A tu per tu con l’ispirato cantautore barese, al suo ritorno discografico con l’album “Giovani dentro“
L’età intesa come una convenzione sociale e non una reale concreta unità di misura. Questo e molto altro ancora è ciò che si nasconde all’interno di “Giovani dentro“, il nuovo progetto musicale di Luca Giura, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Molla. Approfondiamo la sua conoscenza.
Ciao Luca, benvenuto. Partiamo da “Giovani dentro”, cosa hai voluto includere in questo tuo nuovo bagaglio discografico?
«Ho voluto portare con me il mio essere “Jolly” nella musica, in questo disco sono producer, autore per me, autore per altri, musicista. Ho voluto portare con me, finalmente dopo tanti anni, davvero tutto quello che mi piace, la valigia infatti è bella grande e non riesco nemmeno a chiuderla bene!».
A cosa si deve la scelta di questo titolo?
«“Giovani dentro” nasce dalla mia voglia personale di gridare al mondo che non c’è un’età per niente, che i numeri sono solo numeri, che non ci deve essere periodo migliore o peggiore per credere in qualcosa. Si può essere di età diverse ma essere giovani dentro, come una sorta di super potere da usare al momento giusto».
Quali riflessioni hanno accompagnato la stesura di queste nove tracce?
«Avevo tantissime canzoni, più di cinquanta inediti che sono rimasti fuori da questo disco ma che avranno altre vite sicuramente, la riflessione però che mi ha portato a scegliere queste nove tracce è la voglia sempre più forte di raccontare di me…non so farò un calendario alla fine per mettermi davvero a nudo (sorride, ndr). Raccontare con le mie canzoni chi sono io davvero è uno dei miei obiettivi e in queste 9 canzoni sicuramente c’è tanto di me e credo anche di altri come me».
Dal punto di vista musicale, che tipo di sonorità hai voluto abbracciare?
«Io non mi definisco mai, so di far parte di un grande insieme musicale chiamato INDIE con diverse sfumature più pop, più cantautorali. Ho giocato in questo disco con quattro diversi produttori provenienti da generi differenti. Credo che essere contemporanei sia alla base del mio progetto da sempre, non so se ci riesco però mi piace presentare sempre delle sonorità nuove, cosiddette del “momento”, mischiandole con il mio modo di scrivere».
C’è stato un criterio particolare per la scelta delle collaborazioni e degli ospiti in scaletta?
«Sì, in realtà ho scelto i tre feat del disco e le collaborazioni all’interno con un criterio ben preciso: la voglia di avere dei professionisti al mio fianco, gente brava e preparata, cantautori con C maiuscola e musicisti e produttori con esperienza. Mio padre da piccolo mi ha sempre detto “Luca non devi mai guardare quelli meno bravi di te, ma quelli molto più bravi” e ha ragione ed è per quello che ho formato questo squadrone di amici e colleghi per migliorare sempre di più».
Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?
«La musica è la mia giornata, non faccio altro tranne giocare con mia figlia e accompagnarla a scuola, non sono uno da spritz alle 18 o uno che passa le giornate sotto l’ombrellone. Io suono e mi nutro cosi».
A livello di ascolti, tendi a cibarti di un genere in particolare oppure ti reputi abbastanza onnivoro?
«Sono onnivoro, ascolto tutto, mi piace tanto il rap quello bello, adoro tutto questo nuovo filone urban, mi strapice il lavoro di Mahmood, il percorso della Michielin, ascolto tanto DiMartino, tanto cantautorato buono, mi piacciono i Selton e non riesco a smettere di ascoltare Motta. Tanta tanta musica».
Per concludere, considerato l’attuale momento storico, cosa ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà questo tuo lavoro?
«Qualsiasi sensazione, anche il piede che va a tempo sotto il tavolo va benissimo».
Nico Donvito
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