sabato 23 Novembre 2024

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Beato tra le donne: ritratto di Giuni Russo

Omaggio alle voci femminili e alle signore della canzone, autentiche icone di fascino e bellezza che hanno scritto pagine di storia. A cura di Marco Fioravanti

La domenica è l’unico giorno il cui nome è di genere femminile, per questo motivo non potevamo che dedicarlo alle donne che hanno fatto grande la nostra canzone, celebrandone il talento, il coraggio e l’unicità.

In ogni puntata di “Beato tra le Donne”, Marco Fioravanti ci accompagna alla scoperta e riscoperta delle più grandi protagoniste della scena musicale italiana e non. Attraverso un racconto appassionato e ricco di dettagli, si ripercorrono le carriere straordinarie di queste voci femminili che hanno segnato la storia della musica. L’appuntamento di oggi è dedicato a Giuni Russo.

Giuni Russo, una voce e molto altro

Ieri, 14 settembre 2024, era il ventesimo anniversario della morte di Giuni Russo. Una settimana fa, il 7 settembre, avrebbe compiuto 73 anni. Quasi tutta la vita di Giuni, al secolo Giuseppa Romeo, è trascorsa all’insegna della musica e per la musica. Un aspetto importantissimo della sua vita artistica è quello legato alla sua voce, inimitabile, incomparabile, una perfezione di suoni e potenza difficilmente eguagliabile. Una qualità, una dote che avrebbe potuto renderla schiava dell’effetto sorpresa, del conosciutissimo “verso dei gabbiani” che lei faceva con la sua voce in maniera molto naturale. Ma lei non si fece mai prendere dall’effetto “virtuosismo”, proponendo i suoi brani in maniera del tutto naturale e con gli effetti vocali e sonori per rivestirli in maniera perfetta ed elegante.

Appena ragazzina scoprì di avere un dono, una voce spontaneamente straordinaria, e questa sua dote fu ben accolta dalla sua famiglia che amava la musica lirica. La stessa madre di Giuni era un soprano naturale. La sua prima esibizione fu a soli 13 anni al Palchetto della Musica davanti al Teatro Politeama nella natia Palermo. Nel 1967, a sedici anni vinse Castrocaro interpretando “A chi” il celeberrimo brano di Fausto Leali. Da Castrocaro a Sanremo in quegli anni si passava di diritto e la strada di Giuni sembrava ormai segnata e senza possibilità di rallentamenti, ma invece non fu così.

Il brano che le venne assegnato per la gara sanremese del 1968No amore” di Intra-Pallavicini, in coppia con Sacha Distel, non era certo un capolavoro e non era nemmeno di suo gradimento. La carriera di Giusy Romeo, questo il nome con cui debuttò, non partì nel migliore dei modi. Il brano non andò in finale, le successive partecipazioni alle molte manifestazioni del tempo, Festivalbar, Disco per l’estate, Cantagiro, con altri brani non aggiunsero niente di concreto al suo percorso artistico. L’ultimo singolo inciso per la Columbia fu “I primi minuti”, versione italiana di “I say a little prayer” brano scritto da Burt Bacharach per Dionne Warwich, con il testo di Giorgio Calabrese. Lo stesso brano ebbe numerose versioni, la più famosa quella incisa lo stesso anno da Aretha Franklin.

Giusy Romeo sparisce dalle scena per qualche anno, lasciando Palermo per Milano. Conoscerà quindi Maria Antonietta Sesini, che le resterà accanto per tutta la vita, vivendo e lavorando insieme. Ritorna alla ribalta nel 1975, firmando con l’etichetta tedesca Basf e cambiando nome in Junie Russo. Viene pubblicato un disco per un lancio internazionale di Giuni, “Love is a woman”, ristampato su cd nel 2012 e in vinile nel 2019. Questo suo primo 33 giri, nonostante le buone premesse, non riscuote molto successo. Verranno nel tempo pubblicati nuovi singoli, con la collaborazione di Cristiano Malgioglio. Nasceranno brani per Giuni, ma anche per Rita Pavone, Iva Zanicchi e Amanda Lear. 

