Un fatto di attualità dell’ultima settimana da rivivere in musica
<<Se dovessi cercare una parola che sostituisce “musica” potrei pensare soltanto a Venezia>> [Friedrich Nietzsche]
Esistono poche frasi che riescono a mirare all’essenza di una città tenendo in mano il cuore di tutta la sua bellezza. Quella di Nietzsche è sicuramente una di queste. Parlare e spiegare Venezia è pressoché complicato. Venezia sfugge di continuo, si trasforma, si nasconde e ti incanta con le sue mille sfaccettature. Sarebbe, però, moralmente un peccato mortale non provare a raccontare la sua bellezza in questi giorni così tragici per il capoluogo veneto.
Un cantautore che ha provato a raccontare Venezia è stato Francesco Guccini, quindici anni dopo l’ultimo allagamento della città. Guccini è certamente famoso per la sua sobrietà musicale con i testi sempre taglienti e mai superficiali. In questa canzone l’autore bolognese fa parlare un uomo non di certo veneziano, che si “limita” ad elencare tutto ciò che Venezia sia per lui. “Un sogno, un albergo, un imbroglio, un’ossessione”.
Ad oggi questo testo è, a dir poco, attuale. La domanda nascosta – che già dall’inizio si intuisce non porterà a nessuna risposta – è sparsa un po’ ovunque.
“Che cosa è Venezia?” Perché è così tanto speciale? Limitarsi a dire che è una città galleggiante sarebbe un sopruso alla sua unicità. Venezia è una città che soffre, bagnata da lacrime e da onde del mare. È una città che non potrai mai capire finché non te la senti addosso. O la vivi o, per te estraneo, rimarrà sempre un mistero, un sogno. Una delle frasi più belle della canzone è appunto: “Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare, però non ti puoi risvegliare con l’ acqua alla gola, e un dolore a livello del mare”.
La mente va subito ai tanti veneziani che vivono ad ora una situazione difficile. Con l’acqua che, con feroce e attento lavoro, sta distruggendo posti, ricordi e molte realtà. Quanto può far male l’altra faccia della bellezza? Guccini prova a raccontarcelo tramite la superficialità di un turista disattento, che vedo solo una bella giostra e che non ne coglie il mistero più profondo.
Come disse lo scrittore Fabrizio Caramagna: “Se a Venezia non ti perdi in certi vicoli stretti, ti emozioni solo a metà”. Forse è proprio quella una delle più sorprendenti realtà di Venezia. Più ci provi a capirla e più ti perdi, perché diventi te stesso “parte” di essa. Venezia ti ingloba nel suo fascino, rimani prigioniero di tanta meraviglia.
Guccini canta questa canzone dedicandola a Stefania, una donna morta durante il parto. Con essa sembra morire una parte di Venezia che mai più tornerà.
Guardando ad oggi le immagini della città allagata viene da chiedersi quanta Venezia si stia perdendo e quanta riuscirà a resistere. Perché questa non è una città fatta solo di case galleggianti e canali. È una magia, forse triste, ma impregnata di bellezza. Guccini alla fine sostiene che “può darsi che un giorno saremo contenti di esserne solo lontani parenti…”. Molto probabilmente ha ragione. Un giorno dimenticheremo questa pazzia che sta nel perdersi nella sua infinita bellezza. Un giorno forse. Oggi non ancora, nonostante la brutta tragedia che sta vivendo. Oggi no. Oggi voglio perdermi ancora.
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