E’ un Moreno alla ricerca del successo, del tormentone ma anche della contemporaneità, del suono moderno e della positività quello che esce fuori da Slogan, il terzo album d’inediti del rapper genovese pubblicato lo scorso 2 settembre per Universal Music (Qui la nostra video-recensione).
Dire che si tratta di un passo decisivo e che probabilmente segnerà il destino di Moreno Donadoni è praticamente un’ovvietà innegabile visto che dopo lo straordinario successo ottenuto con Stecca, il suo primo album pubblicato in seguito alla sua partecipazione (con tanto di vittoria finale) ad Amici di Maria de Filippi, la luce del successo sembra essersi spenta senza nemmeno adottare un effetto dissolvenza già a partire da Incredibile, il secondo album, a cui nemmeno il Festival di Sanremo è riuscito a fare del bene (anzi). Oggi Moreno riparte cantando “devo trovare uno Slogan per ritornare di moda” nella title track (Slogan) e secondo singolo estratto per anticipare l’album mentre in una “coraggiosa” Intro decanta il suo percorso artistico partito dalle battle di freestyle e passato poi da Amici a Sanremo analizzando coscientemente la sua situazione. Qualcosa si è rotto, cosa non si sa visto che Moreno non è mai cambiato veramente. Forse non è mai stato apprezzato dal pubblico e solo la televisione ha gonfiato i risultati che sono svaniti quando la telecamera ha smesso di registrare.
A produrre l’album c’è Big Fish che è una garanzia per quel elctro-pop-rap che negli ultimi anni ha invaso la nostra scena musicale. Il disco, infatti, ha il chiarissimo obiettivo di ri-cercare la popolarità ed il successo pur non rinunciando alla propria identità e alla volontà di mantenere l’impronta del progetto partito già con Stecca. Il rap di Moreno non è un rap di denuncia: non parla di politica, di Stato, di società, di sesso e non contiene ogni verso almeno una parolaccia. Quello di Moreno è il rap del sorriso, è un rap che parla anche di sentimenti, di sano divertimento e di situazioni quotidiane: è un rap-pop. Questa tendenza ad essere più pop che mai è ben palese in (quasi) tutto l’album considerando che l’assoluta totalità dei ritornelli melodici (ingrediente più che essenziale se si ricerca il successo, la radiofonicità e l’orecchiabilità) è cantata dallo stesso Moreno che rinuncia così ai tanto fortunati duetti con le voci femminili del momento che costituiscono la fortuna dei rapper della nostra generazione.
La domanda fondamentale, però, è una e soltanto una: Moreno è riuscito a trovare lo slogan che cercava? Ecco, la risposta è quanto mai difficile da dare in questo caso. Slogan è un disco dalle due facce: se fosse un disco creato esclusivamente per vendere allora l’obiettivo non sembra essere stato raggiunto perché la mancanza dei duetti con le voci pop del momento si fa sentire e i brani tipicamente più “rap” non sono quasi mai vere e proprie hit nel nostro panorama discografico. Insomma, manca la hit radiofonica che risponde ai canoni attuali. Difficile, però, credere che fosse esclusivamente questo l’obiettivo dell’album: ecco allora che se lo scopo fosse stato creare un disco in cui fosse ancora il sorriso a caratterizzare il tutto l’obiettivo sembra essere stato raggiunto. Un disco che naviga su mari diversi: da un lato il grande lavoro fatto sulle sonorità e negli arrangiamenti che si fanno spesso elettronici grazie ad un magistrale Big Fish, dall’altro la mancanza di un brano che davvero emerga rispetto agli altri per consentire la creazione di una hit vera e propria.
C’è la parte più viva musicalmente che parte dai primi due singoli, Slogan (basato sui marchi pubblicitari) e Un giorno di festa (con un interessante melodia estiva che avrebbe potuto funzionare grazie ad un buonissimo ritornello martellante), per proseguire con Alba di domenica e Attimi preziosi. C’è la parte più tipicamente rap in Antirap (uno dei brani più interessanti) e Ping Pong (dove Moreno, però, ricade in cose già cantate in un passato non troppo recente e che fanno forse annoiare per la ripetitività). C’è la parte più melodica con i ritornelli pop in 50 sfumature di canzoni, Lontanissimo, Magici, Nevica (la migliore in assoluto di tutto l’album per la scrittura magistrale che presenta) e Lasciami andare dove entra Deborah Iurato, unica presenza esterna, per portare un po’ della sua potenza vocale che, però, viene marginalizzata al solo ritornello finale facendo sfumare una buona opportunità. E’ in queste ultime tracce che, però, Moreno tira fuori anche tutte le sue fragilità nell’uscire dal seminato del suo rap più puro: troppo spesso la sua voce cigola in quei versi così melodici da non riuscire a valorizzarlo veramente nonostante delle melodie e dei testi ben costruiti.
Un album a metà. Buono, ma non troppo per convincere davvero. Manca la hit, manca una voce egualmente sicura sul rap e sul pop (visto che lo si vuole fare), mancano i duetti (imprescindibili per un rapper in Italia oggi), manca la varietà di temi. C’è però la costruzione di melodie ben riuscite, c’è un’attenzione nei suoni apprezzabili, c’è la ricerca e la sperimentazione. Non si eleva ma non affonda. Sta a metà.
Migliori tracce: Nevica
Voto complessivo: 6.5/10
Ilario Luisetto
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