venerdì 22 Novembre 2024

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Einar, sensibilità e tradizione in “Parole nuove” – RECENSIONE

In un Festival privo di una maggioranza melodica, spicca la quota proposta dal giovane artista

Lo abbiamo ascoltato all’ultimo Festival di Sanremo, tra gli artisti più precisi e vocalmente equilibrati, al suo esordio sul palco del Teatro Ariston dopo aver vinto il contest Sanremo Giovani lo scorso dicembre. Non ha deluso le aspettative Einar Ortiz (qui la nostra videointervista), presente alla kermesse con un bel brano firmato da Tony Maiello, Enrico “Kikko” Palmosi e Nicola Marotta, intitolato “Parole nuove”, così come il suo disco d’esordio disponibile negli store dallo scorso 15 febbraio.

Sarò nostalgico, ma la melodia in questa ultima edizione del Festival è venuta un po’ a mancare, sono poche le canzoni in gara che possiamo considerare più vicine alla tradizione musicale e alla storia della kermesse. Ben vengano le innovazioni, le proposte un attimino più moderne, ma non a discapito di elementi e radici che fanno parte della nostra memoria e della nostra cultura.

In tal senso, Parole nuove non aggiunge nulla di nuovo ma prosegue un discorso, la direzione tracciata da un mondo sonoro ben rappresentato da grandi artisti del calibro di Tiziano Ferro e Marco Mengoni, ai quali nessuno si permetterebbe mai di affibbiare l’etichetta di “vecchi” o “poco originali”. Ben vengano brani di questo genere, in grado di riportare l’attenzione su contenuti positivi e su quel pop all’italiana che ci ha regalato numerose soddisfazioni, anche e soprattutto a livello internazionale.

Dal punto di vista testuale colpisce il linguaggio con il quale si sviluppa l’intero racconto, una storia d’amore adolescenziale, emozioni che ognuno di noi almeno una volta nella vita si è ritrovato a provare, anche coloro i quali ne prendono oggi le distanze. Non è mai facile trasformare la sofferenza in una canzone, lo hanno fatto i più grandi in passato e lo continuano a fare i più coraggiosi rappresentanti della nuova generazione, figli del pop d’autore e di uno spirito romantico non del tutto assopito.

Parecchio interessanti le sonorità elettroniche che fanno da tappeto all’inciso, un sound fresco e orecchiabile sin dal primo ascolto, ricercato e melodicamente riconoscibile, il tutto impreziosito dall’interpretazione densa di sensibilità di Einar, impeccabile dal vivo come in studio.

Si dice spesso che l’amore non abbia età, ma questo vale anche per la musica, perché etichettare uno stile a seconda della propria data di nascita? Il sentimento che per secoli ha mosso le penne dei più celebri poeti, tutto d’un tratto sembra essere diventato obsoleto, noioso, banale e fuori moda.

Com’è possibile che da un ragazzo ci si debba aspettare per forza “sesso, droga e rock’n’roll”? Ben vengano contenuti di questo genere, in grado di ispirare i giovani, inculcando loro dei messaggi degni di essere trasmessi. Probabilmente non saranno Parole nuove, ma di sicuro dense di significato e cariche di valori di una certa importanza.

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.