Omaggio alle voci femminili e alle signore della canzone, autentiche icone di fascino e bellezza che hanno scritto pagine di storia. A cura di Marco Fioravanti
La domenica è l’unico giorno il cui nome è di genere femminile, per questo motivo non potevamo che dedicarlo alle donne che hanno fatto grande la nostra canzone, celebrandone il talento, il coraggio e l’unicità.
In ogni puntata di “Beato tra le Donne”, Marco Fioravanti ci accompagna alla scoperta e riscoperta delle più grandi protagoniste della scena musicale italiana e non. Attraverso un racconto appassionato e ricco di dettagli, si ripercorrono le carriere straordinarie di queste voci femminili che hanno segnato la storia della musica. L’appuntamento di oggi è dedicato a Mina.
Mina, esplosione di talenti
Signore e signori, Mina! …. Come annunciava Lelio Luttazzi nei sabati sera televisivi della Rete unica nazionale della Rai, bastava solo questo per provocare ai telespettatori, assiepati in qualche casa o in qualche bar, una serie di sensazioni ed emozioni legate ad un nome tanto breve ma tanto importante. È la cantante italiana ad aver venduto più dischi al mondo, oltre 150 milioni di copie, ha inciso canzoni in tante lingue diverse… oltre 1500 canzoni! 72 album in studio, una quarantina di raccolte ufficiali e tante altre non ufficiali, oltre 140 singoli! Una sequela di premi a non finire che ne hanno sottolineato, se mai ce ne fosse stato bisogno, la grandezza e l’unicità del personaggio.
Nata, per caso, a Busto Arsizio il 25 marzo del 1940, ma tornata intorno ai tre anni nella originaria Cremona, è conosciuta infatti da tutti con il nomignolo “La Tigre di Cremona” per la grinta con cui ha sempre interpretato le sue canzoni. Negli anni ’60 e ‘70 del secolo scorso c’era la moda di descrivere con dei nomi di animali le cantanti dell’epoca, oltre alla tigre c’era L’aquila di Ligonchio, Iva Zanicchi, la Pantera di Goro, Milva, il Pulcino di Gabbro, Nada, la Cerbiatta di Forlì, Alice, l’Usignolo di Cavriago, Orietta Berti. Se non si parla di animali invece c’erano Pel di carota, Rita Pavone, La ragazza del Piper, Patty Pravo e Casco d’oro, Caterina Caselli.
Mina, ad ogni modo, non aveva certo bisogno di un soprannome per essere ricordata. Fin dal suo esordio in una piccola balera della bassa cremonese, tenuta a battesimo da due star dell’epoca come Natalino Otto e la moglie Flo Sandon’s e mesi prima quasi per scherzo dopo un concerto di Don Marino Barreto jr alla Bussola di Forte dei Marmi, quando salì sul palcoscenico travolse il pubblico in sala. Era nata una stella!
All’inizio partì addirittura con due nomi, Mina che aveva un repertorio più legato alla canzone italiana rivista però alla sua maniera e Baby Gate, con successi internazionali da lei ricantati. “Mina” ebbe la meglio e Baby Gate sparì nel nulla. Con la sua voce toccava vette altissime, facendola rientrare a pieno titolo nel gruppo dei giovani “urlatori” della canzone italiana, tra cui Celentano, Betty Curtis e Tony Dallara. La tenuta e la padronanza del palcoscenico era per il pubblico italiano completamente nuova; non era immobile ed ingessata come le cantanti del periodo, ma si muoveva, roteava le sue braccia e le sue mani nell’aria come se dovesse volare via, incantando chi la stava ad ascoltare.
I successi che Mina ha cantato nei suoi tanti anni di carriera sono moltissimi, non basterebbero dieci articoli per elencarli! Proviamo a citarne qualcuno: “Il cielo in una stanza”, “Città vuota”, “Se telefonando”, “La banda”, “Vorrei che fosse amore”, “Non credere”, “Insieme”, “Io e te da soli”, “Amor mio”, “Bugiardo ed incosciente”, “Grande, grande, grande”, “Parole, parole”, “L’importante è finire”, “Anche un uomo”, “Questione di feeling”, “Volami nel cuore”, “Acqua e sale” fino ad arrivare al duetto dello scorso anno con Blanco “Un briciolo di allegria”.
Una delle caratteristiche più particolari di Mina è quella di aver la capacità di dare una seconda vita alla canzoni già edite che lei sceglieva tra le tante. Molti brani del Festival di Sanremo, dove lei partecipò nel 1960 e nel 1961 non vincendo e giurando quindi di non tornarci mai più, diventarono dei successi grazie alla versione “minesca”. “E se domani”, cantata da Fausto Cigliano e Gene Pitney al Festival del 1964, passò quasi inosservata. Il suo autore, Carlo Alberto Rossi, autore anche della famosissima “Le mille blu”, convinse Mina a cantarla, divenendo così uno dei suoi brani più famosi e venduti, visto che sul 45 giri stampato verso la fine del 1964 era presente come lato B ed invece il lato A era “Un anno d’amore”, due successi fondamentali per la sua carriera ultracinquantennale. Successivamente la magia si ripeté con “Se tu non fossi qui”, Festival del 1966. Arrivo al decimo posto, cantata da Peppino Gagliardi e Pat Boone, ma fu la versione di Mina a fare il botto. E lo stesso effetto si replicò molte e molte volte, tra le ultime “Oggi sono io” di Alex Britti e “Sarà per te” cantata da Francesco Nuti a Sanremo 1988.
