Viaggio all’interno dei tormentoni dell’estate
Arriva l’estate, tempo di tormentoni, oggi. Tempo di quella canzone che Simone Cristicchi “Sto pensando intensamente (…) Maledettamente stupida da farsi canticchiare, orecchiabile, Dal sapor di asciugamano, col calor latino e con un ritmo sudamericano”. Ma com’era l’estate nei testi di una volta? “Una volta” non tanto lontana e sicuramente più recente del tempo in cui Edoardo Vianello si preparava “con le pinne, fucile ed occhiali Quando il mare è una tavola blu”.
Un dato è certo: siamo stati meno “tormentoni”, più romantici e oggi, forse, un pizzico nostalgici dei dettagli di Claudio Baglioni con le sue “chiare sere d’estate Il mare, i giochi, le fate E la paura e la voglia di essere nudi Un bacio a labbra salate Un fuoco, quattro risate E far l’amore giù al faro” mentre ci si giurava “ti amo”, quando magari era appena trascorsa ‘La notte prima degli esami’ di Antonello Venditti. Un testo che dipinge le storie di un’estate romana, come in un quadro verista, senza nominare mai la stagione di cui parla, ma presentandola nei suoi primi giorni, quando “gli esami sono vicini e tu sei troppo lontana dalla mia stanza Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto Stasera al solito posto, la luna sembra strana Sarà che non ti vedo Da una settimana”. La narrazione di un amore appena sbocciato, forse il primo, passionale, vissuto non più con l’ingenuità adolescenziale, ma con la l’ardore della scoperta attraverso la geografia dei corpi, diventa invocazione al tempo della “maturità”, nel duplice significato dell’esperienza scolastica e della condizione interiore, che se “t’avessi preso prima” avrebbe portato anzitempo “le mie mani sul tuo seno”, dove “è fitto il tuo mistero E il tuo peccato è originale come i tuoi calzoni americani”. Una richiesta che è, insieme, desiderio puro nelle parole “non fermare, prego, le mie mani Sulle tue cosce tese, chiuse come le chiese Quando ti vuoi confessare”.
Estate, tempo di amori nuovi, inaspettati, fulminei, come quelli di Renato Zero, quando annuncia, “un’altra estate qui E un’altra volta qui Più disinvolta e più puttana che mai Mille avventure che Non finiranno se Per quegli amori esisteranno nuove spiagge”. Le spiagge ritornano nello spaccato pungente e autentico, camuffato sotto la melodia da pezzo estivo, di Francesco Gabbani, che ci presenta l’estate come pacchetto-vacanza, con gente “in fuga dall’inferno, finalmente in viaggio”, intenta a fare “foto di gruppo sotto il monumento Turisti al campo di concentramento E sulle spiagge arroventate (…) Macellerie sudate in coda nei musei Hotel di lusso nei villaggi dei pigmei”. Siamo di fronte a una “antologia della vacanza intelligente (…) Fra le granite e le granate Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”, ma se state bene, come e dove state … è comunque “e state”!
Se tutto questo siamo diventati, massivi, modaioli, fruitori “a stampo” di luoghi e modi di vivere, allora meglio non pensare e buttarci nei mille tormentoni, che ci fanno “stare fuori” e ballare, per esempio, la capoeira con Giusy Ferreri perché “Avevo solo voglia di staccare, andare altrove Non importa dove, quando, non importa come Avevo solamente voglia di tirarmi su Per non pensarti e poi lasciarmi ricadere giù”; o con Elodie meglio mettersi a bere “tequila e guaranà“, anche se “dovremmo sfiorarci la pelle Sognare l’estate e le stelle”. Elodie “bevi un altro Margarita” se lo canta pure in compagnia di Marracash, tanto “poi mi dici che è finita” e, magari come Emma e Loredana Bertè, lo gradiscono con “solo ghiaccio niente lime” perché “l’amore porta guai (…) Sempre tutto da rifare, come te nessuno mai”.
Tu, che “andavi fuori di testa” canta Noemi con Carl Brave in una makumba per scongiurare le malelingue che si augurano la fine di “quella mezza tresca” estiva, in cui “Il tuo numero in tasca è tutto ciò che mi resta (…) di te”. E, ancora, bere “caraffe di moijto” con Shade o Fred De Palma “mentre mi bevo ciò che dice E bevo un altro Cuba libre“; lo stesso cocktail su cui Virginio Simonelli arriva addirittura a dire “giuro sull’ultimo cuba libre le mie paranoie saranno andate e ballo più forte di te (…) i pezzi di un’altra estate”.
E se le paranoie fossero della nostra amata? C’è la soluzione, a questo punto un po’ scontata, di Benji &Fede “e non mi chiedere se è tutto a posto tu Piuttosto metti meno ghiaccio al Moscow Mule Non andare in ansia se non posto più Ti ricordo che non mi hai risposto più”… quando, invece, ci verrebbe da essere d’accordo con la provocazione di Simone Cristicchi “l’ombrellone te lo ficco nel culo E il gelato te lo spiaccico in faccia, Questa sabbia te la tiro negli occhi E poi ti prendo a calci lungo la spiaggia Con la sdraio ti ci spezzo la schiena E ci piscio sulla tua abbronzatura, Ora ingurgita la crema solare, Prima che ti affoghi in questo schifo di mare”.
Finalmente, visto come vanno le cose, “l’estate sta finendo e un anno se ne va” riflettevano più seriamente i Righeira, “sto diventando grande lo sai che non mi va In spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più È il solito rituale, ma ora manchi tu” . Così che, in questo cambiamento epocale del pop della stagione più calda per antonomasia, non ci rimane che allinearci a Niccolò Fabi e il suo “vento d’estate Io vado al mare, voi che fate Non mi aspettate Forse mi perdo”.
Francesco Penta
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