Raccontiamo l’attualità con una canzone
La parola del mese di aprile è compassione, ho scoperto leggendo le prime pagine di un libro, che l’etimologia della parola non è universale. In italiano la parola ha due radici, una che proviene dal latino cristiano, cum + pati, che significa patire insieme, una greca sympatheia, che richiama la comunanza di dolore. In entrambi i casi la parola ha una connotazione negativa, se qualcuno mi fa compassione, è in una situazione di difficoltà e io, che non lo sono, grazie al forte sentimento che ci lega, inizio a patire insieme a lui.
Ci sono lingue, però nelle quali, l’etimo della parola compassione è la parola sentimento. Dunque il significato cambia completamente “provare lo stesso sentimento” significa che io non provo pena per te, che io non soffro insieme a te ma so essere felice insieme a te. Ho pensato che in italiano non sia così perché è tremendamente difficile essere veramente felici per qualcuno, è molto più semplice compatire, ma è molto più forte continuare a camminare vicini anche quando le cose vanno bene, senza provare invidia ma ammirazione.
Tutte queste etimologie mi hanno fatto pensare al pellegrinaggio fatto a Roma, con i ragazzi di prima superiore, al discorso che ha fatto Papa Francesco, dinnanzi a Piazza San Pietro, finalmente gremita di persone. Ha invitato i ragazzi ad avere il coraggio di illuminare i momenti di buio, raccontando i loro malesseri, nel mondo che ci ha resi tecnologicamente vicinissimi ma fisicamente sempre più distanti, ha invitato ad accorciare le distanze, a fidarsi e ad esserci, per compatire, e per essere compatiti, nell’accezione più ampia del termine. Tornare a guardare la luce insieme, e non serve essere per forza credenti per capire che dopo 2 anni di pandemia e solitudine sono proprio i ragazzi da compatire e accompagnare.
Per lasciarsi compatire, ci vuole fiducia
Mentre il Papa parlava nella mia testa risuonava la canzone di Jovanotti “Mi fido di te“, perché non è così semplice lasciare che qualcuno provi compassione per noi e ci porti fuori dalle tenebre se non ci fidiamo. Ci sono state circostanze in cui mi sono fidata in un attimo, ci sono rapporti che durano da anni, eppure forse non mi hanno mai vista senza maschere.
Se fidarsi è difficilissimo ancora di più, dopo essersi aperti, è lasciare che questo sentimento di fiducia si protragga nel tempo, studi sociologici hanno dimostrato che basta un nonnulla per pensare di aver fallito. E forse nemmeno sarebbero serviti questi studi a testimoniarlo.
Forse fa male eppure mi va
Di stare collegato
Di vivere d’un fiato
Di stendermi sopra al burrone
E di guardare giù
La vertigine non è
Paura di cadere
Ma voglia di volare
La fiducia viene vista proprio come un salto nel vuoto, come la vertigine che provoca guardare giù. Perché non conosciamo le conseguenze positive prima del tempo, sappiamo solamente che se le cose andranno male lo schianto sarà fortissimo. Jovanotti però dice una cosa meravigliosa, questo desiderio di fidarsi, di aprirsi ed essere compatiti, deve essere guardato da un’altra prospettiva. Non è paura di frantumarsi al suolo, ma desiderio di spiccare il volo. Il desiderio a cui Papa Francesco ha invitato le migliaia di ragazzi presenti a San Pietro, fidatevi e troverete la luce, fidatevi perché siete giovani e il fiuto della vita è solo vostro, solo per voi la voglia di volare può essere più forte della paura di cadere.
Cosa sei disposto a perdere?
Io mi fido di te
Ehi, mi fido di te
Cosa sei disposto a perdere?
Ecco che torna un commento più adulto, cosa sei disposto a perdere? In realtà anche di questo ha parlato il Papa, mi toccherà sviscerare un episodio biblico, che vi chiedo di leggere, perché come dicevo, a prescindere dal credo, la Bibbia è fonte di vita, nel senso che ha accompagnato gli uomini nella loro evoluzione.
Pietro, pescatore di professione, con gli altri discepoli, torna da una notte in cui la pesca ha portato a un niente di fatto. Si palesa allora Gesù, ma come spesso capita nella Bibbia e nella nostra vita, i discepoli, Pietro compreso, non lo riconoscono. Lui allora dice loro “gettate le reti dalla parte destra”. Che è come se quando non riesco a scrivere mi dicessero, dai prova a scrivere con la mano sinistra magari ti viene l’ispirazione. Un’assurdità! Eppure i discepoli si fidano, loro, esperti del mare, senza sapere, si fidano, cosa erano disposti a perdere? Beh la loro autorevolezza, Pietro pesca da sempre, sa che le reti non si gettano a destra. Eppure lo fa, e indovinate? Pesca abbondantemente.
Per questo il Papa ha detto “vi auguro il coraggio di Pietro, di perdere tutto, per ottenere una pienezza mai esperita prima“.
Sprazzi di luce, per riportare il sereno
Lampi di luce, al collo una croce
Continua Jovanotti, disegnando inconsapevolmente tutti i ragazzi a San Pietro.
Teste fasciate, ferite curate
L’affitto del sole si paga in anticipo, prego.
Verissimo, per un po’ di luce, quanta sofferenza e quante nubi, quante ferite. Ma vogliamo parlare della luminosità quando se ne parla con qualcuno, quando chi ci è vicino, ci offre la sua di luce. Sentirsi curati stupisce oggi più che mai, e insegna ad avere un occhio di riguardo per il prossimo.
Rabbia, stupore, la parte, l’attore
Dottore, che sintomi ha la felicità?
Evoluzione, il cielo in prigione
Questa non è un’esercitazione
Forza e coraggio, la sete, il miraggio
La luna nell’altra metà
Lupi in agguato, il peggio è passato
Forse fa male eppure mi va
L’ultima strofa esprime in poche righe sentimenti contrastanti e dubbi, che sono alla base della decisione di fidarsi. Ma alla fine il peggio passa, e anche se fidarci ci fa fa male, ci va. Nessuno si salva da solo e questo è un cliché dall’alba dei tempi, però è così vero, fidarsi è difficile, trovare il coraggio di farsi compatire, ma cosa ci perderemmo se non ci lanciassimo?
Io dalla mia, vi consiglio di ascoltarlo il Papa, a prescindere dal vostro credo, da sempre spunti utili di riflessione. Nel mondo in cui è molto più mainstream leggere un grande classico della letteratura, vi consiglio anche di sbirciare di tanto in tanto nella Bibbia, chissà che troviate quella parola che non stavate cercando, ma che vi stava aspettando.
Chissà che con fiuto di vita e coraggio non riusciate ad illuminare il vostro buio, per non dovervi più trovare in un ambulatorio a chiedere “Dottore, che sintomi ha la felicità?”
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