Un aneddoto, tra i molti, che si può raccontare per far capire la popolarità di Mina è quello che riferiva un organizzatore di gare canore per voci nuove che disse che durante una finale databile all’inizio degli anni ’70, tutte le giovani donne in gara volevano cantare “La voce del silenzio” di Mina, altro brano preso dalla kermesse sanremese, presentato da Tony Del Monaco e Dionne Warwick, ma reso immortale dalla cantante cremonese.
Oltre alla carriera di cantante, Mina può vantare qualche film ad inizio carriera del genere “musicarelli”; la leggenda racconta anche che rinunciò ad un film di Federico Fellini e addirittura ad una parte ne “Il Padrino” di Francis Ford Coppola. Importantissima fu invece la carriera televisiva, dove divenne primadonna di spettacoli quali Studio Uno, Senza Rete, Canzonissima, Teatro 10 fino al varietà forse più bello della televisione italiana del tempo, e cioè Milleluci che la vedeva al fianco di un’altra vedette senza tempo come Raffaella Carrà. Per anni ha poi tenuto una rubrica su Vanity Fair, poi su Liberal ed infine su La Stampa. Indimenticabili furono anche gli spot pubblicitari con Mina, al tempo chiamate “reclame”, tra cui possiamo ricordare la pasta Barilla, la cedrata Tassoni ed infine la Tim.
Oltre a questo, fu artefice della scoperta di Fabrizio De Andrè, che quasi convinto a lasciare il mondo della canzone che non gli dava alcuna speranza di successo, tornò sui suoi passi quando Mina nel 1967 incise “La canzone di Marinella”. De Andrè la scrisse nel 1962 e la cantò nel 1964, ma non successe nulla. Quando la cantò Mina fu subito un grande successo e una decisiva iniezione di fiducia per il cantautore genovese che da lì partì per una carriera di straordinario successo.
Mina fu un’influencer ante litteram, alla faccia delle ragazze che spopolano oggi sui vari social. Ogni ragazza e donna negli anni ’60 e ’70 ha almeno una volta copiato una sua pettinatura o un suo look, molte si sono strappate completamente le sopracciglia come lei, indossavano le minigonne inguinali come lei e le fedi sui pollici come lei. E l’immagine della testa con la treccia lunga rossa è ormai un suo inconfondibile simbolo!
Mina vanta record di copertine sulle riviste italiane, mensili e settimanali, fu vittima dei paparazzi che la seguivano dappertutto per scovare l’ennesimo nuovo amore o inventarsi qualche fandonia sul suo conto. Una delle ragioni del suo allontanamento dalle scene fu probabilmente anche questa e nonostante tutto ogni sua nuova immagine è sempre un evento.
Mina non fu mai un personaggio accomodante con la società italiana dell’epoca, fece scelte ardite come avere un figlio con un uomo sposato, Massimiliano nel 1963 con l’attore Corrado Pani, in una Italia in cui il divorzio ancora non esisteva; non ebbe problemi ad avere flirt o storie importanti con diversi uomini, nonostante la società degli anni ’60 nel belpaese era ancora molto chiusa e bacchettona. Pagò le consegue di tutto questo, quando venne allontana dalla Rai alla nascita del primo figlio, la stessa Rai che dovette richiamarla a furor di popolo per risollevare gli ascolti degli show del sabato sera. Una figlia invece arrivò nel 1971, Benedetta, frutto della breve storia con il giornalista Virgilio Crocco, che poi morì tragicamente nel 1973. Alla fine degli anni ’70 ritrovò un amico di vecchia data, il cardiochirurgo cremonese Eugenio Quaini, con cui si sposò nel 2006.
Mina iniziò molti e molti anni fa una moda che tra i nuovi cantanti di oggi è molto in voga, cioè cantare dei brani in coppia con altri artisti. A parte i duetti nelle varie trasmissioni del sabato sera, da Totò a Alberto Sordi, da Tognazzi a Mastroianni, fino ad arrivare al mitico duetto con Lucio Battisti, passando da Jannacci a Gaber, da Milva a Caterina Valente, da Fausto Leali a Riccardo Cocciante, arrivando infine ai due vendutissimi dischi con Adriano Celentano.
Mina, amata e contestata, adorata all’estero da tanti artisti, da Louis Armstrong che la definì “la più grande cantante bianca al mondo” da Sinatra, che l’avrebbe voluta per un tour negli Stati Uniti che lei rifiutò per paura dell’aereo fino a Liza Minelli che affermava “Mina è la più grande cantante che io abbia mai sentito”, una sequela di complimenti senza fine. Amata ma anche contestata da chi da lei si aspetta sempre di più, sempre il capolavoro, nonostante la sua sterminata carriera sia disseminata di pezzi indimenticabili. Contestata perché troppo amata, perché dal 1978 è sparita dalle scene, incarnando due Mine, una con una vita reale con la sua famiglia ed una “icona”, una realtà quasi virtuale per il suo sterminato pubblico. Signore e signori…. per sempre, Mina!
Marco Fioravanti
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