venerdì 22 Novembre 2024

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Cara: “La musica mi ha spronato a provarci, a dare il meglio di me” – INTERVISTA

A tu per tu con la giovane cantautrice cremasca, in uscita con il suo secondo singolo “Le feste di Pablo

Tempo di nuova musica per Anna Cacopardo, alias Cara, interessante e talentuosa artista che ricordiamo per aver lanciato di recente il suo singolo d’esordio “Mi serve”, un bel biglietto da visita discografico. Si intitola “Le feste di Pablo” il secondo brano pubblicato, disponibile su tutte le piattaforme digitali dallo scorso 13 marzo, un pezzo che parla della tendenza di cercare di colmare qualsiasi vuoto, qualsiasi tipo di mancanza, spesso attraverso anche cose futili. Realtà e fantasia, un filo più che mai sottile in un’epoca particolare come questa.

Ciao Anna, benvenuta. Partiamo dal tuo nuovo singolo intitolato “Le feste di Pablo”, cosa hai voluto fotografare tra le righe e le note di questa canzone?

«Con “Le feste di Pablo” ho voluto ricreare un po’ il confine tra realtà ed immaginario, una sorta di viaggio, un continuo entrare ed uscire tra il mondo che abbiamo dentro e quello che c’è fuori di noi. La costante ricerca di tutto ciò che, spesso e volentieri, non ritroviamo nella dimensione reale, per poi rifugiarci nella vera e propria immaginazione».

Qual è stata la scintilla che ti ha indotto questo tipo di ragionamento? 

«Penso sia un ragionamento molto generazionale, perché gli stimoli che riceviamo dall’esterno a volte ci disorientano. E’ stato un processo molto naturale, in un mondo come quello di oggi il futile diventa necessario, d’istinto, quasi a voler colmare in qualche modo il nostro vuoto interiore. Diciamo che è l’epoca in cui viviamo che mi ha portato a questo tipo di riflessione».

“Le feste di Pablo” arriva dopo il successo del tuo singolo d’esordio “Mi serve”, musicalmente parlando pensi di aver trovato con questi primi due pezzi la tua personale direzione sonora, oppure ne sei ancora alla ricerca?

«Sicuramente è bello sperimentare, anche se devo dirti che questa direzione mi piace, mi ci ritrovo ed è una traiettoria adatta al tipo di percorso che voglio fare, perché mescola a livello sonoro tante influenze, le stesse che fanno parte di me e dei miei ascolti. Trovo che ci sia un filo conduttore tra i due brani, questa cosa l’apprezzo particolarmente».

Facciamo un breve salto indietro indietro nel tempo, come e quando hai incontrato la musica?

«La musica fà parte di me, ho sempre voluto esprimermi, ne ho sempre sentito il bisogno. Sicuramente è stata una scelta, perché credo che niente capiti per caso, però è stato molto naturale rendermi conto dell’importanza che la musica ha nella mia vita, in maniera per me davvero essenziale».

A chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare?

«Credo che le mie canzoni siano generazionali, anche se spero possano piacere a persone di diverse età, vorrei rivolgermi non esclusivamente ai miei coetanei». 

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato il tuo percorso?

«Vengo da diversi ascolti, in particolare amo tutto il cantautorato italiano, a cominciare da Lucio Dalla, passando per Fabrizio De Andrè e Samuele Bersani. Credo siano stati fondamentali per me alcuni ascolti internazionali come David Bowie e Damien Rice, o più contemporanei come Jessy Rayez o i Twenty One Pilots. E’ giusto secondo me ascoltare un po’ di tutto, anche per capire che la propria sensibilità la si può trovare in diversi tipi di linguaggio, perché più cose si riescono ad assorbire e più sfumature si ottengono; uscire dalla propria comfort zone, quando si rimane intrappolati in un genere, può diventare un vero e proprio ostacolo».

Citandomi per primo Lucio Dalla hai forse dato una risposta alla mia prossima domanda: a cosa si deve la scelta del tuo nome d’arte?

«Infatti, la sua “Cara” è stata la principale derivazione della scelta del mio nome d’arte, è un pezzo a cui tengo moltissimo, non è stato assolutamente un caso».

In questo ultimo periodo stiamo vivendo una situazione inedita a livello mondiale, l’emergenza sanitaria nei confronti della diffusione del Covid-19 sta mutando la nostra quotidianità, non a caso stiamo realizzando questa chiacchierata tramite Skype . Come stai vivendo questo momento così delicato?

«E’ un momento difficile e triste per tutti, però bisogna cercare di essere positivi e fiduciosi. Personalmente penso che sia giusto seguire le indicazioni che ci sono state date, in questa situazione così delicata è importante che ognuno faccia la sua parte, così come trovo sia necessario non abbattersi, pensare positivo ed utilizzare al meglio il  tempo a nostra disposizione».

Dopo “Mi serve” e “Le feste di Pablo” cosa dobbiamo aspettarci dal tuo prossimo futuro?

«Stiamo lavorando in studio a nuovi pezzi, come ti dicevo prima ci sarà sempre un filo conduttore che unirà i precedenti singoli ai prossimi. Spero di continuare a stupirmi sempre anch’io in prima persona».

Per concludere, c’è un particolare insegnamento che ti porti dietro e che senti di aver imparato in questi anni dalla musica?

«La musica aiuta molto a guardarti dentro, ma è anche un’attitudine, mi ha sempre accompagnato, preso per mano e dato conferma della sua presenza, spronandomi a provarci, a dare il meglio di me».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.