A tu per tu con il giovane cantante e musicista toscano, in uscita con il suo singolo d’esordio intitolato “Solo“
A tre anni di distanza dalla nostra precedente chiacchierata realizzata in occasione dell’uscita di “Fall on me“, ritroviamo con piacere Matteo Bocelli per l’uscita di “Solo”, singolo che segna il suo debutto discografico. Disponibile in radio e sulle piattaforme digitali, il brano è stato prodotto da Jesse Shatkin, che in vent’anni di attività ha collezionato numerosi premi e riconoscimenti su scala internazionale. In occasione di questo interessante esordio, abbiamo incontrato il talentoso e giovane artista per approfondire la sua visione di vita e di musica.
Ciao Matteo, bentrovato. Oggi è un giorno importante, perchè esce il tuo primo singolo ufficiale, intitolato “Solo“. Ci racconti com’è nato?
«”Solo” è un brano che nasce dalla fragilità del mio carattere, dalla solitudine. Sin da quando ero un bambino, è sempre stato un momento delicato veder partire mio padre per lavoro. Oggi mi rivedo in quello stesso ruolo e mi immagino di viaggiare da un concerto all’altro, possibilmente in giro per il mondo. Questo, soprattutto all’inizio, si fa da soli, così ho voluto parlare di questo aspetto del mio carattere, tipico anche di questo mestiere. Un modo anche per combattere questa solitudine, perchè alla base c’è ovviamente la grande passione per la musica che muove tutto. Sono felice e soddisfatto del lavoro svolto, spero possa piacere anche al pubblico. Sì, questo è un giorno davvero bello per me, l’inizio di tutto».
Dal punto di vista autorale, questo brano unisce la tua italianità e quella di Marco Guazzone all’internazionalità di Fiona Bevan. E’ un connubio che hai voluto ricercare e che proporrai anche nelle prossime produzioni?
«Sì, è una cosa voluta, che nasce da un camp di scrittura in cui volevamo cercare uno stile che partisse dalla melodia italiana e andasse a finire in un sound dal respiro internazionale. Da questi presupposti è nata “Solo”, speriamo di esserci riusciti. L’idea è quella di proseguire in questo modo anche in futuro, una formula che abbiamo cercato di seguire anche nei pezzi già realizzati e che usciranno prossimamente».
La scelta di debuttare in inglese è legata alla volontà di varcare i nostri confini, abbracciando il pubblico e il mercato su scala internazionale. Diciamo che nella tua famiglia c’è già un ottimo esempio di chi ha portato in giro il nostro Paese nel mondo. Cosa ti spaventa e cosa ti affascina di un percorso così bello ma tanto impegnativo?
«Sicuramente ci sono tante pressioni, però sono combattute dalla mia grande passione nei confronti della musica. Spero davvero che questo viaggio possa portarmi bellissime emozioni, come solo questo mestiere sa dare, e che possa durare il più a lungo possibile. Questo è un progetto a cui lavoro da tre anni, abbiamo già diverse canzoni nel cassetto, sarà difficile selezionare quelle che andranno a finire all’interno dell’album, però farò del mio meglio (sorride, ndr). Il mio obiettivo è quello di portare il marchio italiano nel mondo, tornare a far conoscere la nostra melodia anche all’estero».
Già tre anni fa, in occasione della nostra precedente intervista, mi dicevi che non avevi intenzione di bruciare le tappe, in effetti così è stato. Ti sei preso il tuo tempo e, un po’ in controtendenza con il momento storico, ti sei concesso il lusso di fare le cose con calma. Pensi che questo possa essere un bel messaggio nei confronti dei tuoi coetanei che, a volte, tendono a voler fare tutto troppo velocemente?
«In musica bisogna sicuramente agire con naturalezza, altrimenti se viaggiamo troppo rapidamente e non siamo concentrati, i nostri passi affrettati possono riflettersi negativamente su ciò che creiamo. Il tempo ti aiuta a capire meglio dove vuoi andare musicalmente. Più scrivi, più collabori con te stesso e più cresci. Più passa il tempo e più conosci la tua voce. Questi tre anni mi sono serviti principalmente per capire che potevo non essere soltanto un interprete, sviluppando la mia creatività anche nella scrittura. Questo grazie soprattutto alla mia casa discografica, che mi ha dato la possibilità di collaborare con tantissimi grandi autori».
Questi brani nel cassetto seguono in qualche modo il filone di “Solo“, o ci sarà spazio anche per la sperimentazione e per alcune sorprese?
«Il genere è sicuramente pop, con l’influenza di un background un po’ più classico. Per quanto riguarda “Solo”, la scelta della lingua inglese è stata dettata dal volermi aprire al mercato internazionale, ma nel disco ci saranno anche canzoni in italiano e in spagnolo. Dal punto di vista del sound, ci potrebbero essere anche delle sorprese, per il momento godiamoci un brano per volta (ride, ndr)».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di questo tuo biglietto da visita discografico?
«Essere riuscito, o almeno averci provato, a mettere tutto me stesso nel minutaggio di questa canzone, tirando fuori le emozioni che avevo dentro. Questo penso già che sia stata una bella conquista per me, spero tanto che queste emozioni arrivino al pubblico e che presto ci si possa emozionare insieme in qualche live».
Nico Donvito
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