A tu per tu con il cantautore lombardo, fuori con l’omonimo album disponibile dal 18 ottobre
Tempo di nuova musica per Corrado Dilo De Lorenzo, meglio conosciuto con lo pseudonimo di deLorenzo, in uscita con l’omonimo disco prodotto da Riccardo Parravicini, disponibile dallo scorso 18 ottobre. Nove inediti in scaletta che mettono in risalto l’animo intimo e acustico del cantautore brianzolo, in maniera semplice e diretta. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Corrado, “deLorenzo” è il titolo del tuo nuovo album, quali tematiche affronta e che tipo di sonorità abbraccia?
«E’ un album prettamente acustico. registrato per lo più in presa diretta con poche sovraincisioni. Ho raccontato il mio microcosmo, il mio mondo fatto di paure, incertezze ma anche di grande passione. senza filtri e senza sconti».
Chi ha collaborato con te a questo progetto?
«Il disco è stato prodotto ed arrangiato da chi ha suonato con me: Ivano Flospergher alla batteria; Simone Casale al basso; Daniele Molteno alle chitarre e Maurizio Boris Maiorano alle percussioni. Fondamentale il recording ed il mix di Riccardo Parravicini».
“Come Gregor Samsa” è il singolo scelto come apripista, che significato attribuisci a questo pezzo?
«E’ un pezzo in cui invito a liberarsi dai pesi che opprimono la nostra esistenza e che ci fanno vivere una vita che non è più la nostra. è l’unico brano del disco in cui ho affidato il testo ad altri. le parole sono dell’amico Kama (cantautore eccellente e mio concittadino di Seregno). Ha usato la metafora del Gregor Samsa di Kafka che si sveglia imprigionato nel corpo di un insetto, per parlare delle situazioni che ci bloccano e ci costringono ad essere altro da ciò che siamo: la donna/l’uomo sbagliato, il lavoro che non ci piace».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come hai mosso i primi passi nel mondo della musica?
«Ho cominciato presto, attorno ai quindici anni. ho sempre suonato in band. era la mia dimensione congeniale. mi piace la dimensione musicale della band, anche se è spesso conflittuale. perciò ho scelto di registrare il disco con una band di amici e non con turnisti. del resto sono bravissimi».
Quali ascolti hanno influenzato il tuo percorso?
«Beatles, Battisti e David Sylvian su tutti. Ma sono onnivoro. mi piacciono i generi più disparati: il rock, l’hard rock, il funk, passando per la musica elettronica. amo visceralmente i Tears for Fears; ma anche Dalla. nell’ultimo anno sono caduto innamorato di Enzo Carella. I suoi pezzi con Pasquale Panella sono eccezionali. imperdibili. peccato non abbia avuto il successo che meritiva».
Come valuti l’attuale situazione discografica e ciò che si sente oggi in giro?
«Al di fuori del circuito hip hop/rap che è vivo ed interessante, il mercato discografico è dominato da chi esce dai talent. macchine da guerra come cantanti ma poco interessanti a livello creativo. fuori dal mercato però esiste fermento nella musica d’autore».
Secondo te, come se la sta passando la canzone d’autore?
«Credo che la crisi economica durissima del nostro paese, e la conseguente incertezza, sia uno stimolo alla canzone d’autore, come negli anni 70. la gente ha paura ed è incazzata. io sento, fuori dal circuito main stream, cose interessanti come, ad esempio, Colapesce, DiMartino e Coma_Cose».
A chi si rivolgono le tue produzioni e dove ti piacerebbe arrivare con la tua musica?
«Spero a tutti. non sono canzoni difficili. non ho mai pensato alla musica come mezzo educativo. sono canzoni da viaggio. spero che le si possa ascoltare guidando e che, in qualche modo, possano portare la mente dell’ascoltatore lontano. un piccolo viaggio, senza meta, nell’iperspazio».
Per concludere, qual è la lezione più importante che ti ha dato la musica in questi anni di attività?
«La lezione della sintesi. quando registri e mix hai centinaia di variabili che vanno incastrate ed equilibrate. la musica mi struttura in un certo senso. mi obbliga alla ricerca dell’equilibrio eufonico».
Nico Donvito
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