A tu per tu con il rapper milanese, in uscita dall’8 novembre con il disco intitolato “La bella musica“
Tempo di nuova musica per Matteo Privitera, alias Vegas Jones, uno dei nomi di punta del rap italiano, fuori con l’album “La bella musica”, che arriva a un anno e mezzo di distanza dal precedente “Bellaria“. Tredici tracce in tracklist, tutte autobiografiche e ben rappresentative dello stile dell’artista di Cinisello Balsamo, che riesce a coniugare temi sociali con argomenti di uso comune tratti dalla nostra quotidianità. Dopo aver collaborato con gli One Republic, i Maneskin, Irama, Gemitaiz, Emis Killa, Madman, Baby K, Jake La Furia, Guè Pequeno, Nitro e Nayt, nell’album figura un solo featuring con Fabri Fibra, nel brano “Presidenziale”. In occasione di questa nuova uscita, approfondiamo la conoscenza del giovane talento classe ’94.
Ciao Matteo, cosa hai voluto raccontare tra le barre delle tredici canzoni in scaletta?
«Ho voluto raccontare la mia evoluzione, anche se a livello personale sono rimasto sempre lo stesso, ho solamente capito meglio certi aspetti della vita che prima non mi erano molto chiari, tentavo di affrontarli ma non riuscivo a comprenderli a fondo. Oggi sono molto più sereno e molto più tranquillo, qualcosa l’ho capita e mi sto già mettendo al lavoro per crescere ancora. In questo disco ho cercato di raccontare sempre me stesso, come la vedo io, dal mio sguardo ai miei occhi, passando per il mio cuore, mentalmente e fisicamente, tutto quello che ho visto in questi anni l’ho raccontato».
Rispetto al tuo precedente album “Bellaria”, quali innovazioni senti di aver dato a questo nuovo capitolo di vita e di musica?
«Innanzitutto ho capito la mia direzione, “Bellaria” era più un disco spaccato a metà, tra roba molto rap e roba un po’ più tranquilla. La cosa più importante dei dischi è che ti accorgi dopo che la gente li ascolta e il tipo di peso che hanno, prima puoi fare duemiladuecento viaggi, ma finché le persone non ti danno un loro feedback non riesci a comprendere il loro valore reale. Molti miei supporter mi hanno consigliato di non accomodarmi, non ho fatto altro che fare tesoro di questo avviso e portarlo con me in questo disco. Mi sento soddisfatto perché credo di aver trovato la squadra vincente».
Infatti è un disco molto personale, questo appare chiaro nei testi ma anche nella scelta di inserire un solo featuring, quello con Fabri Fibra. Un po’ in controtendenza rispetto alle solite produzioni hip hop, a cosa si deve questa scelta?
«Principalmente al fatto che avevo tante cose da dire, mie e personali, per cui mi è venuto naturale. Per quanto riguarda “Presidenziale”, quando ho fatto la traccia ho pensato subito a Fibra, mi è venuto spontaneo, ci stava talmente bene che ho presa come una cosa personale anche quell’episodio. Per il resto è stato un lavoro molto intimo, tra me e i miei produttori, ma anche con chi ha registrato le voci e le ha mixate, coloro i quali hanno ragionato con me dietro al progetto. Sicuramente è stato un lavoro di squadra, non sono qui a prendermi tutti i meriti, io ho cantato e rappato, al resto hanno contribuito tante altre persone».
Sempre a proposito di controtendenza, colpisce la copertina: non indossi gioielli, orologi o robe sfarzose, c’è il tuo volto, un tatuaggio con il CAP della tua Cinisello Balsamo e una chiave di violino come orecchino. Una scelta volta a mettere subito in chiaro sia da dove vieni che quello che vuoi fare?
«Sì, la mia storia senza fronzoli. Quando ci siamo chiesti come fare la copertina abbiamo scelto di realizzarla molto easy, in “Follia del mattino” lo dico, quando guardi me vedi solo musica, quello devi vedere. Quando fai un disco cerchi di rappresentarlo con un messaggio, nella copertina voglio esprimere innanzitutto un concetto, poi all’interno del disco parlo comunque di collane e di soldi, ma perché fanno parte della mia vita, non sono stereotipi messi lì a caso. Il tatuaggio della mia città sta a sottolineare che non mi sono dimenticato da dove vengo, per il resto è quello che faccio nella vita, il titolo richiama proprio questo, considero il rap bella musica ed è giusto ascoltarlo».
Essere se stessi è la chiave per non somigliare a nessun altro? In un’epoca in cui le mode non si cavalcano ma addirittura si surfano, cosa ti spinge con decisione a concentrarti unicamente sul tuo percorso e non badare al resto?
«E’ difficile da fare al giorno d’oggi, soprattutto quando vedi che le cose che fanno tutti funzionano. Fortunatamente anche le mie cose hanno sempre funzionato, ma non ti nego che ci sono dei momenti in cui sei fermo discograficamente e stai a guardare cosa succede fuori, per vedere come si sta evolvendo la situazione e ascoltare la nuova roba che sta uscendo. Ti dico la verità, io sono molto fiducioso, già da quest’anno ci sono stati dei chiari segnali che il rap sta tornando al ritmo e alla poesia, che è una cosa ottima, il che vuol dire che posso relazionarmi con un nuovi artisti non solo perché sono in hype, ma perché la loro musica è realmente una bomba».
Dall’8 novembre partirà il consueto instore tour che farà tappa nelle principali città italiane. Come ti stai preparando a questo nuovo abbraccio del tuo pubblico?
«Bene, sono contento, facciamo un sacco di città, saranno due settimane belle intense. L’anno scorso mi sono divertito tanto con gli instore, sono curioso di vedere se ci saranno o meno le stesse facce, perché da lì capisci se hai lavorato bene o meno, un po’ come nei live. Spero di vedere l’attaccamento, di rivedere la mia gente, chi se ne frega se sarà faticoso, saranno mica queste le cose faticose della vita, anzi è un’esperienza bellissima perché ti porti a casa un sacco di robe, una volta finito sarò sicuramente più ricco di oggi».
A tal proposito nell’intro “DM” dici che “per molti i fan sono consumatori, mentre per te rappresentano la fonte della tua ispirazione”, che idea ti sei fatto del tuo pubblico e che messaggio ti senti di rivolgere ai tuoi sostenitori?
«Il messaggio è sempre quello di credere in loro stessi, magari prendendo in riferimento qualcuno, potrei essere pure io se ti piace il mio modo di pensare e di vedere le cose, o un altro se preferisci, ognuno ha la fortuna di poter scegliere cosa ascoltare. Sento che i miei fan sono simili a me, che è la cosa che mi da più soddisfazione, lo vedo quando li incontro in giro per strada o mi scrivono. ».
Per concludere, dove e a chi ti piacerebbe arrivare attraverso la tua musica?
«A me piacerebbe arrivare al mondo (sorride, ndr), mi piacerebbe arrivare a tutti, ma prima di tutto in Italia, in ogni singola casa, in ogni singola testa. Mi piacerebbe arrivare alla gente che mi può capire, che vive la mia stessa situazione e nel Paese dove sono io. Poi, chiaramente, se la nostra lingua prende lo stesso passo di quella spagnola, sarebbe bello cercare di portarla altrove. Il mio obiettivo è arrivare alle orecchie di chiunque mi capisca, se hai un bel sound e una bella anima puoi arrivare a comunicare con le persone».
Nico Donvito
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