Autentica icona della canzone italiana, l’artista ha preferito la riservatezza alla sovraesposizione, scegliendo di essere piuttosto che apparire
23 agosto 1978, Mina tiene il suo ultimo concerto a Marina di Pietrasanta, sul palco dello storico teatrotenda Bussoladomani, all’apice della sua carriera e all’età di soli trentotto anni. A quarant’anni esatti dal suo ritiro, è difficile comprendere quali siano state le ragioni che hanno scatenato una simile decisione, per colei che ancora oggi è considerata unanimamente la regina incontrastata della musica leggera italiana, riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo. La sua presenza-assenza ci ha, però, continuamente accompagnato nel corso dei decenni, insegnandoci che l’arte e lo showbiz possono essere due cose distinte e separate.
Apparire non è tutto, questo lo aveva capito prima di chiunque altro, in un’epoca in cui non vigevano ancora le leggi dei social network, dove la concorrenza discografica era meno spietata e, tutto sommato, la privacy di un personaggio pubblico era ancora preservabile. E se la sua valutazione avanguardista fosse corretta? Se quella decisione presa di pancia fosse stata la sua salvezza sia dal punto di vista personale che professionale? Difficile stabilirlo, ma le va riconosciuta una certa dose di coraggio, poiché nessuno dopo di lei ha seguito il suo esempio, forse perché le telecamere fanno gola a tutti e in ogni artista si cela un pizzico di sano esibizionismo.
«Questo è il mio ultimo spettacolo, ho deciso di vivere – ha confidato la cantante alla fine del suo ultimo concerto in Versilia alla giornalista Natalia Aspesi – sono stanca di essere braccata dalla stampa e dai fotografi, voglio essere me stessa, mi prometto di scomparire per sempre». Parole forti ma risolute per una diva che per troppo tempo ha condiviso la sua vita privata donando tutta se stessa alla musica, concedendosi il lusso e l’azzardo di preferire alle luci dei riflettori l’intimità del barlume di una candela.
Diversi filmati amatoriali circolano in rete e ritraggono alcuni frammenti di questa storica esibizione, che testimonia l’ultima apparizione pubblica della Tigre di Cremona. Il suo mito oggi continua a ruggire, anche se la sua immagine è avvolta dal mistero, il pubblico può solo sognarla e concentrarsi sull’estensione della sua incantevole vocalità, rinvigorita e per nulla scalfita dal tempo.
Nel corso dei suoi sessant’anni di carriera (di cui solo venti trascorsi sotto i riflettori), l’interprete ha inciso oltre 1.500 brani, vendendo oltre 150 milioni di dischi. Tra i capolavori che impreziosiscono il suo repertorio, ricordiamo: “Il cielo in una stanza”, “Insieme”, “Se telefonando”, “Un anno d’amore”, “Amor mio”, “Grande grande grande”, “Parole parole”, “E poi…”, “Non gioco più”, “Vorrei che fosse amore”, “Sono come tu mi vuoi”, “Città vuota”, “Bugiardo e incosciente”, “L’importante è finire”, “Ancora ancora ancora”, “Questione di feeling”, “Più di così”, “Volami nel cuore”, “Acqua e sale”, “Grande amore”, “Portati via” e la recente “Volevo scriverti da tanto” (qui la nostra recensione).
Così, anno dopo anno, disco dopo disco, i suoi ritorni hanno sempre suscitato la curiosità degli ammiratori che non l’hanno mai abbandonata. Il rischio c’era, ma il desiderio di riprendere in mano la propria vita ha prevalso su qualsiasi cosa, trasformandola in un’autentica leggenda. Nessuno, né prima né dopo di lei, ha mai mostrato così tanta tenacia nel perseguire i propri ideali, molti sono tornati sui propri passi e altri ancora sono stati schiacciati dal peso di un sistema che non fa sconti a nessuno. In un momento in cui i like, le views e i follower contano quanto il deposito dove è custodito il patrimonio di Paperon de’ Paperoni, la scelta di non apparire e di donarsi solo attraverso l’arte è da considerarsi una lungimirante controtendenza.
Le persone che criticano la sua scelta definendola una mancanza di rispetto nei confronti del proprio pubblico, sono le stesse che stanno portando alla deriva la nostra società, perché la musica è un’arte povera che non necessita di lustrini, paillettes, selfie, firmacopie o qualsiasi altro tipo di compromesso per poter raggiungere la sua massima espressione.
Senza soffermarci troppo sulle motivazioni che restano sacrosantamente personali, a distanza di quarant’anni, questa decisione è da ritenersi ancora oggi audace e anticonvenzionale. L’unico rammarico è quello di non poter più ammirare la gestualità, la mimica facciale e il pathos delle sue affascinanti performance. Tutto questo e molto altro ancora è Mina, donna fragile dotata di una voce potentissima in grado di toccare note inarrivabili, che ha scelto di diventare invisibile agli occhi degli spettatori, per restare incisa per sempre sul nastro magnetico della nostra memoria.
Nico Donvito
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