A tu per tu con il cantautore partenopeo, al suo ritorno discografico con il singolo “Ma chi me lo fa fare“
A due anni di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere con Antonio Prestieri, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Maldestro, artista che abbiamo conosciuto grazie alla partecipazione a Sanremo 2017 con “Canzone per Federica”, oltre che con i successivi ispirati lavori “I muli di Berlino” e “Mia madre odia tutti gli uomini”. Si intitola “Ma chi me lo fa fare” il brano che segna il suo atteso ritorno, disponibile in radio e in digitale a partire dallo scorso 4 settembre. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Antonio, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Ma chi me lo fa fare”, quali riflessioni lo hanno ispirato?
«Hai presente quando la mattina ti svegli e ti guardi allo specchio e urli: «E tu chi diavolo sei?» Ecco, è successo più o meno così. Anche se mi ero affezionato a quello sconosciuto, cacciarlo di casa non è stato facile».
La sincerità intesa come chiave di lettura per essere sé stessi, in una società piena di rapporti virtuali e di comunicazioni che passano attraverso i social, è ancora possibile?
«Assolutamente sì. Il social non è solo il nostro avatar, la maschera dietro la quale si nasconde l’essenza, non ci credo a questa storia. Credo che nel virtuale ci siano persone molto sincere. È solo una proiezione del tutto nuova della nostra vita. Se sei buono o stronzo in carne ed ossa, lo sarai anche virtualmente».
A livello narrativo, cosa aggiungono le immagini del videoclip ufficiale?
«L’amore per l’eros. Ho sempre creduto nella poligamia e nei rapporti liberi e mi piaceva l’idea di poterlo raccontare attraverso le immagini. Nella mia vita tutto ciò è molto presente. Come l’amicizia, lo stare insieme a discutere dei grandi dilemmi dell’uomo o semplicemente di cazzate molto leggere».
In cosa pensi di essere cambiato e quali aspetti pensi di aver preservato in questi ultimi due anni?
«Credo che un uomo cambi a ogni incontro. Pure se va al supermercato a comprare le uova può succedere che torni a casa cambiato dentro. E io in due anni ne ho comprate di uova! Ho preservato la voglia di curiosare sempre e, dunque, di continuare a cambiare».
Come hai vissuto il lockdown e con quale spirito stai affrontando questa ripartenza?
«Bene, non mi va di fare l’ipocrita e dire il contrario. Certo è stato un momento particolare, ma dentro casa ci sto alla grande, se poi la condividi con la persona che ami, che prima di essere la tua compagna è la tua più grande complice, allora tutto è più sopportabile. Spero si ritorni presto a fare arte tra le persone ma soprattutto ad abbracciarsi senza alcun timore».
Al netto dell’incertezza dovuta al particolare periodo storico, come pensi ne potrà uscire l’industria discografica da tutto questo?
«Le industrie discografiche troveranno sempre un modo per uscirne. Mi soffermerei di più sugli artisti che faticano a vivere d’arte, quelli che per lo Stato sono solo fantasmi».
“Ma chi me lo fa fare” anticipa l’uscita del tuo quarto album in studio, prevista per il prossimo autunno, cosa dobbiamo aspettarci a riguardo?
«È un disco molto sincero, non che gli altri non lo fossero. Ma questo ha meno giri di parole e va subito al dunque. Questa volta sono nudo completamente».
Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?
«Ho un pubblico abbastanza variegato e ne sono felice. A chi vorrei arrivare? Come direbbe Massimo Troisi “anche ai Minolli e ai Rostocchi”».
Nico Donvito
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