All’inizio degli anni ’80 qualcosa cambia nel destino di Giuni Russo. Dopo il rifiuto della stessa Giuni di un contratto con la sede parigina della RCA, si arriva all’incontro con il chitarrista e produttore Alberto Radius (ex Formula 3), Alfredo Cerruti direttore artistico della CGD e con il grande Franco Battiato.

Da quel momento sembra che tutti inizi a girare per il verso giusto, inizia quindi una seconda parte della carriera di Giuni Russo. Nel 1981 vede la luce il secondo 33 di Giuni, “Energie”, un album meraviglioso che ancora oggi è considerato un capolavoro. 

L’utilizzo della voce della Russo nelle canzoni del disco è strabiliante, diventando uno strumento tra gli strumenti, non la voce che copre la musica come spesso capita con altri artisti. Voce e musica sono un tutt’uno. L’estate 1982 la vede come grande protagonista, l’amico Battiato le scrive un evergreen come “Un’estate al mare”, che si trasforma nel tempo nella sua croce. Grazie o purtroppo a causa quell’enorme successo, tutta la sua carriera successiva viene travolta da questo.

La casa discografica dell’epoca la CGD nella figura di Caterina Caselli la vorrebbe obbligare ad incidere solo canzoni estive di grosso impatto come appunto “Un’estate al mare”. Giuni invece vorrebbe spaziare verso altri orizzonti e si arriva quindi alla rottura del contratto nel 1985, quando alla Russo viene concessa una liberatoria bollandola come “artista ingestibile”, minandole così anche la credibilità verso le altre case discografiche. Le fanno praticamente terra bruciata, infischiandosene del talento ma guardando solo al portafoglio, come una attività imprenditoriale qualsiasi, senza alcuna sensibilità al talento dell’artista. 

Da questo momento parte la terza parte della carriera di Giuni Russo. Firma un contratto con una piccola realtà come la Bubble Record, che le permette di incidere i dischi come lei preferiva. Ci sono canzoni più leggere come “Alghero” o “Adrenalina” o progetti più impegnativi come la rilettura di alcune arie di Bellini, Donizetti e Verdi nell’album “A casa di Ida Rubinstein”. Nel 1994 con la Emi pubblica “Se fossi più simpatica sarei meno antipatica”, da un testo di Petrolini e comincia il suo avvicinamento alla conversione religiosa studiano San Giovanni dalla Croce e Santa Teresa d’Avila.

Nel 2003, inaspettatamente, Giuni Russo torna per la seconda volta nella sua vita al Festival di Sanremo. Il bellissimo brano presentato “Morirò d’amore”, era già stato candidato ben due volte, senza mai passare la selezione. La reazione del pubblico fu grandiosa e Giuni arriva ad una perfetta alchimia in un brano che la descrive totalmente. Fu il suo canto del cigno, perché l’anno successivo perse la sua battaglia contro un male che l’aveva colpita da tempo.

Negli anni successivi ci sono state moltissime iniziative a suo nome, molti dischi ripubblicati e inediti portati alla conoscenza del pubblico, creando attorno alla figura di Giuni Russo una stima che forse quando era in vita a volte latitava, una stessa reazione che accadde anche ad un’altra voce indimenticata del panorama musicale italiano, Mia Martini… ma questa è un’altra storia.

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Marco Fioravanti

Marco Fioravanti, la musica nel sangue, da sempre e per sempre. Laureato in Culture Moderne Comparate e in Scienze dell'educazione, scrivere è una bella abitudine che non ho mai perso. Collaboro con Fare Music, magazine online, parlando di musica, cultura e spettacolo. Il palcoscenico l'ho vissuto anche in prima persona, partecipando a musical e a spettacoli di vario genere (Notre dame de Paris, Jesus Christ Superstar), come conduttore ed autore di programmi radiofonici e televisivi (Beato tra le donne su Radio in Blu e Me and the city su TRS Tv Channel). Frasi preferite: "La vita, amico, è l'arte dell'incontro" di Vinícius de Moraes e "Mi sembra di ricordare che ci batteva il cuore" di Virna Lisi.