Il ricordo dell’indimenticata ugola di Bagnara Calabra, straordinaria e magnetica interprete
Mimì, quattro semplici lettere che racchiudo al loro interno tutto un mondo, un mondo fatto di emozioni e di delusioni, di successo e di solitudine, di un sapore piacevole e di amaro. Tutto questo vissuto agrodolce Mia Martini lo ha sempre cantato, con disinvoltura e sofferenza, donando ad ogni sua singola performance un bagaglio di emozioni forti, vissute intensamente attimo dopo attimo.
Il 12 maggio è sempre un giorno triste, proprio come lei stessa cantava nella celebre “Piccolo uomo”, una data che gli amanti della buona musica italiana non possono certamente dimenticare, a causa della sua improvvisa e prematura scomparsa. A venticinque anni di distanza, la sua voce e la sua personalità riecheggiano nelle numerose canzoni che ci ha lasciato, un’eredità inestimabile.
Ripercorrere la storia di Mimì è un’impresa emotivamente importante, perché all’interno di quella che possiamo considerare una carriera musicale ci sono momenti di vita, alcuni delicati e tormentati, altri ancora avvolti nel mistero. Quello che è certo è che il suo è un talento unico, raro e puro proprio come la sua innocente anima, più volte violentata da calunnie e maldicenze prive di alcun senso. Domenica Bertè, questo il suo nome reale, non è stata semplicemente una cantante di successo che ha attraversato momenti di luce e di buio come accaduto a tanti colleghi, bensì una donna che ha saputo interiorizzare un malessere, catalizzare un dolore causatole dal marcio di un’intera società sorda e cieca, addossandosi colpe mai commesse. Definirla ingiustizia sarebbe riduttivo, quello che Mia Martini ha vissuto sulla sua pelle è qualcosa di disumano, assolutamente inqualificabile.
“Sai, la gente è strana, prima si odia e poi si ama” cantava a Sanremo ’89 in occasione del suo grande ritorno, un verso che descrive in poche parole la sua intera esistenza, il suo rapporto con gli altri e la sofferta decisione di abbandonare le scene. Il suo è un vissuto che può servire da monito per le nuove generazioni, soprattutto in quest’epoca digitale così influenzata dai social e dal chiacchiericcio, raccontare l’umanità di una donna vittima del pregiudizio è un segnale importante, da non sottovalutare.
Prima che donna e artista, Mia Martini è una voce, intensa e struggente, che ha saputo ispirare e far muovere le penne più prestigiose del panorama italiano, da Lucio Battisti a Fabrizio De Andrè, passando per Ivano Fossati, Franco Califano, Claudio Baglioni, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Umberto Tozzi, Riccardo Cocciante, Vasco Rossi, Biagio Antonacci, Enrico Ruggeri, Mango, Amedeo Minghi, Gianni Bella, Mogol, Giancarlo Bigazzi, Dario Baldan Bembo, Enzo Gragnaniello, Mimmo Cavallo, Mariella Nava, Bruno Lauzi, Mauro Pagani, Paolo Conte e molti altri ancora.
Di lei tanto si è detto e troppo si è scritto, più che raccontare la sua storia appassionata quanto travagliata, ci piacerebbe rivolgere un omaggio alle canzoni che, in circa trent’anni di attività, ha personificato con la fragilità e il carisma che contraddistinguono il suo nobile animo. Di seguito vi proponiamo alcuni dei versi più rappresentativi, tratti da brani che hanno nobilitato, in egual misura, sia la carriera di Mimì che l’intero patrimonio musicale italiano.
