domenica 24 Novembre 2024

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C’è sempre una canzone (d’amore): Cosa mi manchi a fare

Raccontiamo l’amore con una canzone

Sarebbe tutto troppo bello se la vita fosse come in un film romantico, come quelli che guardo io la sera per fuggire al caos quotidiano anche solo per qualche ora. Sarebbe tutto troppo facile se trovassimo subito l’amore, le scarpe del nostro numero in saldo, il tram sotto casa, se riuscissimo a metterci le lenti senza infilarci le dita negli occhi più volte, se potessimo mischiare vestiti bianchi e rossi in lavatrice senza avere l’ansia di trovarli tutti rosa. Ma ovviamente la vita è la vita e non un film, quindi anche in amore non esistono strade diritte, ma solo tantissime curve, stradine di montagna piene di salite e di discese. Se nelle puntate precedenti vi ho parlato dell’amore che nasce e che cresce, oggi ci spostiamo su quello che, purtroppo, finisce.

La canzone d’amore di oggi ci fa tornare indietro nel 2015, quando Calcutta pubblicò ‘Mainstream’, un album che tutti ricordiamo per una sciarpa in copertina. Il pezzo è di certo uno di quelli che fanno perdere la voce, quelli che bisogna ascoltare a massimo volume. Me lo ha consigliato per questo spazio una persona che mi conosce meglio di quanto io conosca me stessa, memore delle mie stonature al concerto e vittima delle mie note vocali quotidiane.

Cosa mi manchi a fare” entra ufficialmente nella rubrica sulle canzoni d’amore e con lei il video memorabile del bambino di origine cingalese che si aggira triste per Roma a raccontare a tutti della sua delusione amorosa. “E non mi importa se non mi ami più e non mi importa se non mi vuoi bene”.

Il dolore è sempre difficile da affrontare, specialmente quando finisce un rapporto in cui credevamo tanto. Che poi magari la storia finisce ma l’amore no, quello può rimanere ancora tanto tempo. Così fingiamo che non ci importi, costruiamo muri e andiamo avanti, da soli, per la nostra strada. Cancelliamo foto dal telefono, eliminiamo i post su Instagram, pubblichiamo storie dove vogliamo mostrare che ci stiamo divertendo anche se in realtà non lo stiamo facendo per niente. Il fardello è sempre più difficile da portare, soprattutto quando bisogna farlo da soli. Ma poi ci ritroviamo a girare per la città e a mangiare “Un gelato con il tuo sapore” per riempire il vuoto che abbiamo dentro.

Ti prego dimmi che cosa mi manchi a fare, tanto mi mancheresti lo stesso, che cosa mi manchi a fare” Calcutta apre una voragine, un grido disperato per autoconvincersi che è inutile che una persona ci manchi, non ha senso sentirne la mancanza: lui non c’è. Una frase semplice, senza alcuni giri di parole, ma allo stesso tempo così forte da far tremare i muri dei palazzetti durante i live. E l’intensità di questo grido prosegue di pari passo con la canzone per metabolizzare la fine della storia. È come se fosse un mantra da ripetere all’infinito per capire che possiamo farcela, che possiamo superare anche questa. Più lo ripetiamo ad alta voce e più ci sembra vero; per convincerci del tutto lo dichiariamo anche dentro a una TV, lo gridiamo al mondo intero, che “Io da te non ho voluto amore”.

Il segreto, però, per Edoardo è solo uno: “Dovrò soltanto reimparare a camminare, se non ci sei tu”. Non è per niente facile riprendere il ritmo, sia nel caso che la relazione sia finita dopo tanto tempo ma anche per tutte quelle storie che sono rimaste lì, ferme, in stand-by e poi sono evaporate in una manciata di secondi. Occorre rimettersi in piedi e ricominciare a percorrere la propria strada.

Poi ci guardiamo indietro e vediamo che forse tutto quello che avremmo voluto era una cosa sola: “Scomparire in un abbraccio”. Perché gli abbracci, a mio avviso, nascondono un significato immenso, sono più forti di qualsiasi altro gesto. Con gli abbracci ci si confonde l’uno con l’altro, con un abbraccio entriamo nel mondo di chi sta davanti a noi e possiamo trasmettere tutto l’amore che proviamo senza dire niente. Gli abbracci ci salvano.

Quindi ci rivediamo tutti, prima o poi, in quel bambino triste e tenero che nessuno ha mai tempo di ascoltare. Come lui dovremo reimparare a fare un po’ di cose perché dopo una delusione è come se ci si dimenticasse come si fa a camminare, a respirare, a sperare, a sognare, ad abbracciare. E proprio oggi che non possiamo più abbracciare nessuno, oggi che le persone ci mancano davvero, non possiamo permetterci di dimenticare tutto ciò. Possiamo metabolizzare, sì, ma non potremo mai far finta di niente se abbiamo sentito esplodere una magia dentro di noi. Nemmeno se abbiamo deciso di non credere più nell’amore dei film. Nemmeno se chi amiamo ci ha fatto soffrire.

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