prezioso live. Viene spontaneo chiedersi che impatto avrebbero avuto questi brani e i relativi messaggi in un contesto altamente mediatico come il Festival.

Il tortuoso cammino della cantautrice palermitana è emblema delle difficoltà incontrate da chi sceglie di percorrere una strada inesplorata, lontana da compromessi o scorciatoie. Non è affatto facile rinunciare alla via più semplice: quante volte sentiamo alla radio grandi voci adattate a facili motivi (ben più piccoli del loro talento), nel timore che il pubblico possa perdere interesse per loro? Oggi più che mai è importante recuperare e tramandare i valori di chi ebbe il coraggio di essere sé stesso attraverso le sue opere e di mettere l’arte davanti alla ricerca del successo a prescindere.

Il talento degli alieni come Giuni è difficile da gestire, da comprendere, da vendere e da confezionare, e talvolta rimane lì, fermo nella nicchia della storia finché i tempi non sono pronti per accoglierne i frutti in modo adeguato. Quella voce che per Battiato era un miracolo sta aspettando da troppo tempo di volare alle altezze che merita, oltre le imposizioni della discografia, oltre le definizioni, oltre i tormentoni che ne hanno monopolizzato il ricordo.