venerdì 22 Novembre 2024

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Ultimo, la risposta alla mancanza di fiducia nel prossimo

Quando le canzoni non seguono alcuna moda, ma nascono dall’esigenza di comunicare il proprio messaggio, nella maniera più pulita e onesta possibile

“Niente nuovo che avanza”, così potremmo definire l’epoca musicale che stiamo vivendo, per parafrasare un verso del successo sanremese de Lo Stato Sociale. Non bastava la crisi economica, da qualche tempo ci si mette pure il crollo della qualità artistica. Una delle cause di questa forma di “decadentismo 2.0”, purtroppo, è da attribuire ai gusti musicali dei giovanissimi, che hanno perso il culto della bellezza per inseguire la massa e le mode del momento. Quando penso che la classifica dei singoli più venduti in Italia è invasa da un ragazzino con i capelli rosa che si atteggia a rockstar nutro seria preoccupazione per il futuro della musica nel nostro Paese. Sfera Ebbasta è solo uno dei fenomeni, dal mio punto di vista inspiegabili, che stanno globalizzando e snaturando il nostro patrimonio artistico, sventrandolo dal suo interno con l’appoggio consenziente delle major, che fanno a gara per aggiudicarsi il nuovo rapper di turno. Ogni mese ne esce uno nuovo…. sbucano come funghi, nella maggior parte dei casi, allucinogeni.

ULTIMO_Sanremo 2018Ma c’è un barlume di speranza che si intravede all’orizzonte, un piccolo segnale di redenzione che mi fa tornare ad avere fiducia nel prossimo, mi riferisco al ventiduenne Niccolò Morriconi, alias Ultimo, talento romano che si è portato a casa la vittoria della sezione Nuove Proposte della 68esima edizione del Festival di Sanremo. Il suo è un linguaggio che catalizza l’attenzione dei giovani, mi piace immaginarlo un po’ come un nuovo pifferaio magico, che ipnotizza il pubblico di tutte le età, avvicinando i millennials ad un certo tipo di musica a cui viene dato sempre meno spazio, per non parlare dei contenuti. Le sue canzoni, ad esempio, non parlano di “figa” e non ostentano alcun tipo di riscatto sociale, anzi, si rivolgono agli emarginati, a chi non ha voce per esprimere il proprio disagio. Questo è importante sottolinearlo, soprattutto quando ad ascoltare determinate canzoni sono i bambini.

Questo articolo non vuole essere una lezioncina, perché non c’è nulla da insegnare ed è giusto che ci siano proposte musicali di tutti i generi, ma quando le etichette discografiche rifiutano giovani polistrumentisti, che compongono da soli le proprie canzoni, per far spazio alle quote rap o trap, che dir si voglia, solo perché “fa brutto” e riempie le casse di un’industria che piange miseria, lo trovo uno spunto di riflessione importante, allora mi domando: è giusto trucidare la nostra storia e la nostra identità, per inseguire una tendenza destinata a non avere un domani? Che morirà esattamente come l’italo-disco con la fine degli anni ’80, o la musica dance con l’arrivo del nuovo millennio. Una volta Francesco Baccini, un signore che potrebbe benissimo insegnare il valore di questa nobile arte nelle scuole, mi disse che i dischi che non invecchiano nel tempo sono quelli le cui sonorità non sono legate all’elettronica, perché ciò che viene artefatto in studio passa velocemente di moda, mentre i suoni di un pianoforte o di una chitarra sono immortali.

Questo Ultimo lo ha capito, nonostante la sua giovane età, e mi sento in dovere di consigliare a tutti l’ascolto di “Peter Pan”, il suo ultimo disco. Questa non vuole essere una marchetta, non ho ricevuto denaro né da lui né dal suo entourage, ma ci tengo a concludere questa “riflessione di pancia” con un piccolo suggerimento. Dopo tante parole è giusto dare spazio alla Musica, non a caso scritta in maiuscolo.

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.