L’analisi sul nuovo singolo dell’artista romagnola, attualmente impegnata con la sua tournée mondiale
La musica pop, così come la intendiamo e conosciamo, non vive il suo periodo di massimo splendore. Minacciata da correnti molto più compatte ha perso un po’ della sua naturalezza, forse a causa dell’eccessiva smania di rinnovamento, ha snaturato la propria identità. Tutto questo favorisce l’affermazione della trap, una moda giovanile più che un vero e proprio genere, e dell’indie, sempre ammesso che esista veramente, dato che il concetto di musica alternativa è distante anni luce dal circuito mainstream. Di conseguenza, gli esponenti di questo movimento musicale sono da considerarsi una specie di creature leggendarie, come gli elfi, le sirene, i chupacabra, i draghi e gli unicorni. L’indie non esiste: è una favola che ci viene propinata per poter riprendere sonorità del passato senza essere accusati di poca originalità. Allora, mi domando, perché se un artista pop ripropone il proprio stile espresso negli anni ’80 – ’90 è definito “vecchio stampo”, mentre se lo fanno i Thegiornalisti o Calcutta sono considerati degli avanguardisti? Tra l’altro con meno ricerca a livello di testi, arrangiamenti e con suoni molto più minimali.
In sintesi: l’indie sta riscuotendo grande successo perché ha preso il posto del pop, mentre il pop è calato dal momento in cui ha cominciato a sperimentare troppo, a contaminarsi con altri generi, a dimenticarsi della propria tradizione. Si vabbè, vi starete domandando cosa centri tutto questo con il titolo dell’articolo… semplice, Laura Pausini è una delle massime rappresentanti di questo filone, sia in Italia che nel mondo. All’estero hanno sicuramente un’idea molto più chiara della nostra identità artistica: siamo conosciuti e amati a livello internazionale per la nostra melodia e per il bel canto, anche se tendiamo ciclicamente a scordarlo.
In tal senso, “La soluzione” è la risposta alla mancanza di fiducia nel pop, uno dei brani più belli tratti da “Fatti sentire“, l’ultimo album dell’artista romagnola. Ci troviamo dinnanzi ad un piccolo capolavoro di musica suonata, proprio come si faceva una volta e come ci si auspica si possa tornare a fare presto. Bastano i tasti bianchi e neri di un pianoforte per accompagnare un pezzo stilisticamente e melodicamente perfetto che rievoca per intensità “Anima fragile” di Vasco Rossi ma con una maggiore e spiccata modulazione della voce che rappresenta il tratto distintivo di un’ariosa ballad senza tempo. Una bella canzone d’amore con un testo profondo e non banale, scritto da Massimiliano Pelan, Giulia Anania, Fabio De Martino e Stefano Paviani.
Se c’è un’artista in Italia in grado di parlare di sentimenti con un linguaggio universale questa è proprio Lady Pausini, attualmente alle prese con le date del suo fitto “World Wilde Tour 2018“. L’ugola di Solarolo torna a farsi sentire dal vivo e a concedersi ai numerosi fan, festeggiando con loro i suoi primi venticinque anni di carriera. Durante una delle tappe milanesi, abbiamo assistito allo show e ci siamo resi conto della forza comunicativa di Laura, che canta e affabula il pubblico con i suoi discorsi diretti e veraci. Forse, il segreto di un successo così longevo è proprio questo: parlare in maniera semplice e semplificata della realtà, senza girarci troppo attorno.
Il pubblico del Mediolanum Forum di Assago canta con lei, dalla prima all’ultima canzone, sorprendentemente anche le più recenti o quelle meno note, in un susseguirsi di amarcord e souvenir musicali che mettono in netto contrasto ciò che è stata e ciò che è diventata oggi. Se dal punto di vista professionale possiamo definirla un’autentica macchina da guerra, per quanto riguarda la sfera artistica riconosciamo una certa sofferenza nel continuare a portare avanti con costanza il suo progetto. E’ un discorso che riguarda tutto lo scenario musicale italiano, da lei degnamente e indiscutibilmente rappresentato.
Quindi, chi potrebbe risanare e rifondare il pop se non Laura Pausini? L’unica cantante che possiede i numeri e le carte in regola per mettere d’accordo i nostalgici e coloro i quali cercano musica dall’alto contenuto umano. Un privilegio ma anche una grande responsabilità perché se cade lei crolla l’intero sistema, in perfetto stile “effetto domino”. Per tutta questa serie di ragioni è fondamentale la ricerca del repertorio, andando a recuperare le proprie radici. Abbiamo molto apprezzato la scelta di “Non è detto“ come primo singolo, soprattutto rispetto ai successivi, perché incarna al meglio il concetto di made in Italy. Indubbiamente, nelle sue vene scorre la nostra tradizione melodica, la sua cifra stilistica è a forma di stivale ed è proprio questo il suo “marchio di fabbrica”. Negli ultimi anni è prevalsa la voglia di restare a tutti i costi up to date, dirigendosi all’avanscoperta di territori sonori inesplorati, una scelta rispettabile, a tratti anche coraggiosa, ma se l’unica alternativa alla zona di comfort è il reggaeton… allora mi tocca esclamare: “Houston, abbiamo un problema!”.
In conclusione, “La soluzione” è il brano giusto per festeggiare le nozze d’argento con la musica, un pezzo che nasce dall’esigenza di tornare ad esprimersi con immediatezza, una necessità che non può essere condizionata da alcuna logica discografica e che arriva, senza filtri, al cuore delle persone. Più che un ritorno al passato lo definirei una riscoperta delle proprie origini, un tuffo nell’essenzialità perché, in fondo, l’evoluzione più apprezzabile è restare fedeli a se stessi.
Nico Donvito
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