È disponibile dallo scorso 13 dicembre il primo progetto discografico di Estremo, intitolato “Era”. La nostra intervista al producer
Si intitola “Era” l’album di debutto di Enrico Botta, in arte Estremo, disponibile dallo scorso 13 dicembre per M.A.S.T./Believe. Il concept alla base del progetto nasce dalla sua naturale inclinazione a collaborare con voci femminili e finisce per dare vita a qualcosa di unico: un lavoro in studio interamente costruito su featuring al femminile. Estremo intervista
Presentato in grande stile durante la serata finale della Milano Music Week, questo primo progetto da producer di Estremo celebra il talento e la diversità delle artiste femminili coinvolte: BigMama, Caro Wow, Ele A, Epoque, Eva Bloo, Fluente, Francesca Michielin, Gaia, Mew, Nahaze, Rizzo, Sally Cruz. Approfondiamone la conoscenza.
Estremo presenta “Era”, l’intervista
Partiamo da “ERA”, ci racconti come si è sviluppato il processo creativo di questo primo progetto a tuo nome?
«Ho sempre sentito la necessità di costruire un mio progetto con il quale poter esprimere a pieno la mia visione artistica, ma al contempo ho sempre pensato fosse fondamentale avere un’idea solida su cui costruirlo. Da qui il concept di un album elettronico con sole voci al femminile. Il processo creativo è stato abbastanza diverso da brano a brano: alcune tracce le avevo già avviate prima di iniziare la lavorazione dell’album, mentre altre sono state create ex novo. Quando ho lavorato a “LENTO”, ad esempio, ero in una casa sul lago di Iseo, insieme all’amico e pianista Pierfrancesco Pasini, immersi nella quiete della Franciacorta. Abbiamo deciso di lavorare su un’acapella di un brano con Gaia, che è stata completamente stravolta e trasformata, acquisendo così una veste nuova e originale. Al contrario, brani come “TINDER <3” o “LOVESICK” sono stati scritti da zero in studio, rispettivamente con Eva Bloo e CARO WOW». Estremo intervista
L’album si distingue per la sua visione artistica coesa e per la forte presenza di voci femminili. Cosa ti ha spinto a concentrarti principalmente su collaborazioni con donne?
«L’idea di un album con sole voci femminili è nata quasi per caso. Mi trovavo in una camera d’hotel nel sud Italia con Alessandro, il mio manager, dopo una data. Stavamo ascoltando alcune demo nella mia cartella Dropbox, e ad un certo punto ci siamo accorti che la maggior parte dei brani erano cantati da donne. Da lì è nata la domanda: “Perché non lavorare a un progetto interamente costruito attorno a voci femminili?”. Un’idea che ho trovato molto innovativa, qualcosa che non era mai stato fatto prima, la premessa per la creazione del progetto». Estremo intervista
Come descriveresti l’evoluzione del tuo sound in questo album e quali sono state le principali influenze che lo hanno ispirato?
«Anche se i brani hanno sonorità diverse, trovo ci sia una connessione profonda tra loro. Li definirei come pianeti, ognuno con la propria dimensione e atmosfera, ma tutti parte dello stesso sistema solare. Tra le principali influenze che lo hanno ispirato mi viene da citare i Disclosure, Skrillex, Jamie xx o Aphex Twin, artisti che reputo pilastri della musica elettronica e che ascolto quotidianamente».
La musica elettronica è centrale nel tuo lavoro. Qual è il tuo approccio? Perché è sempre un rischio, ci vuole sempre il giusto dosaggio un po’ come nella preparazione dei dolci, l’elettronica richiede una certa abilità nel maneggiarla, non credi?
«Sono d’accordo sul fatto che la musica sia un po’ come la cucina: gli ingredienti di un piatto sono importanti tanto quanto il modo in cui vengono utilizzati e dosati. Questo discorso vale per tutti i generi musicali, non solo per l’elettronica. Penso però che la musica elettronica sia uno dei generi più aperti alla sperimentazione e alla libertà creativa. Spesso, è proprio l’idea più insolita a rivelarsi la più innovativa e stimolante. Forse, quando si parla di pop, è corretto non esagerare e dosare gli elementi, ma per quanto riguarda questo progetto, che è comunque un buon ibrido tra pop ed elettronica, non mi sono imposto alcun vincolo: ho semplicemente seguito il mio flusso creativo».
La tua carriera da DJ ti ha portato a suonare in molti club e festival italiani ed esteri. In che modo questa esperienza dal vivo ha influenzato il tuo lavoro in studio e, in particolare, la creazione di “ERA”?
«Faccio il dj da quando ero ragazzino e ho davvero fatto la “gavetta”, suonando in tantissime occasioni diverse, dai diciottesimi ai matrimoni, fino ai club e ai festival. È stato tutto fondamentale per comprendere come le persone reagiscono alla musica e per sviluppare un’intuizione più profonda su ciò che funziona davvero in un contesto dal vivo. “ERA” è stato sicuramente pensato con un occhio rivolto al contesto live e, anzi, credo sia proprio in questo contesto che riesce a trovare la sua massima espressione. Finora, l’unica occasione in cui l’ho suonato è stato durante il Listening Party organizzato per la Milano Music Week, ma sto già lavorando per progettare uno show da portare sui palchi il prima possibile. Non vedo l’ora».
In questi anni hai partecipato a Sanremo in veste di producer, per Madame con “Voce” e per BigMama per “La rabbia non ti basta”. Come credi si sia evoluto il Festival ultimamente?
«Negli ultimi anni, credo che il Festival si sia evoluto in modo positivo, riuscendo a presentare artisti e sonorità più moderne rispetto al passato. Questa trasformazione ha contribuito sia a lanciare progetti emergenti molto interessanti sia ad attirare anche un pubblico più giovane».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«La lezione più importante che ho appreso è che l’innovazione nasce dalla sperimentazione. Credo che senza il coraggio di prendersi del tempo per esplorare nuove idee, non si possa davvero progredire».
Nico Donvito
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