Mia Martini | Le frasi più belle
«Ora che sono mezza inguaiata
e che ho deluso le tue speranze,
vieni di corsa, mi hanno avvisata
per dirmi in faccia le tue sentenze»
“Padre davvero” (1971)
«La mia speranza diventò ben presto un’abitudine
i miei sogni furono le mie ossessioni
la mia prigione fu la mia casa
le mie fughe arrivarono solo dietro l’angolo
i miei baci vennero insudiciati dal primo venuto
la mia vita e la mia morte si sposarono e insieme mi uccisero»
“Oltre la collina” (1971)
«È l’ultima occasione per vivere
vedrai che non la perderò
perché io posso
io devo, io voglio vivere
ci riusciremo insieme»
“Piccolo uomo” (1972)
«E la vita sta passando su noi
di orizzonti non ne vedo mai
ne approfitta il tempo e ruba come hai fatto tu
il resto di una gioventù che ormai non ho più
e continuo sulla stessa via
sempre ubriaca di malinconia
ora ammetto che la colpa forse è solo mia
avrei dovuto perderti e invece ti ho cercato»
“Minuetto” (1973)
«E può essere lieve la malinconia
è come la pioggia che cade in questa via
lo sai, lo sai non ricordo quanti anni avrai
avrai gli anni di allora e cambiare non potrai».
“Notturno” (1975)
«Se finisse qui, la mia vita qui stasera
se finisse qui, ne incominciasse un’altra ma vera
sulla strada di casa mia diamanti e stelle chi va piu’ via»
“Se finisse qui” (1977)
«Sarò sola in mezzo alla polvere
dovrò farmi forza e non piangere
capirò quanto eran falsi i miei sogni
e combattere i miei ricordi»
“Canto malinconico” (1977)
«Ma intanto guardo questo amore
che si fa più vicino al cielo
come se dietro l’orizzonte
ci fosse ancora cielo»
“La costruzione di un amore” (1978)
«Se avrò una faccia pallida e sicura
non ci sarà chi rida di me
se cercherò qualcuno
per ritornare in me
qualcuno che sorrida un po’ sicuro
che sappia già da sé»
“E non finisce mica il cielo” (1982)
«Sai, la gente è sola
come può lei si consola
per non far sì che la mia mente
si perda in congetture, in paure
inutilmente e poi per niente»
“Almeno tu nell’universo” (1989)
«Parlano di WWF, nucleare, DDT, look e prostata
equo canone, popoli sfrattati, sindacati
amnistie, aids, indice di gradimento
e intanto il rogo della notte è già pronto
per coniare nuovi incubi
e monete nelle fonderie di stato»
“Spegni la testa” (1989)
«Donna come l’acqua di mare
chi si bagna vuole anche il sole
chi la vuole per una notte
c’è chi invece la prende a botte
donna come un mazzo di fiori
quando è sola ti fanno fuori
donna cosa succederà
quando a casa non tornerà»
“Donna” (1989)
«La musica non finirà mai
perché sarà con te fino alla sua fine
quando racconterai che
la musica ti prendeva di notte
dopo i tuoi tradimenti con qualche mortale
dopo che tu avevi regalato
tutto l’oro che ti aveva donato
lentamente ma disperatamente»
“Io e la musica” (1990)
«Com’è com’è com’è
che c’era posto pure per le favole
e un vetro che riluccica
sembrava l’America
e chi l’ha vista mai»
“La nevicata del ’56” (1990)
«E quando i vecchi amori si lasciano nei bar
diventano canzoni di tanto tempo fa»
“Rapsodia” (1992)
«Sono stata anch’io bambina
di mio padre innamorata
per lui sbaglio sempre e sono
la sua figlia sgangherata
ho provato a conquistarlo
e non ci sono mai riuscita
e lottato per cambiarlo
ci vorrebbe un’altra vita»
“Gli uomini non cambiano” (1992)
«Guardami in faccia quando mi parli se sei sincera
se non mi guardi quando mi parli non sei sicura
la voglio in faccia la verità e se sarà dura
la chiamerò sfortuna, maledetta sfortuna»
“Dillo alla luna” (1994)
«Per la vita che ho avuto
e la vita che ho dato
per i miei occhiali neri
per spiegare alla figlia
che domani va meglio
che vedrai cambierà»
“Mimi sarà” (1994)
Nico Donvito
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