Il fascino del vinile, tra scoperte e riscoperte musicali. A cura di Marco Baroni
In un’era digitale, dove tutto è a portata di clic, il vinile resiste come un simbolo di autenticità, passione per la musica e rimane un oggetto prezioso, capace di raccontare storie attraverso i suoi solchi incisi.
In questa rubrica, Marco Baroni ci guiderà in un viaggio attraverso i solchi di vinili che hanno fatto la storia, esplorando non solo i classici intramontabili, ma anche le gemme nascoste ec he meritano un posto d’onore nelle collezioni degli appassionati.
Ogni settimana, esploreremo insieme dischi leggendari che hanno segnato la musica italiana, tra rarità dimenticate e indiscussi capolavori, riscoprendo il piacere di un ascolto autentico e senza tempo. “Solchi” è il luogo dove la musica torna a vibrare in tutta la sua purezza.
Il nostro viaggio prosegue con “Ligabue” di Luciano Ligabue, pubblicato da WEA nel 1990.
Solchi, parliamo dell’omonimo album di Ligabue
Questo album segna l’inizio della carriera strabiliante di Luciano Ligabue, da Correggio, che da piccolo paese, oggi è un luogo di culto per le migliaia di fan del cantautore.
Si tratta di un disco fortemente voluto da Pierangelo Bertoli, che lo aiutò concretamente a trovare un viatico nella discografia di allora. Il risultato rimane tuttora il più bel disco di Ligabue, quello più genuino e urgente, come tutte le grandi prime opere che si rispettino. Non c’è un brano sconosciuto al pubblico, fatta eccezione per “Angelo della nebbia”, pezzo unico che però resta un pelo sotto la popolarità delle altre, e “Freddo cane in questa palude”.
“Balliamo sul mondo” (vincitrice del Festivalbar) “Bambolina e barracuda”, “Marlon Brando è sempre lui”, “Bar Mario”, “Radio radianti” e “Figlio d’un cane” sono l’espressione più precisa di Rock puro in quel periodo, tanto che nel tempo Ligabue si guadagnerà l’appellativo di Springsteen italiano, scalerà le classifiche e darà inizio ad una serie di dischi premiati da pubblico e critica. Sarà anche tra i detentori delle chiavi, dopo Vasco Rossi, degli stadi di tutta Italia, quando gli stadi erano un punto d’arrivo e non come oggi, dove un album sembra valga il successo perenne, e lo stadio sia la normale prosecuzione per una storia d’amore ancora in attesa del primo bacio. Il discorso sarebbe ben più lungo ma ci fermiamo qui.
La parte più intimista e sentimentale ce la regalano brani come la straconosciuta “Piccola stella senza cielo”, “Non è tempo per noi” e “Sogni di rock ‘n’ roll”, ballate piene di quella ruvidezza padana mai sentita fino a questo esordio. Ligabue ha fatto tantissima strada, scritto centinaia di canzoni, mantenendo salda la sua schiera di fan e portando avanti il concetto di Artista, anche in questi tempi “social” poche e obbligate apparizione, e quando è ora…solo quando è ora…. tanta musica.
Marco Baroni
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