A tu per tu con il giovane cantautore siciliano, in uscita con il singolo estivo “Una come te”
Composta a quattro mani con Marco Adami, “Una come te” è la canzone che segna il ritorno discografico di Andrea Malandrino, per la prima volta alle prese con un brano cantato in italiano, che arriva a quattro anni di distanza dal successo di Hit Mania e dalle prestigiose compilation in cui hanno preso parte grandi artisti internazionali del calibro di Bob Sinclair, Timbaland, Afrojack e Pittbull. Il brano anticipa il suo nuovo album di inediti “Un fil di ferro”, la cui uscita è prevista per il prossimo autunno.
Ciao Andrea, partiamo dal tuo nuovo singolo “Una come te”, com’è nato e cosa rappresenta per te?
«Il pezzo è nato dalla collaborazione ormai storica con Marco Adami, da subito mi ha affascinato l’idea di rivisitare un brano già edito, pubblicato negli anni ’70, ma che non aveva riscosso il giusto successo. Ho riscritto personalmente gran parte del testo, l’arrangiamento è stato attualizzato e il risultato è decisamente diverso dall’originale. Mancavo dal mercato discografico da quatto anni, per tornare ho scelto questo brano perché lo reputo molto rappresentativo per me e per il mio sound».
C’è una veste precisa che avete voluto donargli, sia a livello di sonorità che di testi?
«Ciò che mi premeva sottolineare nel testo era il concetto di “Una come te”, dal punto di vista sonoro abbiamo preferito dargli un’aria fresca, che andasse a braccetto con il linguaggio utilizzato e con il messaggio della canzone. Abbiamo optato per sonorità leggere, pur mantenendo un certo stile, di fatto il brano inizia chitarra e voce».
Quali innovazioni hai apportato rispetto ai tuoi precedenti lavori?
«Prima di tutto canto per la prima volta in italiano, rispetto ad “Hit mania” dove mi esprimevo in inglese. Altra particolarità è il linguaggio, che ho cercato nel tempo di raffinare per rendere ogni singola parola sempre più efficace. Ci tenevo a tornare con un brano dal sapore leggero, anche se nel prossimo album ci saranno pezzi molto più introspettivi».
Infatti, “Una come te” è il testo che hai scelto come apripista del tuo nuovo progetto discografico “Un fil di ferro”. Cosa puoi anticiparci di questo album?
«Ho scelto il titolo per simboleggiare in qualche modo la forza, volevo trasmettere un messaggio che non si limitasse al racconto di una storia, ma che andasse a scavare all’interno di ciò che proviamo nel nostro vissuto quotidiano. “Un fil di ferro” racconta un bellissimo viaggio e, soprattutto, la mia personale rinascita. A volte non ci rendiamo conto quanto ogni cosa che viviamo ci possa spingere ad un cambiamento, attraverso la mia musica vorrei trasmettere autenticità, appartengo alla scuola di coloro che non compongono con lo scopo di ottenere un successo fine a se stesso».
Facciamo un salto indietro nel tempo, come e quando ti sei avvicinato alla musica?
«Mi sono avvicinato sin da piccolo, in particolar modo al repertorio del Re del Pop, il grande Michael Jackson, di cui mi ritengo un suo fan sfegatato. Ancora prima della musica, in realtà, mi sono avvicinato alla scrittura all’età di dodici anni, componendo poesie, alcune davvero orribili (ride, ndr). Piano piano ho cominciato a mettere in musica quelle parole, ho preso lezioni di chitarra e da lì è iniziato tutto».
Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato il tuo percorso?
«James Brown, Ray Charles e tanti altri miti della musica, che cito con nostalgia perché in questo periodo storico, secondo il mio modesto parere, stiamo vivendo un momento di decadenza artistica, è difficile trovare qualcuno con cui immedesimarsi oggi, anche a livello filantropico, mancano figure di riferimento in grado di trasmettere sensazioni positive».
A tal proposito, con quale spirito ti affacci al mercato e come valuti in generale il settore discografico?
«Devo dirti la verità, non ho un’idea positiva dell’attuale scenario musicale, trovo che ci sia troppa rabbia nei testi e che, dal punto di vista discografico, si tenda a pensare più al business che alla qualità delle proposte. La musica ha un’importante funzione nella società, quella di far distrarre il pubblico dai problemi della quotidianità, di emozionare, di far viaggiare nel tempo. Oggi tutto questo si è un po’ perso, non c’è più il talent scout, ci sono altri meccanismi che rispetto ma che non mi rappresentano».
Da questo punto di vista, l’avvento web ha portato più vantaggi o svantaggi?
«Rispetto a quando ho iniziato, il web ha assunto un ruolo fondamentale, quasi prioritario, anche se mi ritengo l’anti-social per eccellenza. I miei collaboratori mi spronano a utilizzare questo mezzo che, per alcuni punti di vista, può anche essere interessante e utile ai fini di diffusione della propria arte, ma i rapporti umani sono un’altra cosa».
Secondo te, qual è l’aspetto più importante nel fare musica oggi?
«Donare speranza a chi ti ascolta, ritengo che la musica sia un insieme di frequenze che, un po’ come le fragranze dei profumi, ti rimandano a pensieri, a ricordi e ad emozioni diverse. La bellezza della musica è proprio questa, farti viaggiare con la mente, distrarti dalle cose negative donandoti serenità. Oggi si crede sempre meno nelle proprie capacità, non si seguono più i sogni come una volta e ci si abbandona con rassegnazione a tutto quello che viene. Questo mi rattrista, perché bisogna tornare ad afferrare ogni singolo istante, perché la vita è un soffio e la paura di fallire è già di per sé un grosso fallimento».
Personalmente, ti collochi in un genere particolare?
«Non voglio darmi etichette, sono un cantautore ma non voglio limitarmi ad un unico genere, con la massima libertà di espressione possibile. Mi piace sperimentare tutti i colori della musica, senza destabilizzare troppo chi mi ascolta, ma spaziare con criterio tra diverse sonorità».
Sogni nel cassetto? Tra i tuoi obiettivi c’è il Festival di Sanremo?
«In primis quello di fare tanta musica, riuscire a trasmettere il più possibile chi sono e quello che ho dentro. Il mio obiettivo è quello di comunicare raccontandomi, arrivando al cuore delle persone che, proprio come me, hanno voglia di genuinità. Per quanto riguarda Sanremo, ad oggi non ho un pezzo che reputo adatto a quel tipo di manifestazione, ma non escludo di pensarci nelle prossime settimane, trovo come requisito necessario quello di avere tra le mani la canzone giusta, per il momento ho voglia di riabbracciare le persone, realizzare live e far sentire la mia voce. Per me è un po’ come iniziare tutto da zero, per la prima volta canto in italiano, mi rimetto in gioco più consapevole di prima».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?
«Crederci fino alla fine, non arrendersi perché il panorama che si vedrà alla fine del viaggio sarà bellissimo. Questo è quello che dico a me stesso ogni giorno, anch’io talvolta ho momenti di sconforto, come tutti, quindi sono molto sensibile alle problematiche che ogni persona vive e affronta in maniera differente. Bisogna recuperare il valore dei rapporti, coltivare le amicizie nel quotidiano e non lasciare nulla al caso, ritrovare l’equilibrio umano e sociale, avere il coraggio di crede di più nelle proprie potenzialità».
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Nico Donvito
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