Entriamo dentro il testo di una canzone per comprenderne il significato
Nuovo appuntamento con Canzone per te, la rubrica che ogni mese ti porta alla scoperta di una canzone diversa, cercando di capire il significato e il messaggio che vuole trasmettere attraverso la sua musica e le sue parole.
La canzone protagonista di questo mese è Stato di natura di Francesca Michielin, in collaborazione con i Måneskin: si tratta del singolo facente parte dell’album Feat (stato di natura), pubblicato nel marzo 2020. In Stato di natura l’artista di Bassano del Grappa sottolinea l’importanza dell’uso delle parole e lancia un forte messaggio contro la violenza verbale (e non solo) che colpisce le donne, un fenomeno sempre più presente nella società odierna.
«Quando parli non capisco, sembra che ci sputi. Oppure urli perché devi amplificare quattro versi muti. Sei già perso, grosso, solo dopo due starnuti. Ma il tuo concerto dura 15 minuti»: sono queste le parole con cui si apre il brano. Già dall’incipit è possibile cogliere lo stato d’animo dell’artista: ella è indignata e stanca di vivere in una società in cui le parole non sembrano avere alcun peso. Il valore di un discorso, infatti, non dipende dal numero delle parole pronunciate e dal tono elevato della voce, ma dal significato e della profondità di ogni singolo termine.
Nella società odierna sembra prevalere la convinzione che la ragione spetti a colui che si impone con maggior vigore e forza, piuttosto che a colui che, per timore o timidezza, non cerca di imporre a tutti i costi le proprie idee e considerazioni. In ogni caso, urlare per amplificare concetti vuoti e privi di contenuto è inutile. Il concerto durerà solo pochi minuti.
Le parole di molti individui sono piene di rabbia e di invidia. Spesso gli insulti sono il modo più semplice utilizzato dalle persone per celare la loro gelosia. È indubbiamente più facile insultare e criticare una persona che ha ottenuto successo o che ha raggiunto un traguardo importante, piuttosto che cercare di comprendere come questa abbia fatto e mettersi d’impegno per fare altrettanto: «perché spaccare tutto o essere aggressivi? Cani che ringhiano, ma con in tasca gli antidepressivi. E con gli altri parassiti criticare il prossimo per farci grandi, ma sotto la foto mettere la “cit”». È proprio per questa serie di motivi che si ha quasi l’impressione di essere immersi in uno “stato di natura”, in cui l’unica regola vigente è quella che è il più forte a sopravvivere.
L’artista bassanese rivendica quindi i suoi diritti di essere umano e donna. Ella non può sopportare il fatto di essere fischiata per strada come fosse un cane e di non essere rispettata: «non è nella mia natura farmi fischiare per strada come fossi un cane. Non è nella nostra natura dire di amarci e alla fine amarci così male». La frase “non è nella mia natura” ha un significato di notevole importanza e valore; l’artista, infatti, con queste parole, intende distaccarsi con decisione dagli atteggiamenti e dai comportamenti di innumerevoli individui.
Successivamente Francesca Michielin analizza le contraddizioni sulla figura della donna presenti nella società odierna. Se da un lato si ritiene che la libertà sia un diritto inviolabile, dall’altro si criticano le ragazze che si vestono a loro piacimento. Se da un lato il seno delle donne è utilizzato ovunque, dall’altro è considerato uno scandalo allattare un neonato in pubblico.
La libertà e la sottomissione sono due concetti totalmente incompatibili tra loro. Una donna non può essere considerata libera se poi deve sottostare alle decisioni del marito, del partner o di qualsiasi altro individuo: «Rivendichiamo per il corpo la libertà, ma critichiamo una ragazza che si veste come le va. C’insegnano che la donna è madre, una pin up che guida male. Ma il navigatore ha quella voce là. Dell’immagine servile con cui ci avete dipinte, con il fatto di sentirci obbligate ad esser spinte. Usate il nostro seno ovunque, una cosa normale. Ma se allattiamo in pubblico? Non si fa, è immorale».
Indubbiamente nel corso degli anni le differenze tra uomini e donne si sono sempre più ridotte, ma ciò non basta. Se da un lato, infatti, molte donne hanno iniziato (con successo) a ricoprire incarichi e ruoli mai avuti prima, dall’altro gli stipendi e, più in generale, le condizioni di lavoro e di trattamento non sono ancora le stesse degli uomini.
Sebbene sia stato fatto un grande lavoro, ve ne è ancora parecchio da compiere. Il divario tra i due sessi risulta ancora notevole ed evidente. Essere schiavi di una cultura patriarcale e dominata dal possesso ostacola il progresso e l’evoluzione della società; in un mondo libero ogni cittadino ha il diritto di condurre la sua vita a proprio piacimento, rispettando le normali regole di convivenza.
Una madre non è solo una madre. Ella è una persona, una donna, un cittadino e un soggetto che partecipa alla vita collettiva. E lo stesso vale per i figli e per i mariti: «siamo schiavi di una cultura patriarcale. La cultura del possesso. Dove nessuno può scegliere da che parte stare, dove una madre è solo madre, una figlia è solo figlia, un uomo è solo uomo e l’amore è solo uno».
Anche la solidarietà, talvolta, viene meno. In una società sempre più veloce e fluida sembra che lo spazio riservato agli affetti e ai piccoli gesti sia sempre minore. È per questo che spesso le mani, al posto di alzarsi in aiuto di coloro che sono in difficoltà, si trasformano in veri e propri schiaffi. Il valore e lo spessore di un uomo, però, non è dato dalla sua forza fisica, ma dai suoi comportamenti e dalle azioni che compie quotidianamente: «e ho visto troppe mani non alzarsi in aiuto degli altri e diventare schiaffi. E non è un complimento urlare “che bel culo”. Ricorda, non ti rende uomo saper dare un pugno».
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