A tu per tu con la band piacentina, in uscita con il terzo progetto discografico intitolato “Salvami”
Si intitola “Salvami” il nuovo progetto musicale dei Blugrana, gruppo musicale in attività dal 2003, oggi composto da Marcello Mautone (voce), Matteo Cavanna (chitarra), Marco Marzaroli (basso) e Biagio Siero (batteria). Dopo averli incontrati in occasione del lancio del singolo “Ora sei…cosa sei?” (qui la nostra precedete intervista), abbiamo nuovamente condiviso una piacevole chiacchierata con la rock band piacentina.
Ciao ragazzi, partiamo da “Salvami”, il vostro nuovo disco, che valore ha per voi questo progetto?
«Un valore affettivo enorme, immenso, inestimabile. All’interno di questo album abbiamo messo noi stessi, tutto il massimo che potevamo dare. Per quanto riguarda l’aspetto musicale, abbiamo cercato di donargli una valenza che andasse al di fuori dei canoni tradizionali della discografia italiana, con la voce al pari di tutti gli altri strumenti, senza sovrastare con il cantato l’arrangiamento, bensì viaggiando all’unisono. È stato un lungo lavoro, per la realizzazione abbiamo impiegato circa due anni, ci è sembrato giusto mettere in risalto il nostro innato spirito da rock band».
Cosa aggiunge questo terzo capitolo discografico al vostro percorso?
«Semmai si possa ancora parlare di innovazione in ambito musicale, abbiamo cercato di raccontare i tempi che stiamo vivendo con un linguaggio trasversale, comprensibile a più generazioni. Le sonorità che abbiamo adottato in questo disco sono molto diverse, l’obiettivo era quello di creare tracce differenti l’una dall’altra. La melodia sta a rappresentare lo stato d’animo descritto nel testo di ciascuna canzone, nella nostra concezione ogni elemento deve essere a servizio degli altri, senza risultare predominante, un’intuizione che crediamo sia la base di un gruppo musicale».
“Attimo” è il singolo che avete scelto per accompagnare l’uscita dell’album. Quale messaggio avete voluto lanciare attraverso le immagini del videoclip ufficiale?
«Fondamentalmente la nostra quotidianità, quello che facciamo nella vita di tutti giorni, il tutto intervallato da due ritornelli in cui diamo libero sfogo a ciò che ci piacerebbe poter fare, una sorta di contrapposizione tra realtà e sogno. Dal suonare in sala prove all’esibirci all’undicesimo piano di un palazzo, con il cielo sullo sfondo a sottolineare l’immensità e il desiderio di arrivare sempre più in alto, affinché la nostra musica non abbia confini di spazio o di tempo, arrivando a quanta più gente possibile».
A proposito di sogni che potrebbero concretizzarsi a breve, figurate tra i semifinalisti di “1M NEXT 2019“, il contest che selezionerà tre artisti da portare sul palco del consueto concerto del Primo Maggio di Roma…
«L’idea di poterci esibire in piazza San Giovanni durante il concertone, ci elettrizza, perché potrebbe rappresentare un traguardo ma anche un nuovo punto di partenza. Per noi sarebbe bellissimo, onestamente ci sentiamo anche pronti per un palco così importante e prestigioso, sarebbe il giusto per tutti questi anni di attività».
Qual è il vostro personale bilancio di questi sedici anni di carriera?
«Molto positivo, fatto di alti e bassi, perché abbiamo ricevuto tante soddisfazioni ma ci sono stati anche dei momenti difficili, in cui avevamo pensato anche di scioglierci, esattamente poco prima di entrare in studio per realizzare “Salvami”. Eravamo rimasti senza chitarrista e bassista, i precedenti membri del gruppo sono usciti improvvisamente dal progetto dall’oggi al domani, per motivazioni personali, chi per un motivo, chi per un altro. Nel momento più critico abbiamo incontrato prima Matteo e poi Marco, entrambi hanno sposato con passione da subito il progetto, così siamo ripartiti più carichi di prima».
Vi sentite rappresentati dal modo liquido e fugace di fruire oggi la musica?
«Diciamo che c’è sia un lato positivo che uno negativo, si è un po’ persa la magia del disco fisico, ma è necessario accettare le innovazioni per restare al passo coi tempi. Oggi come oggi chiunque può avere visibilità e mostrare quello che sa fare, questo lo troviamo bello, ma il rovescio della medaglia è che il pubblico si trova spiazzato e non riesce più a riconoscere la qualità, accontentandosi di ciò che gli viene proposto come prima scelta, senza andare ad approfondire il resto. Va tutto a duecento all’ora, spesso le canzoni vengono fruite per venti secondi e subito dopo skippate, bisognerebbe riscoprire l’arte e il piacere dell’ascolto».
Avendone la possibilità, rinascereste in questa precisa epoca o c’è un particolare decennio che considerate più vicino al vostro personale approccio artistico?
«A livello musicale ci sarebbe piaciuto nascere anche un pelino prima, vivere a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, non per un discorso di genere musicale, bensì di spirito con il quale ci si approccia a questa forma nobile d’arte. Ogni generazione ha la propria colonna sonora, quello di cui molti artisti soffrono oggi è la mancanza di curiosità e di cura da parte di chi ascolta, si vive un po’ troppo il momento».
Per concludere, qual è l’insegnamento più grande che sentite di aver appreso da tutti questi anni di attività e gavetta?
Marcello: «A me ha insegnato innanzitutto a cantare, non ho mai preso lezioni, i Blugrana sono stati la mia scuola, in più mi hanno permesso di dare una colonna sonora ai miei pensieri e ai miei testi, aspetto che per me ha un valore infinito».
Biagio: «Ho imparato a saper resistere e insistere su determinate cose che pensavo fossero giuste, a portare avanti determinate idee, a correre il rischio, tutto finalizzato allo scopo di cercare di regalare emozioni alle persone».
Matteo: «Personalmente mi è servito riuscire a comprendere che il mio strumento si può suonare in modi differenti, anche andando a sottrarre, facendo sentire le vibrazioni della chitarra anche quando non è presente, dosandone il suono e il suo utilizzo, in modo da venir fuori al momento opportuno».
Marco: «La musica mi ha insegnato l’arte della perseveranza, nel corso della mia carriera ho suonato in tanti gruppi, più volte ho pensato di mollare, perché non sempre è tutto rose e fiori, ma la passione è sempre stata più forte di ogni singola criticità».
Nico Donvito
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